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bilite. Sulle stesse teorie posano egualmente la Vita Nuova, gran parte del Convito, e l'interna costruzione del Paradiso di Dante. Da ciò potete scorgere qual complesso di cose concomitanti bisogna abbracciare nell' esame che vi ho promesso: nè ciò è tutto.

Il cantor di Valchiusa fu in intimo commercio coi primi scrittori della sua età ; quindi a lui unir si debbono non solo i più illustri letterati italiani, ma anche stranieri. Ed eccoci immersi nella disamina de' Trovatori Provenzali, de' Trovieri Francesi, e de' Bardi Inglesi coevi, e principalmente del vostro vivacissimo Chaucer, scrittore arcano quanto altri mai, il quale ebbe personal relazione con Petrarca. Narra quel vostro antico classico di aver udito dalla bocca del nostro leggere la Griselda; il che probabilmente avvenne, quando, per involarsi all' ira del clero cattolico, fuggì dall' Inghilterra in Italia, e si trattenne a Padova, ove il Petrarca traeva sotto il peso degli anni le estreme giornate di sua vita. Ei ricevè da quella narrazione una impression sì forte, e diletto tale, che volle poscia riprodurla in inglese, e l'eseguì da quel gran maestro ch'egli era. Il suo racconto poetico si eleva per molti pregi sui prosaici che n'erano apparsi avanti: più anima, più colore, più natura, più condotta; ma l'essenza della finzione è la stessa. Lasciando a voi il rilevare i vantaggi dello stile della Griselda vostra, io ve ne accennerò il significato interno con ragionarvi di quelle che la precedettero; e con ciò intendo appagare in parte il vivo desiderio che ultimamente me ne appalesaste.

Tre Griselde conosco precedenti a quella di Chaucer. Si vuole dai Francesi, su fondati argomenti, che la prima sia la loro a, la quale leggesi nel Parement des Dames, e fu poi riprodotta da Legrand d'Aussy. La più cognita è però quella del Boccaccio, ultima delle sue cento novelle, e chiusura finale del Decamerone.

La meno nota

è la libera traduzione latina che'l Petrarca ne fece, la quale fu d'impulso alla notissima di Chaucer. L'amator del Lauro per dichiararla favola misteriosa la chiamò Mythologia, e ne scrisse al Boccaccio queste parole: " Quisquis ex me quæret an hæc vera sint, hoc est, an historiam scripserim an fabulam; respondebo illud Crispi: Fides penes auctorem, meum scilicet Joannem, sit:" dove quel Joannem, che sembra indicare Boccaccio, sembrami ambiguo.

Gli antichi comici francesi fecero di questa Mitologia un Mistero, le Mystère de Grisélidis (Théat. Fr. tome ii. Amsterdam 1737); e lo esposero in iscena nello stesso secolo di Boccaccio, non molto dopo la sua morte b. Ecco in breve che cosa significa tal mistero o mitologia, per quanto io giungo a vedere.

La favola, com'è detto, nacque francese; onde Grisélidis vien da grise, grigia, cioè di colore misto di bianco e di nero. La mistica persona di Griselda figlia di Giannucolo (diminutivo di Giovanni)

a Vedi Legrand d'Aussy, Fabliaux vol. ii. pag. 314.

"Vers les dernieres années du quatorcième siècle on mit chez nous le fabliau en drame, sous le nom de Mystère de Grisélidis; et ce Mystère existe encore manuscrit, à la bibliothèque du roi: il fut imprimé à Paris, par Bonfons, vers le 1548."-Legrand d'Aussy, l. c.

figura la Setta ne'due aspetti opposti di ombra e luce, de'quali ragionammo; e perciò il Boccaccio fè raccontare le di lei vicende da Dioneo (aggettivo di Dione o Venere); con che volle adombrare quelle della Setta d'Amore, della cui arcana Luce fè cantare da Venere, nel Ninfale d' Ameto,

Io son Luce del cielo, unica e trina.

E vedemmo, nell' Amorosa Visione, come questa Luce fu cambiata in Lucia ne'cui occhi era Fiammetta; non diversa da Lucia che mandò Beatrice a liberar Dante dalla Lupa, la qual Lucia diventò poi l'Aquila che lo sublimò e lo introdusse a più alti misteri.

Lo scopo della parabola è di rammentare il modo indegno onde Carlo IV erasi comportato con la Setta, e i duri sacrifizj ch'ella dovè fare al di lui capriccioso procedere. Considereremo i nomi degli agenti impiegati nell'azione, ne' quali nomi è chiuso in gran parte il concetto segreto: impercettibile bussola ad avveduti navigatori, che salvò dalla persecuzione chi la nascose, ed espone al ridicolo chi la svela; ma pure unica che può guidarci in questi mari ignoti. Rettifichiamo i nomi ad arte alterati.

San Lucio o San Luzio è l'antico protettore di quella terra, che, per rapidità di pronuncia vernacola, è detta Salluzzo. San Luzzo la chiama Boccaccio, e Saluce Chaucer a.

