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e s'inganna quanto alla cosa, e quanto alla lingua. Quanto alla cosa, che non è vero che la speranza condotta al verde si intenda mancare, figurandosi da Dante e da ognuno la speranza esser verde. Ma il Petrarca par che ciò dica a imitazione di Dante, ove ne parla nel canto 3. del Purgatorio, ed il Petrarca crede che il verso di Dante sia questo, cioè,

Mentre che la speranza è fuor del verde :

ed il verso non dice così, perchè direbbe, mentre che la speranza è fuori di se stessa: ma dice il vero

verso,

Mentre che la speranza ha fior del verde,

cioè, alquanto del verde. come dice nel canto 34. dello 'nferno:

Pensa, lettor, per te, se hai fior d'ingegno;

cioè alquanto: ed è locuzion Toscanissima. Imita ancora il Petrarca esso Dante, ove parlando di Ulisse dice,

Che disiò del mondo veder troppo.

la qual cosa da Dante solo è detta contra la comune opinion de' poeti; e la dice per una ragione a pochi nota, e da pochissimi cercata ed investigata: di che a basso si parlarà. Del vivere intra due, ed esser tra bella e buona, ed esser nè lieta nè dogliosa, e simili altre cose, onde l'ha il Petrarca, se non da

Dante lodato e celebrato da lui nelle sue opere Latine? Io veramente ho veduti tre o quattro commentatori di Dante; ma da gentiluomo Toscano e litterato ho inteso lui averne veduti 32. o 33. il che basta assai per lodarlo, oltre quello che di lui dice il Boccaccio, quando ne scrisse la sua vita. Però altro non ne dirò; e vegnerò a rispondere a' biasimi che li son dati.

Ma qui ammonisco chi contradice, che a parlar di tanto uom non de' aver ardimento, nè chi non l'intende, e forse non l'ha mai letto, come si de'; nè chi li vuol male, nè chi ha faccende in fondachi o in buttighe: nè biasimarlo, perchè altri non sappia bene risponderli: che ben può esser che non buon medico non sappia guarir le ferite, che però non siano mortali. Ma chi si veste di panni di contradittore, e di maldicente, dee almen parer, se ben non fusse, che parli per vero dire senza alcuna sua passione. il che farò io al presente, che Padovano essendo, e perciò non troppo in grazia di Dante, io per coscienza il difendo, non ostante che Dante dica male di Padova, e di alcuni Padovani di sua età. Di Padova dice male nel canto 9. del Paradiso in persona di Cunizza sorella di Azzolino; ed altrove pure nel Paradiso. e tra li usurieri Fiorentini pone in Inferno un de' Scrovegni, ed un altro che chiama Vitaliano. Così faccia il Senese, non ostante che Dante nel canto 29. dello 'nferno dica male di quel Capocchio Senese, e di quello Albero da Siena, e di suo padre, e dello Stricca, e di Nicolò, e faccia

a Sapìa Senese dirne gran male nel canto 13. del Purgatorio. E se ha detto male di Dante per vendetta della sua patria, ora udendo le risposte, e cessata la collera sfogata parlando, sia sincero ascoltatore della verità; la quale io dirò ad ognuno, e non al Capponi, nè al Mazzone, nè al Castrovilla, o Castelviedro, nè al Tomitano, nè al Casa, nè al Bembo nè a me medesimo. benchè non del tutto voi Senesi siate offesi da Dante; perciocchè egli trova nell'antipurgatorio la Pia, e nel Purg. Provenzan Selvani e Sapia. Dirò adunque liberamente di Dante quel che or ne sento, e perchè; rispondendo alle obiezioni, che far si sogliono al suo poema, cominciando dalla lingua.

