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Che questa donna, che tant' umil fai,
Ella la chiama fera e disdegnosa.

Tu sai, che 'l ciel sempr' è lucente e chiaro,
E quanto in se non si turba giammai;
Ma li nostr' occhi, per cagioni assai,
Chiaman la stella talor tenebrosa :
Così quand' ella la chiama orgogliosa,
Non considera lei secondo 'l vero',

Ma

pur secondo quel che a lei

Che l'anima temea,

parea;

E teme ancora sì, che mi par fero,
Quantunque io veggia là ov' ella mi sente.
Così ti scusa, se ti fa mestiero;

E quando poi a lei ti rappresente,
Dirai: Madonna, s'ello v'è a grato,
Io parlerò di voi in ciascun lato.

'Come la nube fa parer a' nostri occhi che il sole si oscuri, benchè rimanga in se lucidissimo; così la passione all' amante

fa

parer fero e disdegnoso il sembiante onesto.

CANZONE VIII.

CONTRA GLI ERRANTI.

Differisce il cantar d'Amore, e ricerca qual sia la vera nobiltà degli uomini.

Le dolci rime d'Amor, ch'i' solia

Cercar ne' miei pensieri,

Convien ch i' lasci, non perch'i' non speri

Ad esse ritornare;

Ma perchè gli atti disdegnosi e feri,
Che nella donna mia

Sono appariti, m'han chiuso la via

Dell' usato parlare:

E poichè tempo mi par ď

aspettare,

Diporrò giù lo mio soave stile,

Ch'i' ho tenuto nel trattar d'Amore,

E dirò del valore,

Per lo qual veramente uomo è gentile,

',

Con rima aspra e sottile 1,

1 Dico aspra, quanto al suono del dettato, che a tanta materia non conviene essere leno; e dico sottile, quanto alla sentenzia delle parole, che sottilmente argomentando e disputando procedono. (DANT. CONV.)

Riprovando il giudicio falso e vile'
Di que' che voglion, che di gentilezza
Sia principio ricchezza:

E cominciando, chiamo quel signore
Ch' alla mia donna negli occhi dimora,
Perch'ella di se stessa s'innamora 2.

3 Tale imperò, che gentilezza volse, Secondo 'l suo parere,

Che fosse antica possession d' avere,
Con reggimenti belli :

E altri fu di più lieve sapere,
Che tal detto rivolse,

E l'ultima particola ne tolse;

Che non l'avea fors' elli.

1 Falso, cioè rimosso dalla verità, e vile, cioè da viltà d'animo affermato e fortificato. (DANT. CONV.)

2 Per questa sua donna intende la Filosofia, che è premio a se stessa. Quel signore è il vero. « Chiamo, dice Dante, la ve «rità che sia meco, la quale è quel signore, che negli occhi « cioè nelle dimostrazioni della Filosofia dimora e ben è si"gnore; che a lei disposata l'anima, è donna; altrimenti è « serva, fuori d'ogni libertà, »

:

3 Tale imperò ec. Federigo di Soave, Imperador de' Romani, domandato che fosse nobiltà, rispose, ch'era antica ricchezza, e belli costumi. E altri fu di più lieve sapere, che altri pensando e rivolgendo questa diffinizione in ogni parte, levò via l'ultima particola, cioè i belli costumi (perchè forse non li aveva), e la definì semplicemente: possessione d'antica ricchezza. Di dietro da costui ec. E questa opinione è quasi di tutti.

:

Di dietro da costui van tutti quelli
Che fan gentili per ischiatta altrui,

Che lungamente in gran ricchezza è stata;
Ed è tanto indurata

La così falsa opinion tra nui,

Che l' uom chiama colui

Uomo gentil, che può dicere i' fui
Nipote o figlio di cotal valente;
Benchè sia da niente:

1 Ma vilissimo sembra, a chi 'l ver guata,
Cui è scorto il cammino, e poscia l'erra;
E tocca tal, ch'è morto, e va per terra.

2 Chi diffinisce : uomo è legno animato; Prima dice non vero,

E dopo 'l falso parla non intero;

Ma vilissimo ec. Ma chi si torce dal buon cammino che i suoi antecessori gli hanno mostrato, è degno del maggior biasimo, e somiglia a tale ch'è morto come uomo, avendo perduto la ragione, e va per terra come animale bruto. « Potrebbe « alcuno dire (dice Dante): come è morto, e va? Rispondo, « che è morto, e rimaso bestia. »

2 Confuta la diffinizione dell' Imperador Federigo, e dice: Chi diffinisce ec. Chi volesse l'uomo definire: legno animato ; prima direbbe falso, dicendo legno; poi parlerebbe non intero, cioè con difetto, dicendo animato, e non aggiungendo razionale. Similmente andò errato nella sua diffinizione Federigo; che prima pose 'l falso, dicendo antica ricchezza; poi parlò con difetto, dicendo solamente belli costumi, i quali non comprendono che una piccola parte di nobiltà.

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Ma più forse non vede.

Similemente fu, chi tenne impero,

In diffinire errato,

Che prima pose 'l falso, e d' altro lato
Con difetto procede;

'Che le divizie, siccome si crede,
Non posson gentilezza dar, nè torre ;
Perocchè vili son da lor natura:
Poi chi pinge figura,

Se non può esser lei, non la può porre:
Nè la diritta torre

Fa piegar rivo che da lunge corre.
2 Che sieno vili appare e imperfette :

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nullo

1 Che le divizie ec. Aggiunge che le ricchezze non possono nè dare hè togliere nobiltà. Non posson darla, perchè son vili di "ior natura; e nessuno può dare quel che non ha; e dipintore potrebbe porre alcuna figura, se intenzionalmente non si facesse prima tale, quale la figura essere dee. » Non posson toglierla, perchè son cosa affatto separata da essa,

per

« chè lungi sono di nobiltà » : Nè la diritta torre fa piegar rivo

che da lungi corre; nè un animo veramente nobile riceve alcuna offesa dal volubile corso delle ricchezze.

2 Che sieno vili ec. La viltà di ciascuna cosa dall' imperfezione di quella si prende, e così la nobiltà dalla perfezione: onde tanto quanto la cosa è perfetta, tanto è in sua natura nobile; quanto imperfetta, tanto vile. E però se le divizie sono imperfette, manifesto è che sieno vili. E ch'elle sieno imperfette, brievemente prova il testo, quando dice: che quantunque collette (raccolte in gran quantità) non posson quietar, ma dan più cura. (DANT. CONV.)

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