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questi ultimi tempi disotterrate, non se ne trova, ch'io sappia, menzione alcuna; e l'autorità del Filelfo, scrittore di quasi due secoli posteriore a Dante, non è abbastanza valevole ad assicurarcene. Le due sole ambasciate fatte al re di Napoli sembran le meno improbabili. Poichè il distinto ragguaglio, ch'egli ne dà, e l'orazione, che allor tuttora esisteva da Dante fatta per la seconda, sembra che ce ne facciano certa fede. Or chi fu egli il re di Napoli, a cui Dante fu inviato due volte dalla sua patria? A mio parere ei non potè esser Roberto; poichè questi non salì al trono che l'anno 1309, e Dante cacciato dalla patria in esilio fin dall' anno 1300 non più vi fece ritorno. Ei fu dunque probabilmente Carlo II, e forse la prima ambasciata di Dante a questo Sovrano fu all' anno 1295, in cui ei venne in Firenze, e vi fu ricevuto a gran festa. Nella qual occasione, come narra Benvenuto da Imola, Dante avea allora 25 anni di età ; ma poichè è certo, ch'ei nacque nel 1265, convien qui riconoscere un errore de' copisti, e credere, che Benvenuto scrivesse 30 anni. Dell' altra ambasciata non abbiamo notizia nè congettura alcuna; ma se il Filelfo ci ha detto il vero, è verisimile, ch'ella avvenisse in uno degli anni seguenti, che precederono l'esilio di Dante.

Troviamo inoltre ch'ei fu nel numero dei Priori in Firenze da' 15 di giugno fino a' 15 di agosto del 1300 (Mem. di Dante. §. 10.). Questo onorevole impiego fu fatale a Dante, perciocchè essendosi allor progettato di mandare in Firenze Carlo di Valois conte d'Angiò per acchetare le domestiche turbolenze, onde quella città era agitata e sconvolta, Dante, essendo allora Priore, opinò che tal venuta fosse per riuscir funesta alla patria, e dovesse perciò impedirsi. Ma essendo riuscito a' partigiani di Carlo di condurlo a Firenze, il partito de' Bianchi fu da lui cacciato fuor di città; e Dante, che allora era ambasciadore a Bonifacio VIII con più altri, a' 27 di gennajo del 1302 fu condennato a una multa di 8000 lire, e a due anni d'esilio, e, quando ei non pagasse la somma imposta, si ordinò che ne fossero sequestrati i beni, come in fatti avvenne; di che veggasi una più stesa narrazione confermata da autentici monumenti presso il lodato moderno scrittore della Vita di Dante (ib.). Ei fa ancora menzione di un'altra sentenza fulminata contro Dante a' 10 di marzo

dello stesso anno, parla come di semplice conferma della prima sentenza. Ma ella, a dir fu assai più severa; poichè in essa Dante, e più altri, se per lor mala sorte cadessero nelle

vero,

mani del Comun di Firenze, furon condennati ad essere arsi vivi. Di questa circostanza e di questo monumento, sconosciuto finora ad ogni altro scrittore della Vita di Dante, io son debitore alla singolar gentilezza dell' eruditissimo conte Lodovico Savioli senatore Bolognese, che avendolo scoperto nell'archivio della Comunità di Firenze l'anno 1772 ne fece trarre autentica copia, e io credo di far cosa grata a' miei lettori publicando in piè di pagina questo pregevolissimo monumento 1. Se Dante fosse vera

1 Nos Cante de Gabriellibus de Eugubio Potestas Civitatis Florentie infrascriptam condemnationis summam damus et proferimus in hunc modum.

Dominum Andream de Gherardinis.

Dominum Lapum Salterelli Judicem.

Dominum Palmerium de Altovitis.

Dominum Donatum Albertum de Sextu Porte Domus.

Lapum Dominici de Sextu Ultrarni.

