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E nel canto 4. ridice, che le anime del Limbo erano sospese. nel canto 6. dice,

Superbia, invidia, ed avarizia sono

Le tre faville, che hanno i cori accesi.

e lo replica in persona di Brunetto nel canto 15. dello 'nferno. Parla nel canto 6. dello stato delle anime senza corpi, e risuscitate: ne riparla nel 25. e nel canto 7. del Paradiso, e nel canto 10. dello'nferno, ove parla degli eretici. Della prima porta dello'nferno aperta parla nel canto 3. dello'nferno, e ne riparla nel fin dell'ottavo. Di Cerbero parla nel proprio canto, e ne riparla nel canto nono. Vedasi come partisca lo 'nferno secondo li peccati in esso puniti nel canto undecimo: rivedasi come li torni a partire nel Purgatorio. Ma troppo sarei lungo, se io volessi provare con quanta cura nel suo esilio componesse la sua Commedia. Dalle cose dette da me studii chi loda e biasima Dante, di ritrovarla nelli altri luochi infiniti. Che Dante fusse perfetto teologo e matematico; non accade provarlo a chi ne dice male, quando li maldicenti ne dicono male pure per ciò. che egli sia loico, si vede in molti luoghi, specialmente nel canto 27. dell 'nferno nelle parole del Demonio al conte Guido: nel canto 2. del Paradiso, ove parla dei segni della luna, nel definire che sia fede, speranza, e carità, nel divider li peccati, nel parlar dell'amore. Che sia oratore, in moltissimi luoghi si può vedere; cioè quando parla contra papa Nicola nel canto 19. dello 'nferno; e quando lauda li Ro

mani nel canto 6. del Paradiso: quando biasima la Italia nel canto 6. del Purgatorio: nelle parole dolcissime dette da Francesca nel canto 5. dello'nferno nelle parole dette a Catone da Virgilio : nella Ave Maria detta da S. Bernardo: nelle parole dette da lui a Beatrice, essendosi ella da lui partita ed ascesa al loco suo in Paradiso: nel lamento di Adamo, nelle bravure di Capaneo, nelle parole dette da Ugo Ciapetta nel Purgatorio contra l'avarizia: nelle parole di S. Piero e di S. Benedetto contra li non buoni religiosi: nelle orazioni laudatorie di S. Francesco e di S. Domenico: nelle parole di Beatrice contra esso Dante dette a lui ed alle virtudi sue compagne: nelle parole dette da Dante contra la superbia, cioè li superbi. Copiosissimo nelle descrizioni di alcune cose, ciò sono nel dir lui esser vivo, il che dice in venticinque maniere diverse, nel descrivere il bosco infernale nel canto primo dello 'nferno, e nel canto 20. dello 'nferno, ove in molti modi descrive la pena delli indovini travolti: delicatissimo ed ornatissimo nella descrizion della selva del Paradiso terrestro, nel sogno precedente al suo andarvi entro, e nel sogno precedente allo andar nel Purgatorio; nel descriver le scolture della strada del Purgatorio. Poeta è sovranissimo nello imitare, imitando sempre o con le persone introdotte, le quali sempre fa parlare, o parlando egli stesso come poeta ed introduttore di esse persone: nelle quali parlando sempre imita, o con metafore, o con epiteti, o con comparazioni e similitudini da lui dette in tante

maniere, che è una meraviglia, e dette in modi tali, che uom non si avvede che siano similitudini: il che è sommo artificio come è sommo ingegno e sapere il trovarle; perchè ciò è da uomo che molto sappia e delle scienzie e del mondo; del quale ello, come esperto d'ogni cosa moderna, e conoscitor delle storie antiche, parla benissimo: conoscitor de' costumi de' principi, delle cittadi, e delle nazioni: il che forse è cagione che Senesi non ne dicano bene, per vendicarsi del male, che egli ne dice. Nelle quali descrizioni e similitudini imita sì, che si può dire che dipinga e scolpisca; come si vede nel canto 12. dello 'nferno, ove dice:

Quale è quella ruina, che nel fianco
Di là da Trento l'Adige percosse.

ed ove parla di quella acqua, che rimbomba là sovra S. Benedetto, e dell'arsenal di Viniziani, delli argini de' Padovani e Fiamminghi, della scesa, che va in S. Leo, e della discesa di Noli; della strada che è tra Lerici e Turbia, di Malta prigion di Azzolino. Imitator di Virgilio, quanto ha potuto, specialmente nella brevità, e nello studio de' versi, e nella chia

rezza.

