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SONETTO XX.

Alla medesima donna gentile '.

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Color d' Amore, e di pietà sembianti

Non preser mai così mirabilmente

Viso di donna, per veder sovente

Occhi gentili, e dolorosi pianti ;

Come lo vostro, qualora davanti
Vedetevi la mia labbia dolente;
Sicchè per voi mi vien cosa alla mente,
Ch'i' temo forte, non lo cor si schianti.

Io non posso tener gli occhi distrutti,
Che non riguardin voi spesse fiate,
Pel desiderio di pianger, ch' egli hanno.

E voi crescete sì lor volontate,
Che della voglia si consuman tutti;
Ma lacrimar dinanzi a voi non sanno.

Avvenne poi che là dovunque questa donna mi vedea, si facea d'una vista così pietosa e d'un color pallido, quasi come d'Amore; onde molte volte mi ricordava della mia nobilissima donna che di simile colore si mostrava. (DANT. V. N.)

SONETTO XXI.

Nello stesso argomento 1.

L'amaro lacrimar che voi faceste,
Occhi miei, così lunga stagione,
Facean maravigliar l' altre persone
Della pietate, come voi vedeste.

Ora mi par, che voi l'obliereste,
S'io fossi dal mio lato sì fellone,
Ch'i' non ven disturbassi ogni cagione,
Membrandovi colei, cui voi piangeste.

La vostra vanità mi fa

pensare, Espaventami sì, ch'i' temo forte

Del viso d' una donna che vi mira.

d'una

Voi non dovreste mai, se non per morte La nostra donna, ch' è morta, obliare. Così dice il mio core; e poi sospira.

Io venni a tanto per la vista di questa donna, che gli occhi miei si cominciarono a dilettare troppo di vederla ; onde molte volte me ne crucciava nel mio cuore. (DANT. V. N.)

SONETTO XXII.

Battaglia di pensieri pel nuovo amore.

Gentil pensiero, che parla di vui,
Sen vien a dimorar meco sovente;
E ragiona d'Amor si dolcemente,
Che face consentir lo core in lui.

L'Anima dice al cor: chi è costui,
Che viene a consolar la nostra mente?
Ed è la sua virtù tanto possente,
Ch'altro pensier non lascia star con nui?

Ei le risponde: o anima pensosa,
Questi è uno spiritel nuovo d'Amore,
Che reca innanzi me li suoi disiri:

E la sua vita, e tutto il suo valore, Mosse dagli occhi di quella pietosa, Che si turbava de' nostri martiri1.

Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima comincio a dire a questa donna, come 'l mio desiderio si volge tutto verso lei. Nella seconda dico, come l'Anima, cioè la ragione, dice al cuore, cioè all' appetito. Nella terza dico, com' egli risponde. (DANT. V. N.)

SONETTO XXIII.

La rimembranza di Beatrice combatte e vince il desiderio importuno di nuovo amoré.

Lasso! per forza di molti sospiri,

Che nascon de' pensier che son nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.

E fatti son, che pajon due disiri
Di lacrimare, e di mostrar dolore;
spesse volte piangon sì, ch' Amore
Gli cerchia di corona di martiri'.

E

Questi pensieri, e li sospir ch'i' gitto,
Diventan dentro al cor sì angosciosi,
Ch' Amor vi tramortisce, sì glien duole:

Perocch' egli hanno in se, si dolorosi,
Quel dolce nome di Madonna scritto,
E della morte sua molte parole.

E spesso avvenia, che per lo lungo continuare del pianto, dintorno a loro si facea un colore purpureo; lo quale suole apparire par alcuno martiro ch'altri riceva.

(DANT. V. N.)

SONETTO XXIV.

Ad alquanti pellegrini che andando a Roma, onde contemplare il Santo Volto, passavano per Firenze.

Deh peregrini, che pensosi andate,
Forse di cosa che non v'è presente 1;
Venite voi di sì lontana gente,
Come alla vista voi ne dimostrate?

Che non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che niente
Par che 'ntendesser la sua gravitate 2?

Se voi restate, per volere udire;
Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lacrimando n' uscirete pui.

Ella ha perduta la sua Beatrice :
E le parole, ch'uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

Che essi forse pensano di loro amici lontani, li quali noi
(DANT. V. N.)

non conoscemo.

2 Cioè il suo grave affanno.

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