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I.

Ahi Costantin, di quanto duol fu matre
Non la tua conversion.

Inferno. Canto XIX, v. 115.

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Quelle rade volte che m'occorse veder tavole e pareti frescate a Santi e Madonne in campo d'oro, con quella vergine ed ingenua semplicità che appartiene a' primi secoli della pittura italiana, con quelle pose venerevoli, col colorito non dubbio ancora a' di nostri, colle aureole della santità intorno il capo, co' detti scritturali spesso uscenti dalla bocca, ad indicarne il concetto, e spesso avuti

fra le mani a mo' di leggenda, ' io mi provai sempre una tale sensazione di piacere, che non valgo adesso a definir con parole. Oh! ben sapevasi allora assegnare a quelle figure di devozione quella religiosa virtualità che vi induceva a reverenza, che vi forzava a piegar le ginocchia, che vi poneva sul labbro la calda preghiera; non già come di presente, in cui a'Santi ed alle Madonne che si portano alle pubbliche mostre di Belle Arti, o che si appendono nelle chiese, potreste, come v'aggrada, sottoscrivere qualsivoglia nome profano, che dir si vorrebbe lo stesso: indegna profanazione che a voi, desiosi di raccoglimento e di adorazione, non di rado assegna per culto le forme e l'avvenenza di celebri peccatrici o gli aspetti di ignobili libertini.

1 L'invenzione, o spediente di porre ne'quadri liste o detti, viene attribuito comunemente a Buffalmacco; ma esso è ben anteriore. In Napoli, trovo nella Storia degli Italiani di Cesare Cantù, vedeasi Federico II in trono, e Pier Dalle Vigne in cattedra, e lor davanti il popolo, che chiedeva giustizia con questi versi:

Cæsar amor legum, Federice piissime regum,
Causarum telas, nostras resolve querelas;

e Federico, additando Pietro, rispondeva:

Pro vestra lite censorem juris adite:

Hic est, jura dabit, vel per me danda rogabit;

e a Pietro usciva di bocca:

Vinea cognomen, Petrus judex est tibi nomen.

Più tardi, Simon Memmi, l'amico del Petrarca, volendo esprimere che inutilmente il diavolo tentava San Ranieri, dipinse quello col capo basso e gli occhi coperti dalla mano, e di bocca gli usciva: Ohimè, non posso più.

Ma allora l'arte, ajutata dalla Fede, redimevasi dalla greca goffaggine e dal barocco; mentre adesso novellamente a questo si inchina; perchè la vocazione all'arti belle vien reputata, per somma nostra sventura, vocazione di tutti, e il capriccioso vero si prende unicamente a modello, scompagnato però da quello studio e da quella dottrina ch' esser dovrebbe di norma nella scelta di esso.

Oh, se pur fosse possibile che ancora una volta morendo la Pittura, rinascer quindi ella dovesse rinnovellata ed alle prime leggi ed alla prima purezza ricondotta, io le vorrei di buon grado chiudere gli occhi e dirle requie; appunto siccome avvenne nel nostro paese in antico!

Lo che voglio dire, senza detrarre al merito di quegli egregi, e son pochi, che trattano la pittura anche oggidì, stretti all'antica severità di discipline, e che sembran meglio a'passati tempi appartenere, che non agli attuali, in cui la più parte ha traviato, colpa la superbia di quegli scozzonati, che pur si dicono maestri, i quali distoglier vogliono l'animo degli iniziati all'arte dallo studio e dal rispetto dovuto a' classici dipintori dell'antichità.

Non si creda ch'io qui presuma dar ad intendere che l'arte fosse allora condotta alla perfezione, quando appunto i pittori usarono nelle opere e le aureole dorate, e le leggende fuggenti dalla bocca de' loro santi e tal altra cosa; mai no: chè sarebbe voler guidarla a rimorchio da quel culmine glorioso cui

l'hanno portata e Raffaello, e Tiziano, e Correggio e tutta la immortale schiera degli artisti italiani di cui l'Italia abbondò ne'secoli decimoquinto e decimosesto.

Le opere del decimoterzo e decimoquarto secolo in me destavano mai sempre il predetto senso di piacere, come quelle che già m'additassero splendido d'un tratto il mattino dell'arte, e me persuadessero viemeglio come quella prima età non soltanto ne' politici avvenimenti fosse di preparazione alle successive, ma e nelle scienze, e nelle lettere, e nelle arti eziandio.

E poichè or siamo a dir di queste ultime, avanti giungere a favellare di Giotto, il vero restitutore dell'arte italiana, e ch' io tolsi però a subbietto per ragionar della pittura nel secolo di Dante, mi conviene toccare alquanto de' tempi precedenti, anzi delle fasi e condizioni in Italia subíte dall'arte fin dalle origini; perocchè segnando, come dissi altrove, il decimoterzo secolo il principio della medesima, quale venne infino a noi, sia opportuno alla storia il conoscere come si trovasse dapprima, come in seguito si estinguesse, per venir poscia a narrare del suo risorgimento.

Fu scritto che l'Arti Belle fossero ab antico dalla Grecia in Italia importate, e coloro che non si curan di cercar più oltre, reputarono questa notizia per autentica e incontrastabile, e v'ebbero di molte istorie che registraronla per vera. Mostrerò

a suo luogo che l'Architettura e che la Scoltura partirono prima d'Italia alle altre nazioni; adesso per la Pittura accennerò che avanti la fondazione di Roma fosse giunta fra noi a stato di perfezione; che Plinio il vecchio racconta aver veduto in Cere, in Ardea ed in Lanuvio sulle mura di templi già rovinati pitture più antiche di Roma, di sì squisita freschezza, che sembrassero dipinte il dì innanzi 1; e che si sa per le storie e pe' musei tuttora esistenti, come vasi di terra cotta egregiamente si dipingessero fra noi; mentre in Grecia tuttavia fosse tanto bambina ancora la pittura, che, al dir di Eliano, dipingendosi da essi paesi ed animali, perchè il riguardante non s'ingannasse sulla specie loro, scrivessero sotto alla figura: questo è un asino, questo è un albero 2.

Ma come avviene che ogni umana cosa invecchi e perda di suo valore e muoja; così la pittura cotanto splendida, come ho notato, venne mano mano a scadere: egual sorte toccata alle altre arti sorelle: corrotte poi tutte ancor più a' tempi dell'imperatore Costantino. Ma ho già osservato, nel parlar delle lettere, che, al partirsi di questo imperatore dall' Italia, languisse dapprima e poscia si spegnesse affatto ogni lume di civiltà; e così

1 Plinio, Hist. nat. lib. XXXV, cap. III.

2 Eliano, lib. X. Veggasi la dotta opera, già da me lodata e citata, Delle Origini Italiche del Mazzoldi, che quasi tutte le origini delle scienze e delle arti rivendicò all'Italia. Vol. I, cap. XVIII.

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