Sayfadaki görseller
PDF
ePub

« Le soleil était appelé Apollon dans l'antiquité; or Apollon ou Apoléon dérive d'un verbe grec qui signifie tuer, exterminer. L'N est donc la seule différence entre les deux mots. Mais ce point confirme tout particulierment l'étymologie. Ce prétendu empereur s'appelait en effet, non pas Napoléon, mais Néapoléon, comme on peut le lire sur plusieurs édifices; or, Né ou Nai signifie en grec, certes, assurément; Né Apoléon ou Napoléon signifie donc le Dieu vraiment exterminateur, le véritable Apollon.

<< Bonaparte, bona parte, signifie en latin, du bon côté, en bonne part; il y a donc là une chose qui a deux côtés, un bon et un mauvais, ce qui doit s'entendre du jour et de la nuit produits par le soleil: c'est une allégorie des Perses. Napoléon Bonaparte doit signifier le véritable Apollon envoyé à la France en bonne part, ou pour exterminer ses ennemis.

<«< Que si l'on trouvait par hasard quelque chose de forcé dans tout ceci, l'étude des points suivants ferait cesser toute incertitude. « Ainsi, Apollon était né à Délos, île de la Méditerranée. << Le nom de Laetitia, que signifie la joie, indique l'Aurore qui, en enfantant le soleil, répand la joie sur toute la nature. Les Grecs avaient appelé la mère d'Apollon, Laeto, et les Romains, Latone.

<< Les trois sœurs du prétendu Napoléon sont les trois Grâces, sœurs d'Apollon; ses quatre frères sont les quatre saisons; les trois frères qui sont rois sont le printemps, l'été et l'automne; l'hiver, qui ne règne sur rien, est le quatrième frère.

« Le soleil avait eu deux femmes, la lune et la terre, et cette dernière lui donna un fils unique, Horus. C'est une allégorie égyptienne; le fils Horus représente les fruits de l'agriculture; aussi a-t-on placé au 20 mars, à l'équinoxe du printemps, la naissance de ce fils de l'Apollon français.

« Qui ne voit que l'hydre révolutionnaire vaincue par Napoléon, c'est le serpent Python tué par Apollon? Révolution (revolutus), indique les anneaux enroulés du monstre.

« Quant aux douze maréchaux en activité de service et aux quatre en non activité, ils signifient les douze signes du zodiaque toujours en mouvement, et les quatre points cardinaux qui restent immobiles.

« Ces prétendues victoires dans le Midi et ces revers dans le Nord ne sont pas autre chose que la force du soleil dans les contrées méridionales, et son retour en arrière lorsqu'il rencontre le tropique boréal en suivant le signe du Cancer ou Ecrevisse.

«< Enfin, quand on dit que Napoléon est arrivé d'Orient, qu'il a régné douze ans et qu'il est mort dans les mers occidentales, on fait évidemment allusion à la marche du soleil qui se lève à l'Orient, passe douze heures sur l'horizon et se couche à l'Occident.

<< Donc Napoléon n'est qu'une allégorie du soleil. »

Il Ferjus Boissard così conchiude quest'esposizione o estratto del lavoro del Pérès:

« Tel est, en l'abrégeant beaucoup et en retranchant un grand nombre d'autres solides arguments, le spirituel travail, connu depuis longtemps, qui démontre comment le symbolisme prouve tout et ne prouve rien. »

[ocr errors]

Intanto è quasi inutile di aggiungere che, anche dopo la pubblicazione del Ferjus Boissard, ciascuno rimase della sua opinione. L'Aroux, nella seconda edizione della sua traduzione della Divina Commedia, riprese la polemica.

2

Così il duello fra storici e simbologi intorno alla figura di Beatrice si riprese, specialmente in Italia, e dura ancora. Ma i più degli studiosi della Divina Commedia, pigliando il buono dalle ricerche degli uni e degli altri, dicono col prof. D'Ancona che Beatrice è donna prima di esser simbolo, e può esser simbolo appunto perchè fu donna. Beatrice è donna ed è simbolo nello stesso tempo: « Dappoichè invero non vi ha quasi un momento nella Vita Nuova in cui Beatrice sia soltanto una vaga giovinetta, una creatura mortale al pari di tante altre; al modo stesso come, e converso, non vi ha un momento nella Divina Commedia nel quale colei che siede accanto a Maria nell'empireo cielo, non sia anche la leggiadra pargoletta, per cui Dante sospirò e scrisse nell'età giovanile. » 3