Dirò due esempli della sua brevità, dalli quali si conosceranno molti altri. Nel canto 2. dello Inferno:

Io son Beatrice, che ti faccio andare ec.

e nel canto 9. del Purgatorio:

Dal lato mi era solo il mio conforto.

Breve in una metafora divina fu nel canto 20. del Purgatorio;

O avarizia, che puoi tu più farne?

Cura di giuocar ne' suoi versi, come Virgilio. si vede nel canto 12. del Purgatorio ove fa 12. terzetti, de' quali quattro comincia da vedea, quattro da O, quattro da mostrava: poi nel terzetto 13. il primo verso comincia da vedea, il secondo da O, il terzo da mostrava. Simile fa nel canto 19. del Paradiso, ove fa nove terzetti, tre de' quali cominciano da li, tre da vedrassi, e tre da et. Ma non pur imita, ma supera spesso Virgilio. Darò in Virgilio uno esemplo di cosa, ed in Dante tre; e de' versi uno in Virgilio, ed uno in Dante. Virgilio nel terzo fa parlar Polidoro convertito in una macchia di alberi, ma non dice. come parlasse. Dante nel canto 13. dello 'nferno fa parlar Pietro dalle Vigne mutato in pruno; e descrive il parlar suo in maniera, che fa verisimile lo impossibile. E nel canto 26. dello 'nferno fa parlar Ulisse, ed il conte Guido mutati in foco, non affocati; e descrive il movimento della lingua, come prima avea descritto il movimento del fiato o dell'aere. Poi nel canto 19. del Paradiso fa parlar l'aquila, come si può imaginar, che per lo collo suo si formi la voce. Quanto ai versi, fa Virgilio che Enea voglia abbraciar Creusa ed Anchise, e non possa farlo. Ma Dante in doi fa il medesimo nel canto 2. del Purgatorio, e lo fa meglio di lui. Fa Virgilio una sua similitudine parlando dell'anime, che vanno

a Caron: Dante fa la istessa meglio e più poetica. e per finir di parlar delle similitudini, chi vuole in ciò veder la eccellenzia di Dante, leggane due o tre, oltre alle altre: l'una nel canto 9. dello 'nferno nella venuta dell' angelo ad aprir Dite; la quale è in stile alto e profondo: l'altra nel canto 3. del Purgatorio in stile basso, la qual comincia,

Come le pecorelle escon dal chiuso.

e l'una e l'altra si può dipingere. Della terza parlerò a basso. Ma come Dante imita Virgilio, così fu egli imitato da altri. Ciò furono Gio. Villani, ed il Boccaccio nella locuzione, ed il Petrarca nelle cose e concetti amorosi oltre la locuzione. E bene fecero; perchè Dante è assai più Toscano, che non sono questi tre. e non è meraviglia: perciocchè Dante nacque e visse in Fiorenza fin alli anni 35. e vissevi gentiluomo e nel governo della repubblica. Del Boccaccio e Villani lungo saria il dire ove lo imitarono. ma il Petrarca, che più importa, non pur lo imitò, ma s'ingannò nello imitarlo. Di ciò tosto mi espedirò. Usa Dante di dire quel ma che, ma l'usa dopo la negazion non; nè altramente si può bene usare, che bene stea. Ma il Petrarca l'usa senza la negazion, ove dice,

Ma che vien tosto, e subito va via.

Il Petrarca crede imitar Dante dicendo,

Quando mia speme già condotta al verde;

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