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L'Italia si scosse e (lasciando in disparte le notevoli cose che si operarono nell'ordine giuridico e nella storiografia) anche l' Arcadia si accinse deliberatamente alla riforma delle lettere, studiandone le ragioni, scrutandone i difetti e procurando di apporvi i rimedii. Saverio Bettinelli, strenuo campìone della critica letteraria del tempo, e moderatore della fama dei letterati, potente d' ingegno e di temerità, nelle sue Lettere Virgiliane si accinse a giudicare l'italiana poesia, con piena indipendenza (1). L'autorità dei secoli non gli dà ombra, ed egli trincia sentenze, arrivando subito a trarre le conseguenze ultime da' suoi principii, senza confrontarsi con la opinione d'altri, nè col senso comune. Veggiamone rapidamente le idee fondamentali, perchè egli al pari del Bulgarini è capo scuola nella opposizione a Dante.

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La poesia, secondo il Bettinelli, è qualche cosa di alto e di privilegiato, cui non può giungere il comune degli uomini :

A noi poeti, liberal natura

Apre gli arcani al basso vulgo ignoti,
E ne la forte fantasia pittrice

Vive creando imagini del vero

Sovra l'uso mortal parla e risponde (2).

(1) In queste lettere, come è noto, il Bettinelli induce ad un convegno nei campi elisii molti illustri scrittori, specialmente antichi, tra i quali primeggia Virgilio, d'onde il nome di virgiliane.

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<< La poesia di pochi esser dee per poter essere gentile ed illustre. Fatta comune alla moltitudine, << avvien senza dubbio che il numero degli sciocchi

prevalga e rimanga oppressa la fama ed il nome << degli ottimi troppo scarsi; laddove a pochi comu<<nicata, più fortemente a quei pochi si fa sentire, << che per lei nati sono (1).

«

Sia dunque la poesia patrimonio di pochi, e diretta a pochi; stia sempre sull'ali, con originalità, liberandosi dal soverchio musicale dei primi periodi d'Arcadia e del Metastasio e dalla soverchia imitazione dei petrarchisti e d'altri e dal convenzionale cantar d'amore.

Siam d'accordo facilmente col Bettinelli nel raccomandare la originalità e l'elevatezza, e tutti preferiamo lo scrivere bene allo scrivere male, ma in che cosa consiste questo scriver bene? La materia per lui e per gli arcadi in generale ha ben poca importanza; il pregio dell'arte è tutto nella forma. « Lo << stile, egli dice: lo stile elegante, chiaro, armo<< nico, sostenuto, è ciò che ricopre ogni altra iniquità << d'un poeta; poichè lo stile è quel poi finalmente. << che fa un poeta (2). » Ed altrove a poeti poveri di sostanza esclama: « I' opere vostre sono scritte con « eleganza, con purità, con leggi di lingua e di buon << gusto; lo stile delle parole vi salverà (3). »

E donde trarremo i modelli di tale perfezione di forma? Non dagli arcadi, troppo melodici e rica

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denti in perpetuo a idilli amorosi; non dai primitivi nostri italiani, troppo ed a torto imitati; non dagli stranieri, adunque dai classici antichi. «Non cessavano gli antichi di maravigliare lo strano genio d'Italia verso l'imitazione! (1) « Gran forza della superstizione (fa esclamare il Bettinelli da Virgilio) verso de' loro antichi (cioè Dante e Petrarca) ma gran disprezzo insieme di noi più antichi! (2) « Quale idea debbono avere della poesia quei giovani, che si vedono a par d'Omero e degli altri maestri lodar Dante, tanto da quelli diverso? » (3). Che sarà di loro quando i poeti « non fan conto di greci e di latini e scuotono il giogo dell'antichità, per tanti secoli e da tante nazioni portato? (4) La salute dell'arte adunque è nel classicismo, e per quanto il Bettinelli si adiri contro la soverchia imitazione, fuori degli esempii antichi a parer suo non si potrà andare senza danno.

Posto ciò, chi potrà mai salvar Dante dalla taccia di non essere regolare? Sarà giocoforza concedere che il suo poema « non ha veruna forma regolare secondo l'arte » (5). A ragione potrà essere indotto Aristofane a dire che il poema dantesco non è commedia (6), e Virgilio che non è epopea (7): e quando

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il Bettinelli potrà porre in bocca a Virgilio le fatali parole: così non feci io, così io non gli insegnai, gli parrà che ogni replica sia tolta di mezzo e resa impossibile; perchè insomma, sebbene Dante abbia meriti << ciò non fa che egli sia per ogni studioso « un autor classico, in grazia di alcune centinaia << di bei versi » (1).

Il cristianesimo da secoli è popolare, e Dante ne anima tutto il poema sacro, e si fa maestro delle scienze attinenti a lui; e dove trovarne l'esempio negli antichi? Esso non comparirà mai nei poemetti del Bettinelli, cui il Purgatorio ed il Paradiso dovranno parere un' eterna vacuità (2). E la mitologia, questa bella figliuola delle antiche fantasie, per la quale il poeta << può dipignere e trattare gli oggetti, dando loro quell'anima e quel senso che non hanno (3), questo privilegio delle anime poetiche, negato alle volgari (4), come tollerare che sia confinata nell' In

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(3) Lettera di Filomuso Eleuterio sopra il libro intitolato: Versi sciolti di tre eccellenti moderni autori.

(4) . . . Veggio o diva (la Musa) al cenno tuo ne l'alma Nascermi fantasie, forme e sembianti,

E figurarsi e crescere e divino

Prender aspetto, io non so come e volto!
Veggio, veggio i sentier, l'ombre, i boschetti

Le stanze e gli atrii de l'ornato albergo
Già popolarsi di presenti Numi
Al volgo ignoti, al vate sol palesi.
Verdi frondi, acque pure, aer sereni,
Voi v' abbellite per voler del canto....

ferno, e congiuntavi col cristianesimo, dal quale poetando il Bettinelli con la sua scuola è sempre stato lontano? La Commedia dovrà apparire qualche cosa di mostruoso (1).

L'universalità nello stile induce Dante (come poi il Boccaccio) a scendere talora nello stile infimo e volgare, che egli sa al pari degli altri stili trattare da grande maestro: or bene, chi intende la letteratura come cosa propria dei cortigiani, o degli accademici, ossia come cosa non popolare, non saprà perdonargli tale rozzezza, e preferirà senza dubbio il Petrarca, che grande nello stile alto e nel mezzano, non trattò l'infimo mai. Ed ecco ai cortigiani Bembo (2) e Casa (3) far riscontro gli accademici Frugoni (4) e Bettinelli, che loda il Petrarca d'aver << ridotta in puro argento quella lingua, che in mano di Dante avea tanta scoria (5), macchiando il poema di una incol

Prendo fuoco dal ciel, Prometeo vero
A ravvivar le inanimate cose
Con nova vita, si che quanto in terra

O stampa l'orme o le radici affonda

Le fere, i tronchi e quest' erbe e quest' aeque
Abbiano abitator, abbiano Numi.

(BETTINELLI.. Poemetto IV).

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Con questi pensieri il Bettinelli, come ognuno vede, precorre assai da vicino il famoso Sermone sulla mitologia di Vincenzo Monti.

- (1) BETTINELLI.

(2)

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Il Petrarca è il maggior poeta volgare » (Bembo. Prose della volgar lingua. Libro II).

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(4) «Il culto Petrarca... il maggior tosco » (Frugoni).

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