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illuminato dal sole significa la virtù; per contrario la valle oscura de' significare il vizio. però poeticamente ben finge la valle e il monte. La selva significa la intricatura del vizio. però Dante nel principio parla del vizio in figura di selva, come nel canto primo dello 'nferno ne parla in figura di valle ove dice che Virgilio da questa valle, ove era Dante smarrito, il riduce a casa per la via lunga dello 'nferno; poichè andar per la corta quelle tre bestie nol permetteano: e ciò dice nel canto 2. dello 'nferno. Il monté dunque imaginato da Dante sono le virtù morali, ove Dante uscendo del basso della selva, e cominciando a salire, siccome uomo ragionevole, benchè nel mal fare abituato, trova lo impedimento delle tre bestie; e chiamalo impedimento in molti luoghi, specialmente nel primo e secondo canto dell' Inferno. Di questo monte parla anche il Petrarca quasi a caso, e però freddo e confuso, quando dice;

Ovvero al poggio faticoso ed alto

Ritrarmi accortamente da lo strazio.

Si conchiude ancora dalle cose dette, che Dante per per lo suo andare allo 'nferno ed al Purgatorio non si loda, ma si biasima de' suoi peccati, facendoli tali, che per liberarsene li convenisse discendere con fatica e paura per tutto lo 'nferno, e talora con compassione de' puniti, la quale non è senza tormento: poi con fatica dello ascendere esso monte per tutti i cerchi del Purgatorio: in cima al qual monte dice aver veduto i raggi del sole, non dicendo sole pro

priamente, ma descrivendolo con titolo di pianeta, che meni altrui dritto per la sua via; il che convenia al suo torto arbitrio. e di qua viene che nel canto primo del Purg. si confida di andar bene essendo dal sol guidato. non già così della luna, la qual nel canto 20. dello Inferno finge esser piena e tonda a quel tempo; ed esserle ciò giovato mentre egli era nella selva de' suoi peccati, ed andando per quella. Conchiudesi ancora essere uno stesso monte quello del primo canto, ove non può andare per via corta impedito dalle tre bestie, e quello del Purgatorio, ove va per lo 'nferno e per via lunga. E si vede chiaro che nel primo canto impedito è il suo andare al monte dalle tre bestie in diversi modi; cioè dalla lupa per la grave paura della sua vista, e dal lione pur per paura, ma diversa da quella della lupa; le quali due bestie con paura lo 'mpediano. ma la lonza lo 'mpediva colla speranza del prenderla. dunque le tre bestie con paura e speranza lo impediano. Di questa speranza nel primo canto dello 'nferno dice:

Si che a bene sperar mi era cagione

Di quella fera la gajetta pelle.

E nel canto 16. pur dello 'nferno;

Io avea una corda intorno cinta,

E con essa pensai alcuna volta

Prender la lonza alla pelle dipinta.

Era dunque sviato dal monte per paura e per speranza; paura di due bestie le quali fuggia, e spe

ranza di una, la qual seguia. Ed è da notare che su bito visto Virgilio li promette di seguirlo nel primo canto ma meglio considerando, e già liberato dalle bestie non si confida in Virgilio per se solo, se non quando Virgilio li dice esser a lui venuto mandato da Beatrice, la quale di cielo discese al limbo a parlare a Virgilio, e ricomandarli esso Dante.

Esser guidato da Virgilio significa che poetando vuole scrivere; il che non volse far Guido Cavalcanti nemico de' poeti, e perciò minor di Dante. Ciò dice Dante nello Inferno canto 10. e Purg. canto 11. E Beatrice perciò dice a Virgilio nel canto 2. dello 'nferno,

Fidandomi del tuo parlare onesto,

Che onora te, e quei che udito l'hanno.

