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almeno in tutte quelle parti dove civiltà incominciava ad intromettersi e dirozzare le genti, e chi nell' un modo e chi nell'altro salutava nella letizia la stagione de' fiori. Certo gli è questo gentil pensiero degli uomini, che non più disturbati dal gelo del verno. nè dall'impeto de' venti, ma consolati dai miti e tiepidi zeffiretti, da una natura sorridente per colline e praterie verdeggianti e fiorite, da un cielo sgombro dalle nebbie sereno, sollevano la mente alla gioja e sentonsi quasi rinnovellati, gli spiriti ed accesi di poesia, come rinnovellata appare la natura. A' nostri giorni l'ordine delle stagioni vediamo presso che rotto e sconvolto: il sereno, i zeffiri, i fiori e tutte l'altre delizie del maggio e della primavera per noi non esistono che nella mente de'poeti o ne' libri; e però la costumanza di festeggiar questo mese andò, non altrimenti che ogni gentile consuetudine del passato, quasi interamente perduta.

Il secolo piega a' traffici: la poesia è merce fallita, e a que' pochi che la coltivano tuttavia vorrebbesi dalla sapienza de' mercanti consigliare l'elleboro per generosa carità.

In Firenze specialmente, nel tempo a cui si riporta la narrazion mia, come la città che il nome stesso indica in mezzo de'fiori, poichè in antico assai spesso si chiamasse Fiorenza, e che meglio pe'circostanti poggi ammantati risentiva della pri

mavera, correva nelle famiglie la bella consuetudine di raccogliere i parenti ed aderenti a festeggiare il primo di maggio; onde la festa si chiamasse appunto di calendimaggio.

Folco Portinari figliuol di Ricovero 'era uomo di gran ricapito a que' tempi ed assai orrevole cittadino, per le molte pietose opere che aveva già fatte a beneficio del Comune, e per una certa sua natural splendidezza; ed in quest'anno pensava egli salutar con maggior pompa la primavera. Il perchè, aveva adoperato che tutti i consorti suoi convenissero in sua casa e molti anche de' vicini del sestiere; onde vi si dovessero veder congregati gli Allighieri, i Donati, i Sacchetti, i Cavalcanti, i Caponsacchi e tal altra illustre famiglia.

Dal buon mattino Madonna Cilia di Gherardo de' Caponsacchi, moglie di Folco, era però affaccendata a dar sesto alla casa ed adornarla come comportasse la solennità di quel giorno. Parecchie giovanette fioraje avevano recato a lei di molti

4 Luciano Scarabelli, nelle sue note all'Ammirato, dice di costui « Folco Portinari figliuol di Ricovero! Questo patronimico io non credo nome umano, ma d'origine locale. Forse egli fu esposto alla carità pubblica... ecc. » Ma io credo fargli osservare a siffatto proposito, che nelle storie fiorentine assai spesso avvenga che si trovi usato questo nome di Ricovero, anche aggiunto á nomi di illustre famiglia; onde non possa aversi per argomento che Folco Portinari si abbia a ritenere per un trovatello. I Portinari erano una famiglia distinta ed antica di Firenze: tanto si raccoglie da' biografi di Dante: nessuno poi degli storici lo mise un tratto in dubbio.

canestri di fiori, composti a mazzi, a corone, a festoni e sciolti, ed ella gli andava qua e là per una ricca sala disponendo, sì che in breve quel luogo si tramutasse in un vero incanto, in un paradiso, sì vago era lo screzio di que'freschi fiori, sì grato e soaye il profumo che diffondevano allo intorno.

Non era molto alta la mattina, quando i consorti, colle loro donne attillate a festa, incominciarono ad entrare in casa i Portinari. Seco loro, vispi e gaj conducevano i figliuoli, che appena fatte le dovute salutazioni a Madonna Cilia e Messer Folco, s'involavano a confondersi fra loro, a baciarsi, ed era un darsi novelle allora, un nabissare, che rassembrava un frastuono da mercato. Alquanto più tardi vennero gli Allighieri, e con essi il loro piccolo Dante.

Questi, posto piede nella sala, corse alla consorte di Messer Folco, che con trasporto se lo baciò e gli venne movendo amorevoli parole ed inchieste, a cui egli assennatamente rispondeva. Nè pareva che l'allegrezza degli altri fanciulli richiamasse punto l'attenzione di lui; perocchè a nessuno egli ponesse mente, nè s'affrettasse di mescolarsi a' loro giuochi. Ma non appena l'ebbero scorto que' ragazzi e quelle fanciullette, che, menandogli gran festa intorno, se lo tolsero in mezzo e via se lo condussero colla migliore letizia del mondo.

Venne l'ora dello asciolvere, e fur bello il vedere la mensa circondata da si onesta e numerosa brigata, e l'udirne i cari e festosi propositi, fra il rapido sparir delle vivande, e il cioncar della vernaccia; perchè molta ed allegra compagnia desti voglia al mangiare ed al bere. Primi a sgomberare di là furono i fanciulli, impazienti di rivolare a loro giuochi: quindi gli uomini, che avevano ufficio alcuno o nel Comune od altrimenti, i quali, lasciando le loro donne, s'accommiatarono, per ritornare ad ora più tarda.

Dante, presso un capace paniere colmo di viole, di rose, di mughetto, di betulle, d'azalee e d'altri fiori d'ogni famiglia e colore e d'erbe odorose, destramente si occupava scegliendo fior da fiore, e ritenendoli mano mano in un mazzo, che già prometteva riescir leggiadro: tanto era il gusto che nell'accoppiamento de'colori già traspariva; e più d'una fanciulletta erasi approssimata a Dante, ad ammirarne l'abilità e fors'anco nella speranza di poscia possedere quella bella composizione: ognuna agevolmente immaginando che poi dovesse essere da lui a taluna di loro donato.

L'ultima verbena era messa, l'ultimo rododendro aggiunto: le larghe foglie della cardenia, a tener viemeglio unito e saldo quel vago assortimento di fiori, già circondavanlo; il mazzo infine era compiuto e Dante lo stava una volta ancora riguardando, e le sue pallide gote s'inco

loravano, perocchè in quel punto nel suo povero cuore sorgesse lotta di contrarj affetti. La giovinetta cui farne dono era già da lui scelta, si; ma il donarlo al cospetto di tutti, a lui pareva già tradire la preferente simpatia, pareva offendere il dilicato sentire della fanciulletta stessa: da che il pudore considerasse egli in giovinetta come gentile fiorellino che s'offenda al soverchio bagliore del sole ed ami luogo appartato ed ombre amiche; ma poi, vincendo il pensiero che costei fosse inoltre la figliuola del signore della casa, che là avevali convitati, onde il proprio divisamento fosse altresì dovere di cortesia, fattosi innanzi a Bice, la figliuola appunto di messer Folco e di Madonna Cilia, quasi tremando di quell'atto, presentandole il mazzo, parlò:

A te, o bellissima Bice, si conviene questo mazzo di bellissimi fiori.

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Beatrice, o Bice, come da tutti la si chiamasse per vezzo, ' era una leggiadra fanciulletta, la quale non poteva avere varcato l'ottavo anno di sua vita; giacchè ci abbiano lasciato scritto nascesse ella nell'anno 1266. Benvenuto da Imola narra nel suo latino' commento della Divina Commedia che egli leggeva in Bologna nel 1375, come cotesta figliuola

Che così venisse per tutti appellata di messer Folco, lo testimonia Dante medesimo in que' versi del Paradiso :

Ma quella reverenza che s' indonna
Di tutto me, pur per B e per ICE.

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