Lapum Blondum de Sextu Sancti Petri majoris.

Gherardinum Diodati Populi S. Martini Episcopi.
Cursum Domini Alberti Ristori.

Junctam de Biffolis.

Lippum Becchi.

Dantem Allighierii.

Orlanduccium Orlandi.

Ser Simonem Guidalotti de Sextu Ultrarni.

Ser Ghuccium Medicum de Sextu Porte Domus.

Guidonem Brunum de Falconeriis de Sextu S. Petri.

Contra quos processimus, et per inquisitionem ex nostro Officio

mente reo delle baratterie che gli vengono apposte, non è sì facile a definire. Io credo che in quei tempi di turbolenze e di dissensioni fosse assai frequente l'apporre falsi delitti, e che

et Curie nostre factam super eo et ex eo quod ad aures nostras et ipsius Curie nostre pervenerit fama publica precedente, quod cum ipsi et eorum quilibet nomine et occasione baracteriarum iniquarum, extorsionum, et illicitorum lucrorum fuerint condemnati, ut in ipsis condemnationibus docetur apertius, condemnationes easdem ipsi vel eorum aliquis termino assignato non solverint. Qui omnes et singuli per nuntium Comunis Florentie citati et requisiti fuerunt legiptime, ut certo termino jam elapso mandatis nostris parituri venire deberent, et se a premissa inquisitione protinus excusarent. Qui non venientes per Clarum Clarissimi publicum Bapnitorem posuisse in bapnum Comunis Florentie subscriterunt (ita) in quod incurrentes eosdem absentis (ita) contumacia innodavit, ut hec omnia nostre Curie latius acta tenent. Ipsos et ipsorum quemlibet ideo habitos ex ipsorum contumacia pro confessis, secundum jura statutorum et ordinamentorum Communis et populi Civitatis Florentie, et ex vigore nostri arbitrii, et omni modo et jure, quibus melius possumus, ut si quis predictorum ullo tempore in fortiam dicti Communis pervenerit, talis perveniens igne comburatur sic quod moriatur, in hiis scriptis sententialiter condemnamus.

Lata, pronuntiata, et promulgata fuit dicta condemnationis summa per dictum Cantem Potestatem predictum pro tribunali sedentem in Consilio Generali Civitatis Florentie, et lectum per me Bonorum Notarium supradictum sub anno Domini milesimo tercentesimo secundo Indictione XV, tempore Domini Bonifatii Pape octavi die decimo mensis Martii presentibus testibus Ser Masio de Eugubio, Ser Bernardo de Camerino Notariis dicti Domini Potestatis, et pluribus aliis in eodem Consilio existentibus.

questi facilmente e volentieri si credessero da coloro che voleano sfogare il lor mal talento contro i loro nimici. Egli è però questo l'unico monumento, ch'io sappia, in cui si veda a tal delitto assegnata tal ed esso ci pruova il furore, con cui i due contrari partiti si andavano lacerando l'un l'altro.

pena;

Ove si andasse Dante aggirando nel tempo del suo esilio, è cosa difficile a stabilir con certezza. Quelle parole ch'ei pone in bocca di Cacciaguida nel predirgli, che questi fa le sventure che dovea incontrare:

Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello
Sarà la cortesia del gran Lombardo

Che 'n su la scala

porta il santo uccello. (Parad. c. xvII. v.

70. ec.)

han fatto credere ad alcuni ch'ei tosto se ne andasse alla corte degli Scaligeri in Verona. Ma è certo che Dante per qualche tempo non abbandonò la Toscana, finchè i Bianchi si poterono lusingare di rimetter piede in Firenze, cosa più volte da essi tentata, ma sempre in vano. Ei fu dapprima in Arezzo, come narra Leonardo Bruni, ed ivi conobbe Bosone da Gubbio, da cui fu poscia alloggiato, come fra poco diremo; ed è probabile che l'anno 1304 egli entrasse

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