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Mira quanto ella è pietosa e umile,
Saggia e cortese nella sua grandezza:
E pensa di chiamarla donna omai;
Che, se tu non t'inganni, tu vedrai
Di sì alti miracoli adornezza,

Che tu dirai: Amor, signor verace,
Ecco l'Ancilla tua; fa che ti piace.

Canzone, i' credo, che saranno radi.
Color che tua ragione intendan bene,
Tanto lor parli faticosa e forte;
Onde, se per ventura egli addiviene,
Che tu dinanzi da persone vadi,
Che non ti pajan d'essa bene accorte;
Allor ti priego che ti riconforte,
Dicendo lor, diletta mia novella :

Ponete mente almen ', com' io son bella.

La bontà e la bellezza di ciascuno sermone sono intra loro partite e diverse; che la bontà è nella sentenza, e la bellezza nell' ornamento delle parole. (DANT. CONV.)

CANZONE VII.

Eccellenza della donna onde venne il Poeta dal primo amore mutato.

Amor, che nella mente mi ragiona
Della mia donna disiosamente,
Move cose di lei meco sovente,
Che lo 'ntelletto sovr' esse disvia.
Lo suo parlar sì dolcemente sona,
Che l'anima, ch' ascolta, e che lo sente 1,
Dice: o me lassa, ch' io non son possente
Di dir quel ch'odo della donna mia!
E certo e' mi conven lasciare in pria,
S'i' vo' trattar di quel ch'odo di lei,
Ciò che lo mio intelletto non comprende:
E di quel che s' intende,

Gran parte, perchè dirlo non saprei.
Dunque se le mie rime avran difetto,
Ch'entraron nella loda di costei;

Di ciò si biasmi il debole intelletto,

1 Ascoltare, quanto alle parole, e sentire quanto alla dol

cezza del suono.

(DANT. CONV.)

El parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore.

Non vede 'l Sol, che tutto 'l mondo gira,
Cosa tanto gentil, quanto 'n quell'ora
Che luce nella parte ove dimora
La donna, di cui dire Amor mi face.
Ogni 'ntelletto di lassù la mira1:
E quella gente che qui s'innamora 2,
a2,
Ne' lor pensieri la truovano ancora,
Quand' Amor fa sentir della sua pace.
Su' esser tanto a que' che gliel dà, piace,
Che 'nfonde sempre in lei la sua vertute,
Oltre il domando di nostra natura 3.
La su' anima pura,

Che riceve da lui questa salute,

Lo manifesta in quel che la conduce;
Che 'n sue bellezze son cose vedute,
Che gli occhi di color, dov' ella luce,

1 Gli Angioli la rimirano, perch' ella è così fatta come l'esemplo intenzionale che della umana essenza è nella Divina mente. (DANT. CONV.)

2 Le anime gentili. Quant' esse più son perfette, ed hanno per la virtù la pace del cuore, tanto maggiormente desiderano la perfezione, e in conseguenza ne' lor pensieri truovano lei che tutti i pregi racchiude.

3 Mostro che non solamente questa donna è perfettissima nella umana generazione, ma più che perfettissima, in quanto riceve dalla Divina bontà oltre il debito umano.

(DANT. CONV.)

Ne mandan messi al cor pien di disiri,
Che prendon aere, e diventan sospiri.

In lei discende la virtù divina,
Siccome face in Angelo, che 'l vede:
E qual donna' gentil questo non crede,
Parli con lei, e miri gli atti sui.
Quivi, dov' ella parla, si dichina
Un Angiolo di ciel, che reca fede,
Come l'alto valor ch' ella possiede,
È oltre a quel che si conviene a nui.
Gli atti soavi ch' ella mostra altrui,

Vanno chiamando Amor, ciascuno a prova,
In quella voce che la fa sentire.

Di costei si può dire :

Gentil è in donna, ciocchè 'n lei si truova :

E bello è tanto quanto lei simiglia.

E puossi dir, che 'l suo aspetto giova
A consentir ciò che par maraviglia;
Onde la fede nostra è ajutata2 :
Però fu tal da eterno creata.

'Non dico qual uomo, perocchè più onestamente per le donne si prende sperienza, che per l'uomo. (DANT. Conv.)

2 Essendo ella eccellentissima cosa, l' intelligenza dimostra e la bontà del Creatore, e così ajuta la nostra fede.

Essendo ella una cosa visibilmente miracolosa (spiega l' Autore) ci fa veder possibili gli altri miracoli, che della Fede sono il principal fondamento.

Cose appariscon nello suo aspetto,
Che mostran de' piacer del Paradiso;
Dico negli occhi e nel suo dolce riso,
Che le vi reca Amor, com' a suo loco.
Elle soverchian lo nostro intelletto,
Come raggio di sole in frale viso;
E perch' io non le posso mirar fiso,
Mi convien contentar di dirne poco.
Sua biltà piove fiammelle di fuoco,
Animate d' un spirito gentile,
Ch' è criatore d'ogni pensier bono:
E rompon come tuono

Gl'innati vizi1 che fanno altrui vile.
Però qual donna sente sua biltate
Biasmar, per non parer queta e umile;
Miri costei, ch' è asemplo d' umiltate.
Quest' è colei, ch' umilia ogni perverso :
Costei pensò, chi mosse l' Universo".

Canzone, e' par, che tu parli contraro
Al dir d'una Sorella che tu hai 3;

■ Certi vizi sono nell' uomo, alli quali naturalmente egli è disposto; siccome alcuni per complessione collerica sono ad ira disposti: e questi cotali vizi io chiamo innati, cioè connaturali. (DANT. CONV.)

2 Cioè Iddio; per dare a intendere che per divino proponimento la natura cotale effetto produsse. (DANT. Conv.)

3 Si scusa d'una Ballatetta, che avea composta prima, e nella quale si lamentava di lei (ved. pag. 107).

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