Or ritorniamo al nostro Guido, parendoci di aver detto abbastanza sulla disputa intorno alla figura di Beatrice, la quale, essendo strettamente legata all'allegoria di tutto il poema, ha fatto esercitare quasi tutti i critici e chiosatori delle cose dantesche. Chi ne voglia saper di più ricorra alle bibliografie del De Batines, del Ferrazzi, del Carpellini, dello Scartazzini ed ai tanti dizionari e prontuari e manuali danteschi che, da cinquant'anni in qua, si son venuti pubblicando.

Guido Cavalcanti, filosofo di autorità, non di poca stima, e ornato di dignità, di costumi memorabili, e degno di ogni laude e onore, secondo dice Filippo Villani nella Vita di Guido, fu figlio di quel Cavalcante Cavalcanti col quale si abbocca Dante nel Canto X dell' Inferno. Mentre parla con Farinata fa levar l'ombra di Caval

cante:

1 Dante révolutionnaire et socialiste, mais non hérétique, par Ferjus Boissard. Paris, Douniol, 1854, in-8, pagg. 141-143.

2 La Comédie de Dante (Enfer, Purgatoire, Paradis) traduite en vers selon la let tre, et commentée selon l'esprit, suivie de la clef du langage symbolique des fidèles d'a

mour, par E. Aroux. Paris, librairie de madame veuve Jules Renouard, 2 vol. in-8, con doppia data: sulla copertina 1857, sul frontespizio 1856.

a D'Ancona, Discorso su Beatrice, pagine XXXVI e XLI, op. cit.

Allor surse alla vista scoperchiata

I

Un'ombra lungo questa infino al mento.
Credo che s'era in ginocchion levata.
D'intorno mi guardò, come talento
Avesse di veder s'altri era meco;
Ma poi che 'l sospicar fu tutto spento,
Piangendo disse: se per questo cieco
Carcere vai per altezza d'ingegno,
Mio figlio ov'è, o perchè non è teco?
Ed io a lui: da me stesso non vegno:

Colui che attende là, per qui mi mena,
Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.
Le sue parole, e 'l modo della pena
Mi avevan di costui già letto il nome:
Però fu la risposta così piena.

Di subito drizzato gridò: come

Dicesti, egli ebbe? non viv' egli ancora?
Non fere gli occhi suoi lo dolce lome?

Quando s'accorse d'alcuna dimora

Ch'io faceva dinanzi alla risposta,

Supin ricadde e più non parve fuora.

Benvenuto da Imola ci dice che Cavalcante dei Cavalcanti fu caldo seguace di Epicuro, credendo fermamente, e persuadendo ad altrui, che l'anima moriva insieme col corpo. Aveva sempre in bocca quel detto di Salomone: «È uguale la morte dell'uomo e del giumento; uguale la condizione di entrambi. » Costui fu il padre di Guido Cavalcanti, che fu altro splendore di Fiorenza al tempo di Dante. Dante pose qui il padre di Guido, non tanto perchè fosse epicureo, quanto per farsi strada a parlare di Guido stesso, che fu eccellente personaggio. 2

Il Boccacci, nella nov. IX della VI giornata, dà dell'epicureo anche a Guido, e il Pelli giustamente nota che «prese forse abbaglio nell'at

1 Di Farinata.

2 Benvenuto Rambaldi da Imola, illustrato nella vita e nelle opere e di lui Commento latino sulla Divina Commedia di Dante Ali

ghieri, voltato in italiano dall'avv. Giovanni Tamburini. Imola, Galeati, 1855, 3 vol. in-8, pag. 258, vol. 1°.

tribuire al figliuolo quello che da Dante nel Canto X dell' Inferno fu a messer Cavalcante suo padre attribuito. In effetto, di Guido assai diversamente ne parla nel suo Comento al detto luogo dell' Inferno, il qual Comento compose molto dopo il Decamerone (vedi il Biscioni nelle sue annotazioni alla Vita Nuova di Dante, fra le prose dello stesso Dante e del Boccaccio). Forse ancora in detta novella messer Giovanni riferi quello che allora credeva il popolo, il quale diffamava per eretico chiunque fosse degli altri più dotto, o nella fisica o nell'astronomia (vedi il Manni nell'Illustrazione del Decamerone, par. 2, cap. 61). » I