Che la guida di Dante dovesse essere persona virtuosa, è chiaro; perchè al monte della virtù solo il virtuoso può guidare. che dovesse esser morto e non vivo, dice Dante in persona di Virgilio a Stazio nel canto 21. del Purg. Nè Virgilio per andar più a basso del suo cerchio per lo 'nferno accresce pena, perciocchè non sente le pene più basse. Ma per andar su per lo monte del Purg. è più felice, o non è infelice; perocchè Virgilio non fu peccatore per far male, ma per non far bene; e se non fu Cristiano, fu moralmente buono, cioè virtuoso, però può egli andar con Dante, e guidarlo dentro del Paradiso terrestro, ove era l'uomo, che poi si dannò. Di qua viene che'l poema di Dante con la guida di Virgilio

invoca le Muse: è virtuoso, e favoleggia etnicamente: è grave, e guarda più alle sentenzie ed alla verità, che alle parolette delicate, come ne' sonetti e ballate; parla di filosofia e d'altre scienzie. Nè Virgilio nel primo canto dello 'nferno promette a Dante guidarlo più oltre, che alla cima del monte della virtù. Ma dalla cima di esso monte volendo andare alla Cristiana felicità, dice;

Anima sia a ciò più di me degna:

Con lei ti lascierò nel mio partire.

il che s'intende di Beatrice, la quale non lo sforza a salire al cielo; ma esso gustato Eunoe, vi vuole andare; perciocchè come Lete è il fiume, che fa scordar il mal fare, così Eunoe è il fiume, che fa disiderare di far bene compitamente. Nella qual favola è il misterio, che le quattro virtù non bastino, alla nostra vera felicità, ma che bisogni aver le tre altre, cioè fede speranza, e carità, delle quali Dante nel canto 25. del Paradiso è esaminato per mezzo di Beatrice da S. Piero, e S. Giacomo, e da S. Giovanni.

Segue alle cose già dette, se ben s'intendeno, che la opera di Dante sia di una azione sola e meravigliosa, non solamente non impossibile, ma che altre volte sia stata descritta, benchè non così bene, come ora da Dante. che se le laudi di Beatrice sono il subietto per la protezione presa di Dante nel suo viaggio di andare al monte, e dal monte in cielo continuatamente, ed in protezion di Beatrice, or come mandante, or in propria persona; già è chiara la unità

del suo viaggio: e così è proposta da lui nel principio della opera. Nè per diverse invocazioni fatte nel principio di tutte le cantiche, nè in esse cantiche più volte, come nello Inferno canto 32. nè nel canto 29. del Purgatorio, nè nel canto 22. del Paradiso, si dee dire che la operazion sia più di una: perchè occorrendo difficultà nelle cose trattate, è ben fatto ricorrere, allo ajuto di Dio; il che fa Dante sempre poeticamente, essendo guidato da Virgilio poeta. Onde segue che Dante meschi le favole gentili con la verità della istoria così sacra, come profana, e che Dante molte volte giuochi per entro i suoi versi; di che parlarò alquanto più abbasso. Così è una l'azion di Ulisse in protezion di Minerva, benchè parte del suo cammino sia in pace, parte in guerra, parte in casa, parte fora: ed una quella di Enea in Virgilio: meravigliosa quella di Ulisse, e questa di Dante meravigliosissima, non solamente per tale, e tanto, e così novo viaggio, ma perchè in descrivendo tal meraviglia si porta sì bene, che fa la meraviglia verisimile; descrivendo materialmente lo Inferno, il quale è cosa spiritale, e descrivendolo in modo col Purgatorio e Paradiso terrestro insieme, che mai più niun santo non l'ha pensato, benchè si abbia pensato di numerar le jerarchie, e quasi i spiriti di quelle. e come passi per lo centro all'altro emisperio; il che par che prenda da Virgilio, in tanto che non fa tornare Enea indietro a uscir dello 'nferno per la porta, onde vi entrò. Imita sempre Virgilio, parlando de' Centauri, e delle Arpie, e di Caco; e li altri

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