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Greci, parlando di Plutone; e de' Giganti tutti i poeti, che li pongono con li Titani nel fondo dello 'nferno spaventati dal tuon di Giove. Di Flegias non è senza Virgilio il suo parlare: nè di Catone si scorda secondo Virgilio; nè si scorda di Aristotile, distinguendo la incontinenzia dalla malizia e bestialità, e distinguendo lo Inferno in due prime parti, cioè fora e dentro della città di Dite, nella quale non entra Enea come Dante. però a Dante l'angelo la fa aprire; il che non si potea fare a Enea lontano dalla religione e dalla grazia di Dio. Distingue poi la fraude dalla malizia per loco e per pena, ed il tradimento dalla fraude. Distingue i fiumi infernali, e vuole che non vadano al mare, come li altri, ma che derivino ben dal mondo materiale, ma con origine spirituale per la statua di Daniello. Però dice nel canto 2. dello 'nferno,

Sulla riviera, ove il mar non ha vanto.

Descrive li Elisii, come Virgilio, nell'antepurgatorio; come separa Caco dalli altri Centauri; benchè egli secondo Virgilio sia Centauro; così separa il Minotauro da tutti. Finalmente quanto può imita Virgilio, e talora lo avanza, come dirò.

E tanto è lontano Dante da esser troppo ardito in far questo viaggio, che ricusando di farlo nel principio del canto 2. dello 'nferno, si fa dir da Virgilio due volte che egli è vile; e la terza volta nel canto 3. il qual vizio di viltà è tanto a Dante odioso,

quanto si vede nel 3. canto, ove egli parla de sciaurati.

Vide Dante molte opposizioni che'l vulgo potea fare al poema suo, e le solve. Delle quali una è questa, che a ricuperar la libertà dello arbitrio potea bastarli la ammonizion de' predicatori, o rivelazione per sogno, o lezion di Scritture, senza mandar chi l'accompagnasse allo Inferno, nè al Purgatorio, nè al Paradiso. Che se la lezion delle scritture potè indur Francesca e Paulo a scoprirsi e godersi de' loro amori; potea ancora miglior Scrittura indurlo a far bene e nello evangelio si parla delle pene dello 'nferno e della gloria del Paradiso. A questo risponde Dante nel canto 33. del Purgatorio in persona di Beatrice, ed altrove; dicendo, che egli era tanto perduto nel mal fare, che non bastava il ragionarli, ma era necessario il vedere. L'altra opposizione si fa da lui a se stesso nel canto 17. del Paradiso. e Cacciaguida suo atavo risponde e dice, che fa bene a rivelar li secreti veduti; e dice che le anime perdute deono quasi aver di grazia d'esser nominate da lui, eccettuando però li traditori, ed il conte Guido da Montefeltro. però molte volte è pregato da' peccatori, che ricordi al mondo lo stato loro, specialmente da alcuni scelerati. È anche da sapere che Dante in molti luoghi del suo poema si dole di non aver lingua nè ingegno atto a parlar nè del bene, nè del male, che avea veduto: perchè in vero fin al suo tempo non era stata usata la lingua Tosca, se non a parlar di cose basse e fu egli il primo che la innalzò. però

quando nel canto 26. dello 'nferno disidera di parlare ad Ulisse, Virgilio vuol parlare egli, acciocchè Ulisse Greco non sia schifo del linguaggio Tosco: e Cacciaguida nel canto 15. del Paradiso non parla a Dante se non latino. nè si fida Dante della sua lingua a parlare bene de' traditori, materia, benchè turpe, che supera la qualità della lingua Toscana. Però Dante nel libro della Volgare Eloquenzia reproba ogni linguaggio semplice di tutta Italia, ed approva il misto. e di questa sua opinione fu il suo maestro Brunetto Latini; il quale essendo Fiorentino, scrisse, per meglio fare, in lingua Francese.