Guido fu versatissimo nelle Facoltà liberali, e specialmente nelle filosofiche discipline portò così oltre le sue cognizioni, che potè chiamarlo senza adulazione Giovanni Boccaccio: il principe dei filosofi. 2

Compose un libro di rettorica ed uno di filosofia, che sono andati smarriti. Ci sono rimaste le sue rime volgari, fra le quali quella sua famosa canzone dell'amore, fatta da lui in risposta ad un sonetto col quale Guido Orlandi, un rimatore di quei tempi, ricercavalo: Cosa fosse amore? Abbiamo visto più sopra da chi fosse stata commentata questa filosofica canzone di Guido.

Lorenzo il Magnifico, a proposito di Guido, così scriveva a D. Federigo d'Aragona: 3

<< Riluce dopo costoro (fra Guittone e Guido Guinicelli) il dilicato Guido Cavalcanti fiorentino, sottilissimo dialettico e filosofo del suo secolo prestantissimo. Costui per certo come del corpo fu bello e leggiadro, così negli suoi scritti non so più che gli altri bello e gentile e peregrino rassembra, e nelle invenzioni acutissimo, magnifico, ammirabile, gravissimo nelle sentenze, copioso, rilevato nell'ordine, composto, saggio ed avveduto; le quali tutte sue beate virtù d'un vago, dolce e peregrino stile, come di preziosa veste, sono adorne, il quale, se in più spazioso campo si fosse esercitato, avrebbe senza dubbio i primi onori occupato. »

Ma tutte queste lodi non valgono le parole che Dante mette in bocca del padre di Guido:

. se per questo cieco Carcere vai per altezza d'ingegno, Mio figlio ov'è, o perchè non è teco?

1 Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri ed alla storia della sua famiglia, raccolte da Giuseppe Pelli, patrizio fiorentino; seconda edizione notabilmente accresciuta. Firenze, presso Guglielmo Piatti, MDCCCXXIII, in-8, pag. 81.

Istoria degli scrittori fiorentini, opera po

stuma del P. Giulio Negri ferrarese. In Ferrara, per Bernardino Pomatelli, stampatore vescovale, MDCCXXI, in-fol., pag. 318. 3 Poesie di Lorenzo de' Medici. Firenze, 1859, edizione diamante, Barbèra, a pagine 30-31.

E bellamente Benvenuto commenta questi versi e gli altri più appresso:

Le sue parole, e 'l modo della pena

Mi avevan di costui già letto il nome

dicendo: « Dante si accorse che parlasse Cavalcante di suo figlio Guido, perchè allora in Firenze non eravi altro ingegno che lo arri

vasse. >>>

Anche di Guido parla Dante nel Canto XI del Purgatorio, versi 94 e seguenti:

Così ha tolto l'uno all' altro Guido.
La gloria della lingua:

(cioè Guido Cavalcanti a Guido Guinicelli)

e forse è nato

Chi l'uno e l'altro caccerà di nido.

«È certo che quivi Dante parla di sè medesimo (Varchi Ercolano, pag. 210, ediz. di Firenze del 1730, in-4), non del Petrarca, come vuole il Vellutello, perchè questi era bambino quando Dante scrisse la Commedia, essendo nato nel maggio 1304 (Tomasini, Petrarca redivivo, cap. I). »

I

Fra le tante interpretazioni sul verso

Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno

la più elegante, sebbene un po' troppo raffinata, ci è data da Giambattista Gelli nella lezione terza della sua quinta lettura sulla Divina Commedia.

Ecco il commento del Gelli:

Piangendo disse; se per questo cieco
Carcere vai per altezza d'ingegno,

Mio figlio ov'è? o perchè non è teco?

<«< Io vi ho dimostrato molte volte, ascoltatori nobilissimi, con più ragioni, che la intenzion del nostro Poeta in questa sua opera è descrivere uno inferno morale, e non essenziale e reale; cioè di mostrare agli uomini in che stato e in che miseria conducono i vizi, e universalmente e particolarmente, quegli che si lascian vincere e superare da loro. E s'ei fusse alcuno che non gli fusser parute sufficienti

1 Pelli, Memorie per servire alla vita di Dante, ecc., pagg. 81-82.

« ÖncekiDevam »