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Quando mia speme già condotta al verde?

nel qual verso di necessità si parla della candela del sevo, che sempre pute assai più che l'olio. Ma se al Senese dispiace il puzzor dell'olio in Dante, non nominandosi espressamente esso olio; come non si avvede che le sue riprensioni ci appuzzano con quello ontume? or non è peggio il dire ontume, che olio? certo sì. perchè dunque riprender Dante di minor puzza con un sì fetente vocabolo? Vaneggia il Sanese, se non riprende anche in Dante il vocabolo del sucidume; nè può riprenderlo, che non ne riprenda il Boccaccio, che fa parlare a Neifile del sucidume delle gentildonne. Certo queste riprensioni hanno bisogno del Padovano di Dante,

Che distorca la bocca, e di fuor tragga

La lingua, come bue, che naso lecchi.

Ma perchè non parla costui dello stomaco di Maometto descritto da Dante con quel vocabolo, che sempre pute, e che tanto dà a dire alli profumati? fa bene a tenerlo in bocca e nol mandar fora; e similmente tutti que' versi, che l'hanno in essi, ove si attuffano i lusinghieri. Altro non voglio dirne, se non che i Latini ed i Greci usano parole simili a queste, che per non essere da noi usate, ma peregrine, non ci offendono come le nostre. Per questo leggendosi che Saturno era nominato Stercurio, e che Laerte stercorava i suoi campi, non ne sentiamo l'odore: quasi la natura seguiti la parolá, e non la parola la natura. Come si sia, guardisi il Sanese dalla pena di A

lesso Interminelli per le parole da lui scritte al Capponi, ove dice che senza altra ragione a un solo suo cenno è per mutarsi di opinione: perciocchè per tali parole o si conchiude che egli lusinghi il Capponi o parli senza ragione quando favella di Dante.

Delli episodii di Dante nella particola decima, dico che l'opera di Dante non in un giro di cervello, perchè 'l cervello vuole esser fermo, ma in poche parole si tiene a mente quanto alla favola, ma non già quanto alli episodii. e questa sia la favola brevemente descritta, come quella della Ulissea. Uno uomo abituato nel mal fare, desiderando per sua natura di esser bono, va al monte della bontà, virtù, ed innocenzia: ma nel volerlo ascendere è impedito da' vizii: ma ajutato dalla grazia di Dio schiva questo impedimento, e con bona scorta per via lunga finalmente ascende il monte della bontà, e di quello con miglior scorta va alla vera felicità spirituale.

Venendo alli episodii quello di Francesca è bellissimo: e la leggerezza sua al vento maggior delle altre fa venir voglia a Dante di intender le sue condizioni: e questo è quasi in tutti i cerchi da lui cercati, ma qui maggior che altrove, per esser cosa. d'amore, proprio di Dante. Non è dunque ciò for di proposito più che sia in Omero quelle tante donne vedute in Inferno da Ulisse. Ma vediamo la bellezza che vi si trova, con questa occasione. Li altri episodii delli eretici e delli intersettori di se stessi sono nobilissimi a chi ha intelletto. quello del ladro delle fiche è bellissimo, per notare una anima Pistolese:

che di Pistoja molto avea da dolersi Fiorenza. Non voler che i dannati bestemmino Dio, è sua Senesaggine: e Dante dice il contrario nelle anime presso al fiume di Caron. Nè il bestemmiar Dio è alleviamento di pena, anzi accrescimento, come dice Virgilio nel canto 14. dello 'nferno parlando a Capaneo: perchè la bestemmia è segno di rabbia, non alleviamento di pena. Nè vaglia dire che Dante poeteggi senza esempio di altro poeta; perciocchè 'l suo poema è anche senza esempio. Non è Dante poeta fatto dallo esemplo, ma dalla sua propria ragione: e non pur è sesto, ma è primo fra tutti Greci e Latini. In Paradiso non è maladicenzia, ma verità: che se in cielo è sentenzia contra i tristi, e male di pena, ma non di colpa; perchè non vi può esser parole significanti l'odio, cioè giustizia di Dio contra i rei? Dante loda i boni, e fa lodarli per tutto. Il Signor della Scala fu il veltro del primo canto dello 'nferno.

