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questo nostro idioma intorno ad ogni soggetto, per alto e grande, che fosse da Greci e da Latini trattato (sono parole del degno suo biografo, il Forcellini); egli, l'uomo da faccende (direbbe il Gioberti), che sfuggito ai pericoli d'una educazione attinta da' soli libri o ne' soli atrii delle scuole, serbando intatta l'originalità del forte intelletto, erasi proposto a compito dell'esistenza il difficilissimo accoppiamento della vita contemplativa coll' attiva; egli, lo schivo Padovano, che tenace nelle abitudini e negli affetti, cortigiano mal pratico e mal rassegnato servitore, da ultimo niun reale vantaggio ritrasse del suo servire ; un uomo che per tanti rispetti trovavasi ne' medesimi panni del Poeta, un tal uomo, con pochi altri del suo secolo dovea necessariamente esser tratto bene addentro nella comprensione della mente e del cuore dantesco.

Ed in vero la sua Apologia ci pare la miglior conferma delle nostre asserzioni. In essa l' erudizione. non comune è fatta, con singolare esempio per que' tempi, soggetta e ministra al buon senso, e non a quelle convenzionali forme aristoteliche, che allora dominavano nelle scuole. Il fare risentito e talvolta acre, col quale è scritta, è conseguenza in parte del fervore della lotta, in parte dell' indole dello scrittore; il quale, come a proposito osserva il Forcellini, aveva l'uso di scrivere di prima giunta tutto ciò, che gli dettava il calor della mente, la quale nell'ira si riscaldava ferocemente e ritornando poi sul primo abbozzo raddolcirne le asprezze; ma più di frequen

te, mostrati i suoi saggi a questo e a quell'amico, non riveduti, non terminati e non publicati gettarli in un canto; e tal sorte toccò anche alla nostra Apologia, che veramente in varii luoghi ne presenta chiare le traccie. Nè però fu più moderato il Bulgarini, il quale, venuto a conoscere lo scritto, vecchio e mezzo morto formò in risposta il suo Antidiscorso, dettato con espressioni le più rabbiose che dir si possano o immaginare. Anzi costui arrivò al punto di negare, che lo Speroni fosse il padre della troppo autorevole difesa; e l'attribuì a Mons. Alessandro Cariero, altro Padovano, noto nemico del Bulgarini ma anche dell' Alighieri; onde il Cariero per tale assalto e per i consigli di Sperone s'indusse a publicare la sua Apologia contro le imputazioni del Bulgarini e la Palinodia, nella quale si dimostra l'eccellenza del Poema di Dante, aggiungendosi in tal guisa un altro nostro concittadino alla schiera de' primi difensori del divino Poeta.

Ecco, stimatissimo Signore, quanto crederei sufficiente all' intelligenza della Speroniana Apologia; e frattanto desiderando di cuore che non abbiate più ď иоро in circostanze simili dell'opera mia nè d'altrui, mi professo sinceramente

Padova 25 Aprile 1865.

Vostro Devotissimo Obbligatissimo

GIUS. DALLA VEDOVA.

APOLOGIA

DI

DANTE ALIGHIERI

Innanzi che io cominci a difender Dante dalle calunnie di chi biasima la sua Commedia, è ragionevole cosa che si consideri qual sia stata la intenzion sua in quella sua opra; e secondo che ella è buona o rea, e bene o male scritta, laudarlo o vituperarlo. La qual cosa se fusse stata considerata dal Bulgarini, e da quelli altri, che cominciarono a dirne male, ed onde si è fatto bello il Sig. Belisario; nè elli indarno e con lor vergogna ne ragionavano, nè io adesso mi metterei a parlarne.

Or qual si fusse la intenzion sua nello scriver la sua commedia, e qual si sia il subietto di essa, io non ho ancora se non un solo trovato, che ne ragioni come si dee, benchè ciò faccia imperfettamente, e questi è Carlo Lenzoni: il quale volendo difender Dante dal Tomitano e dal Bembo, a far bene questo officio,

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