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in Firenze presso il Tartini nel 1723 in 4. fra le Prose di Dante e Boccaccio, ed il Pasquali, stampator Veneto, nel 1741 pubblicò di nuovo questa operetta nel II Tomo delle Opere di Dante, e poi nel 1772 nel I Tomo delle Opere del medesimo. Una bella e corretta ristampa della Vita Nuova si trova nel IV Tomo delle Opere di Dante, Venezia 1757. appresso Antonio Zatta, e nella ristampa di questa edizione del 1760.

Non intese per altro il poeta, quando scrisse quest' opera, di voler soltanto per mezzo di essa immortalare la sua Beatrice, ma fin d'allora col suo Divino Poema, di cui aveva già concepito il disegno, promise di dire di lei quello che mai non era stato detto d' alcuna. Scrive il Boccaccio, che Dante in età provetta si vergognava di aver fatta quest' opera *); ma è ciò tanto falso, che anzi egli

mede

*) Lo dice Boccaccio nella sua Vita di Dante. Ecco le sue parole: . . . „Egli (il Dante) primieramente, duranti ancora le lagrime della sua morta Beatrice, quasi nel suo ventiseesimo anno, compose un suo vilumetto, il quale egli titolò Vita Nuova: certe Operette, siccome sono Sonetti e Canzoni, in diversi tempi davanti in rima fatti da lui, maravigliosamente belle; di sopra ciascuna partitamente ed ordinatamente scrivendo le cagioni, che a quel fine l' avevan mosso, e di dietro ponendo le divisioni delle precedenti opere. E comechè egli d'avère questo libretto fatto, negli anni più maturi si vergognasse molto, nondimeno, considerata la sua età, è egli assai bello e piacevole, e massimamente a' vulgari.“

medesimo quasi si compiacque di averla composta, siccome dall' altra intitolata Convivio apparisce, ove dice:,,E se nella presente opera, la quale è Convivio nominata, e vo' che sia, più virilmente si trattasse che nella Vita Nuova, non intendo però a quella in parte alcuna derogare, ma maggiormente giovare per questa quella, veggendo, siccome ragionevolmente, quella fervida e passionata, questa temperata e virile esser conviene."

Come è già detto nella Prefazione, abbiamo separato le divisioni de' Sonetti e Canzoni di Dante dal testo, e posto qui fra le altre dichiarazioni; ma per distingueile di queste, sono state stampate con caratteri più grandi.

Pag. 3. In quella parte del libro della mia memoria, ec. e di sotto dopo alquanti versi: lo spirito della vita cominciò, ec. Questi medesimi sentimenti furono espressi leggiadrissimamente dall' istesso Dante in una strofe d' una sua Canzone, la quale comincia: E' m' incresce di me ec. ed è la settima in nostra edizione; e dice così: Lo giorno, che costei nel mondo venne ec.

P. 5. Ella non pareva figliuola ec. la così di Elena. Iliad. III. 158.

ἀινῶς ἀθανάτησι θεῖς ἐις ὥπα ἔοικεν.

Omero par

P. 6. di pauroso aspetto, di paurevole, terribile

aspetto.

P. 8. Son. Questo Sonetto si divide in due parti. Nella prima parte saluto, e domando responsione. Nella seconda significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi: Già eran quasi. Q

Dante.

v. 6. Altre edizioni leggono: ch' ogni stella è più

lucente.

P. 9. Costui, che da Dante fu chiamato primo degli amici suoi, è Guido Cavalcante de Cavalcanti, nobilissimo gentiluomo Fiorentino ed eccellentissimo filosofo e poeta. Il Sonetto di lui ed ancora due altri, fatti in risposta di quello del Dante, si trovano nella Giunta a questo tomo, a pag. 223.

che gli aveva ciò mandato, cioè comandato. P. 11. serventese.. Il Serventese valeva appresso i rimatori antichi quanto appresso i moderni terza rima, ed era egli nome collettivo di varj caratteri lirici. Ve n' eran di stile elegiaco, di stil satirico e di burlesco.

P. 12. Son. Questo Sonetto ha due parti principali; che nella prima intendo di chiamare gli fedeli d' Amore per quelle parole di Jeremia Profeta: O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor sicut dolor meus; e pregare, che mi sofferino d' udire. Nella seconda narro, là ove Amore m' avea posto, con altro intendimento, che le estreme parti del Sonetto non mostrano; e dico ciò che io ho perduto. La seconda parte comincia: Amor, non già.

V. 11. Dio! al. Deh!

P. 14. Son. I. Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima chiamo e sollecito i fedeli d'Amore a piangere: e dico, che Signoro loro piange: e dico udendo la ca

gione perchè piange, acciocchè s'acconcino più ad ascoltarmi. Nella seconda narro la

cagione. Nella terza parlo d' alcuno onore, che amor fece a questa donna. La seconda parte comincia: Amor sente. La terza: Udite quanta.

v. 7. ciò ch' al monto è da lodare, cioè la bellezza. v. 8. al: fuora dell' onore.

v, 12. E poi riguarda, al. E riguardava.

Son. II. Questo Sonetto si divide in quattro parti. Nella prima parte ciamo la Morte per certi suoi nomi proprj. Nella se. conda, parlando di lei, dico la cagione perchè io mi muovo a biasimarla. Nella terza la vitupero. Nella quarta mi volgo a par lare ad infinita*) persona, avvegnache, quanto al mio intendimento sia diffinita. La seconda parte comincia: Poich' hai data. La terza: E se di grazia. La quarta: Chi non merta salute.

v. 5. al. Ond' io vada.

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P. 16. Son. Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima parte dico, siccome io trovai Amore, e qual mi parea. Nella seconda

*) infinita, vale qui non diffinita, indetermi nata. MS. Guicciardini legge: indiffinita.

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dico quello ch' egli mi disse, avvegnachè non compiutamente per tema, che io avea, di non iscovrire lo mio segreto. Nella terza

dico, com' egli mi disparve. comincia: Quando mi vide. lora presi.

P. 17. v. 6. al. Ch' egli disparve.

La seconda
La terza: Al-

P. 21. Ball. Questa Ballata si divide in

tre parti. Nella prima dico

se vuole sicura andare e

cuno.

a lei, ov'

ella

sanza pericolo al vada, e confortola, perch' ella vada più sicura: e dico nella cui compagnia si metta, Nella seconda dico quello che appartiene fare. Nella terza la licenzio di gire, quando vuole, raccomandando 11 La seconda parte comincia: Con dolsuo movimento nelle braccia della sua for

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ce suono. La terza: Gentil Ballata.

v. 10. al. Che forse non è ben.

a

P. 22. v. 6. voi, bisogna pronunziare vui, accordato colla rima lui, alla quale corrisponde questa parola. Gli scrittori delle poesie scrivevano le voci nella loro ordinaria maniera, onde spesse volte si trovano ne' MSS, simili desinenze, le quali pare

rendano alquanto alterata la rima.

v. 8. che la m' intendiate, che la intendiate.

che

lei

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