Le locuzioni di Dante son Toscanissime sempremai più di quale altro che mai scrivesse Toscano: li vocaboli non sempremai: perchè la lingua non usata a significare così alti concetti, come era il suo, non li avea ancora formati. esso li prende or dal latino, or dalle altre provincie d'Italia. onde si può dir che egli imiti Omero, il quale non volse scrivere il suo poema in lingua Attica, ma in ogni lingua, che fosse Greca: non volse certo, come si vede, nè forse dovea farlo secondo la dottrina di Aristotile. Onde io potrei dire, che ciò sia non pur lecito senza biasimo, ma eziandio con gran laude. E come potea Dante usar vocaboli sempre Toscani, se la Toscana non li avea? e se ello nella opera della Volgare Eloquenzia dice chiaro, che la lingua e lo stile alto, quale è il suo, non può esser puro Toscano? e di

qua

viene che Dante è il più metaforico poeta che mai scrivesse, ricorrendo a' translati ove mancava de' proprii, e formando de' proprii, o togliendoli dal Latino, o dal Francese: dal Latino nel Purgatorio, e nel Paradiso; ove parlando da religioso usa la lingua usata a significare i religiosi concetti: onde viene che volendo Dante parlare a Ulisse, non lo permette Virgilio, temendo che 'l Greco sprezzasse la nova lingua Toscana, e Cacciaguida nel Paradiso parlò a Dante latinamente, benchè Dante non scrivesse le sue parole Latine, se non nel principio del ragionamento: o sanguis meus, o superinfusa ecc. Formò Dante vocaboli novi per meglio esprimere il suo concetto: ed in ciò seguì la dottrina di Aristotile nel predicamento ad aliquid. Nè sia chi 'l biasimi, perchè egli in ciò fare paja sentir del pedagogo delle commedie; essendo in ciò imitato dal Petrarca, il quale è adorato da' delicati. E che il Petrarca ciò faccia ne' suoi trionfi, è chiaro perchè egli dice interna, impingua, alvo, alse, astro, cerebro, Cartago, compagna, curvo, disapre, da imo, digno, divorzo, egra, feritade, fervidamente, funereo rogo, difalca, ebe, erma, interstizio, labbia, monton, mortifero, mancipio, migra, macra di valore, nubilo, parco, percusse, relinque, nigra, pigra, socco, speco, seca, Tebro, vestigio. Nè pur ne' trionfi, li quali non può iscusare chi accusa Dante, ma ne' sonetti e nelle canzoni, che sono elegie o epigrammi, il Petrarca imitando Dante forma novi vocaboli pedagogici, e molto strani; e non si può difender con Aristotile. Dironne alquanti con un

poco di ordine: attarda, aggiorna, auro, ab experto, avulse, a tergo, aborre, ange, alse, algente, angue, ammorza, accenso, appende, bibo, chiaritade, con meco, celebro, cribra, colo, coraggio, distorna, disacerba, delira, disvolere, dora, dolzore, describo, delibo, disosso, elice, felse, fostu, ferve, folce, fossati, frange, famelico, germe, incarno, inerme, intelletto, insulse verbo, inchine nome, intense, inaspro, incisca, inforsa, imbianco, ingiunca, imperla, inostra, incensa, intensi, largitade, libra verbo, muorei, monile, miserere, mansuetudine, neva, palpitando, pigre, prisco, pondo, protervo, procella, repente, rifulse, risurgo, rincorro, rompre, serpe verbo, salmo, speco, scolorita e non scolorata, stroppio, svolvo, scorza, nerbo, scempio verbo, scornare, scerse, scabbia, stellante, smorsa, sbranco, scolpo, serico, snervo, spettro, sugge, tesauro, texta, torpo, trilustre, volve, vosco, vibra, zappador. Or così stando la cosa di questa lingua, perchè non arrossano tutti coloro, che riprendono Dante dell' altrui difetto? e vogliono biasimarlo di quello di che con summa sua laude il Petrarca non pur lo laudò, ma volse esserli simile? Della povertà della lingua si duol Dante nello 'nferno, nel canto ultimo del Paradiso più volte, nel canto 32. nel 24. onde avvenia in que' tempi, che li scrittori scriveano anzi latino che volgare. quali furono Guido Giudice da Messina la guerra di Troja, e Piero Crescenzio la agricoltura, e Dante istesso la sua Volgare Eloquenzia e la Monarchia: onde il Petrarca e Gio. Boccaccio più si vantavano delle

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