Forza è che rida quella mediocrità di poeti intesa da costui quanto alla grandezza e quantità del poema, e non dell'eccellenza del poeta. Dir per parer filosofo che l'anima non spera, nè teme, nè sente, nè intende, ma sì il composto per lei, è contra i gentili e li Cristiani tenenti la immortalità dell'anima; vedasi Omero, e Virgilio, e tutte le scritture ed orazioni Cristiane. Ma come Dante abbia pietà d'alcuni dannati, e di alcuni non, chi sa discerner li peccati degni ed indegni di ciò, può tutto solvere.

Ma vedi lo episodio di costui nel fin dell'opera, se è a proposito, o infilzato.

KAR

Rispondi, come hai fatto alla opposizion sopra Dante, che troppo è sottil filosofo e teologo nel suo poema: e vedi per confermar la risposta il principio della seconda Tusculana di Cicerone. Vedi al tutto.

Difendi Dante, come tu puoi, dalla opposizion che faccia salvo Catone, che uccise se stesso; e perciò vedi la prima Tusculana di Cicerone.

Se la lucerna, perchè puzzi di olio, è brutto vocabolo; brutto proverbio sarà quello che dice, oleum et opera amisimus: ed a Demostene non lo studio per la lucerna, ma la puzza per l'olio sarà buttato in occhio.

Virgilio dice delle teste di Eurialo e Niso Tabe fluentia capita.

Nella seconda Tusculana dice di voler parlar del dolore, non per semplice narrazione, ma introducendo se, ed altrui a parlarne. ecco come l'oratore introducendo se in dialogo a parlare, non narra semplicemente. che farà dunque di Dante poeta introduttor di se stesso?

Ciceron dice che farà frutto parlando, se troverà l'animo dell' uditor ben disposto ad ascoltare. così di tu al Senese parlando di Dante.

Forse anticamente Teogni e Simonide erano poeti della virtù. però di quello abbondantemente parlano, ed intorno a' detti loro disputano i filosofi; come Socrate e Protagora del verso di Simonide.

Del privilegio de' poeti vedi nella terza Tusculana car. 365.

Della novità de' vocaboli vedi Cicerone nella Accademica car. 18. per totam, e che 'l verisimile non sia il proprio del poeta, ma piuttosto del disputante e del filosofo, vedi Cicerone nella quinta Tusculana car. 429.

Dice Macrobio, Virgilio nell' Eneide molte volte, come erudito del ponteficio jure, avere etiam usato il modo del dire appropriato a quello. e così Dante parlando latino nelle cose religiose, le quali la chiesa vuole anzi barbare, e per l'antichità loro onorate, che latinissime, come fece il Flaminio. ed il Peretto legge il testo d'Aristotile anzi latino barbaramente, che latino Ciceroniamente.

Per difesa di Dante, ove è ripreso di usar similitudini basse e vili, vedi come orasse Farinata nel consiglio di tutte le città di Toscana, ed in materia di disfar Fiorenza: vedi Gio: Villani nel capo 83. del libro sesto: Come asino sape ec. e Menenio Agrippa con favole ed apologi, come di Esopo, per accordar populo e nobili in Roma: perchè tali cose quanto sono più usate e note, benchè vili, tanto più persuadono. vedi i proverbi di Salomone.

Passa dello Alunno e del Muzio.

Che costume è in Virgilio e nella Iliade?

Oscurità in Virgilio non solo nella Eneide, ma nella Georgica. e dì che vada a legger l' Ancroja, il Tasso, il Furioso; lasci Dante ammonito da lui nel canto secondo del Paradiso.

Invettiva contra Toscani e questo secolo, che Siudica le composizioni.

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