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Fiero non si contenne più, e corsole sopra, le afferrò subito quelle chiavi.

La madre sagrestana mandò un acuto strido; Arrighetto e Nino le posero un bavaglio prontamente alla bocca e le fermarono le mani; onde il Fiero districò ratto il materozzolo, e:

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la minacciò col mazzo delle chiavi al viso, perchè ne andrebbe della vostra vita.

Non istate a gridar, od a far altro;

Sciocco,

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disse Arrighetto non vedi tu che la è sorda come una talpa e che non può intendere i tuoi sermoni?

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Risero tutti e tre, e si limitarono quindi a farle visacci e gesti minacciosi, che ben comprese la monaca conversa, che si volesse il silenzio da essi. - Quale è la chiave della porta publica della chiesa? domandò il Fiero.

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La sagrestana, che non aveva neppur fiato di pronunciar parola, indicò colla mano le due chiavi più grosse.

Il Fiero e Nino di Mugello si incamminarono alla porta, Arrighetto tenne per prudenza compagnia a quella madre spaventata.

Messer Corso, il Farinata e gli altri cinque scherani vennero presto introdotti in chiesa, e seguendo il Fiero e Nino, mossero essi pure alla sacristia.

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Ora si fe' a parlare il Donati conviene che costei ci dica per qual parte si vada al chio

stro e dove sia il quartiere delle novizze. Ohe, comare!

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fattosi all'orecchio di lei, gridolle a più alta voce: l'appartamento delle novizze, avete capito?

dov'è?

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Oh, Santa Chiara! e che si vuol mai da

ste povere colombe?

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que

Tôrne una dalle vostre unghie - urlò al

l'orecchio di lei Arrighetto

mento? sbrighiamoci.

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dov'è l'apparta

La sagrestana vide che non vi fosse più strada a scampo, e già aveva scelto la chiave che menava al chiostro, quando, per temporeggiare, chiese: E chi cercate voi?

Piccarda Donati

ser Corso delle novizze.

rispose ad alta voce mes

Quella buona monaca si lasciò andare, udendo tal nome, in ginocchio, pregando:

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Deh! lasciate in pace quella poveretta, che

è così grama in salute, che ne morirebbe di certo. Meno ciarle, sbrighiamoci! — gridò il Fa

rinata.

scla

O Santa Chiara! o San Francesco! mava la sagrestana, ed entrava co' masnadieri nel chiostro, che già era stato dal Fiero aperto.

- La cella di Piccarda? - domandò nuovamente Corso.

La monaca tuttavia esitava e tremava.

suo.

Non temete, io sono Corso Donati fratello

Ella allora respirò, poichè le sembrasse minore la profanazione, e rispose:

La prima di quel corritojo.

Allora, dietro un cenno di Corso, il Farinata respinse la sagrestana in una camera, per la quale erano appena passati e ve la chiuse dentro.

Giunti i masnadieri all'indicato corritojo, che trovarono serrato, nè rinvenendovi la chiave, perchè fosse per avventura chiuso al di dentro, colle leve cavarono gli arpioni della porta dalle bandelle, e poterono così penetrare senza grande fatica.

Messer Corso pianamente allora ordinò che tutti uscissero di nuovo e si restassero al di fuori dell'appartamento delle novizze.

Piccarda aveva posto orecchio, e udito quello strepito; ma come mai avrebbe potuto sospettare quella sacrilega profanazione? Pensando che potesse essere già l'ora del mattutino, e che l'abbadessa venisse a sollecitarla all'officio divino, ratta balzò dal suo letticciuolo e indossò la tonaca e con eguale prestezza avvolse il capo nel velo.

In quell'istante, ella intese bussare leggermente all'uscio della sua cella. Piccarda accorse, tirò il chiavistello, ed alla luce del lumicino, che ardeva in un angolo della sua cameretta, tostamente potè conoscere che un uomo era su quella soglia.

Gettò la novizza uno strido acutissimo e, indietreggiando, rovesciò svenuta per lo spevento sul povero suo letto.

Messer Corso fe' entrare il Farinata e il Barbogio, e comandò loro:

Affido a voi la mia sorella, e fate di trasportarla con ogni riguardo alle mie case. Si caricarono que' due della svenuta Piccarda, Corso tolse la coperta del letticciuolo e ne la avvolse, indi essi uscirono.

Poco dopo, essendo que' ribaldi profanatori partiti, tutto ricadde nel monistero nel più profondo silenzio nessun' altra novizza avendo ascoltato nè il rumore della porta rovesciata, nè quello dello strido di Piccarda; o forse, se udito, avendolo attribuito ad accidenti della via, sulla quale riuscivano le anguste finestre delle celle del noviziato, non se ne diedero pensiero di sorta.

VII:

Come orologio che ne chiami Nell'ora che la sposa di Dio surge A mattinar lo sposo, perchè l'ami. Parad. c. X, v. 139-141.

La povera madre sagrestana, dopo che si vide passar innanzi di ritorno Corso, il Farinata e gli altri suoi scherani, carichi dell'agognata preda, e trovò ch'essi più non s'erano curati di richiudere, s'avventurò, ad uscire di quella camera, riavviandosi tastone alla sagrestia, dove stavano bruciando i rimasugli d'un cero, ch'era il medesimo ch'ella aveva acceso, e di cui s'erano valsi i ribaldi. Tutta tremante ancora, e più morta che viva, quasi senza pur sapere che mai si facesse, girava gli occhi

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