Dirò due parole del nome di questa opera di Dante; poi discenderò alli particolari delle sue laudi e dei biasimi dati. Dante nel canto 16. dello 'nferno nomina questa sua opera commedia; onde tanto si dice meravigliandosi di tal nome. La ragione, che mosse Dante a chiamar tragedia la Eneide, il mosse per contrario a chiamar questa commedia. La ragione, onde si mosse a chiamar la Eneide tragedia, si può trar da Platone, il quale nominò Omero tragico; e da Aristotile, il quale largamente parlando di questi due nomi tragedia e commedia, dà licenzia di chiamare il poema epico dal fin suo lieto o dolente, or commedia, or tragedia. Ed è notabile in ciò la erudizion di Dante, il qual parla con tali due nomi alla Greca con la penultima lunga, e non volgarmente, siccome io scrivo. Nè di ciò altro dirò al presente.

Delle laudi di Dante non si può abbastanza par

lare; ma dalle poche, che io dirò, le molte da me taciute s'intenderanno. Dante era gentiluomo Fiorentino dato al governo della repubblica sotto nome di parte Guelfa, come appar nel canto 15. dello 'nferno. Divisi i Guelfi dopo la cacciata dei Ghibellini in Bianchi e Neri, fu di parte bianca, come si legge nel canto 24. dello 'nferno. Ma poi si fe parte da se, cioè nè Guelfo, nè Ghibellino, come si legge nel canto 17. del Paradiso: similmente non fu nè Bianco nè Negro, e disse male dell'uni e gli altri, parte nel canto 6. del Purgatorio parte nel canto 6. del Paradiso. ma fu imperialissimo, come si vede nel canto 17. del Paradiso: e tanto imperialissimo, che molte volte dice male della giurisdizion temporale della Chiesa, come si legge nel canto 16. del Purg. e questa sua opinione manifestò chiaramente in una sua opera latina chiamata Monarchia.

Cominciò Dante a pensar di questa Commedia innanzi al suo esilio; come si vede nella Vita Nova ; ma non cominciò forse a farla, se non sbandito. Dico forse, perchè può esser che in Firenze ne componesse li cinque primi canti. Certo il sesto non fecc se non sbandito, come Bianco; il che si prova per la profezia di Ciacco. perciocchè le profezie, onde è piena questa opera, sono tutte di cose passate sotto specie di future. Or se Dante in esilio cominciò a componer questa opera, e non in ozio, come Virgilio ogni suo poema; che si de' dire in sua laude dell'amor de' suoi studii? della risoluzion fatta del suo poema? Forse che le faccende meccaniche lo sviavano dalla

attenzion dello scrivere? Era in esilio come nemico della sua patria posseduta dalla parte Nera sua avversaria: era povero, vagabondo, mal sicuro in ogni loco, che Guelfo o Bianco non fosse. avea moglie e figlioli, nè però si smoveva dal suo proposito, al quale era sempre attentissimo. Ed averà ardimento un meccanichetto uscito della bottega di lana o seta riprender Dante di trascurato, o di ignorante? Ma chi vuol veder queste sue laudi diffusamente, leggale nella sua vita dal Boccaccio composta. Io lasciatolo ora da parte, considero che non a caso, siccome si usa oggidì, ma consideratamente scrivesse; quando io trovo, che 'l principio dell' opra al mezzo e al fine per ogni loco risponde. ed ecco che nel canto 2. dello 'nferno dice Beatrice a Virgilio, che ella sedea con Rachele nel Paradiso, quando Lucia le parlò di Dante: e Dante in fine del Paradiso la pone in effetto in tal loco. Di Lucia qui nominata parla non pur allora nel Paradiso, ma nel canto 9. del Purgatorio, ove dice, che essa Lucia prese Dante dormendo, e lo portò alla porta del Purgatorio. e parla Francesca nel canto 6. dello 'nferno, che 'l marito che l'ammazzò, sarà dannato nella Caina, cerchio delli ultimi dello 'nferno, ove punisce li traditori. Di Minos parla e della sua coda nel canto 5. dello 'nferno: di lui riparla e della sua coda nel canto 27. e nel canto delli indovini. Dice Virgilio nel canto 2.

Io era tra color, che son sospesi.

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