Gualtieri appellavasi quel Lollard Alemanno, ch' erasi fatto riformatore e capo della Setta; e quindi possiam capire perchè, sostituito un capo all'altro, quel Principe Alemanno ch'era congiunto alla Setta divenne Gualtieri, signore di San Lucio, sposo della donna bianca e nera, figlia di Giovanni; la quale ebbe ben da esercitare la sua fedeltà e la sua obbedienza con quell' uomo bestiale; e però Petrarca alla sua Mythologia diè il titolo De Obedientia et Fide Uxoria.

Con questa parabola s'industriarono quegli scrittori d'insinuare pazienza pel presente, e speranza pel futuro, alla Setta cui appartenevano onde alla pittura del tristo stato reale di quella loro Griselda fecero succedere il prospetto di lietissimo avvenire; sforzandosi con ciò di farle credere che, con tanta matta bestialità, quel suo mistico sposo, più degno di guardar porci, che di avere sopra uomini signoria (giusta il dir del Boccaccio), le preparava un trionfo così splendido come inaspettato. Ma questo restò nella favola, e non passò nella storia; onde il racconto metà è vero, metà immaginato. Il modo stolidamente barbaro, onde quella Griselda fu da colui trattata, era tristissima verità, e il suo ripristinamento alla sperata grandezza rimase vana lusinga. E perciò il Petrarca al titolo De Obedientia et Fide Uxoria non osò aggiungere remunerata, con che indicò la metà del racconto. Ei ben sapea che la prima parte era un fatto, e

"Fu tra' Marchesi di San Luzzo il maggior della casa un giovane chiamato Gualtieri."-Boccaccio.

A proheme in the which descriveth he (Petrarch)
Piemont and of Saluce the country.-Chaucer.

la seconda un desio, a dispetto di tutte le sue insinuazioni fatte a colui a

Finissime sono alcune sue indicazioni, valevoli a significarci che cosa quella Griselda figuri; e tali che il verisimile esterno non può quasi ammetterle, sebbene sien vere, secondo la segreta intenzione. Dice di lei che, quantunque nata in poverissimo stato, e destituta perciò di nobile educazione, poichè divenne sposa del Signor di San Lucio, mostravasi tale ut omnes, ad salutem publicam, demissam Cælo fæminam prædicarent; che in lei erano verborum gravitas et dulcedo, e il marito volea che fosse guardata ceu Romani Principis filia, ed altre simili cose.

Una siffatta parabola dovè naturalmente tanto interessare coloro che ne capivano il senso interno, quanto disgustar altri che si arrestavano alla nuda lettera. Questi vedevano stupida rassegnazione da un lato, e bizzarra inumanità dall' altro; quelli leggevano in Griselda la lor sorte medesima e alla memoria recente del modo indegno ond' era stata ricompensata la loro fedeltà e 'l loro attaccamento, dovean sentirsi fortemente commossi; gli uni insomma dovean guardarlo come caso impossibile, gli altri come fatto accaduto.

Racconta il Petrarca, nella lettera diretta al Boccaccio, che, quando ei lesse quella narrazione nel Decamerone, ne fu sì dilettato e preso che volle impararla a memoria, nel disegno di ripeterla agli amici suoi, nel caso che qualche cosa di simile avvenisse; e ch' egli poi di fatto agli amici la ripetè: finissimo modo per dire che quel caso era accaduto. "Ita mihi placuit (egli scrive) meque detinuit, ut inter tot curas, quæ pene mei ipsius immemorem fecere, illam memoriæ mandare voluerim, ut et ipse eam animo, non sine voluptate, repeterem; et amicis, ut fit confabulantibus, renarrarem, si quando aliquid tale incidisset; quod cum brevi postmodum fecissem, gratamque audientibus cognovissem, subito talis, inter loquendum, cogitatio supervenit, fieri posse ut nostri etiam sermonis ignaros tam dulcis historia delectaret." Prima era incerto " an historiam scripserit an fabulam," dicendo che lo sapea Giovanni; e poi senza esitazione l'appelló historia. Ei segue a narrare che, quando fè leggere quella Mitologia a due amici, uno ne pianse tanto che fu obbligato ad in

a Nell' epistola xvii sine titulo, dopo aver chiamato Inferno la Corte Papale e Belzebù il Papa, eccita con ardite parole i popoli a mettere giù tanta gnominia; e poi sclama a Carlo IV, in cui, non conoscendolo appieno, ei tanto sperava : "Ad te mihi nunc sermo est, invectissime regum nostri temporis, quem non nomino, quando et nomen obstat inscriptioni, et abunde te nominat ipsa rerum ac gloriæ magnitudo. Nam quid opus est verbis, ubi res loquitur? Haud immerito tantis te victoriis ornatum credere fas est, qui, præter principalis te causæ justitiam, vulpes illas veternosas fædis et non suis e caveis, Christique Sponsam cæno ac vinculis eruere potens es." E segue ad insinuargli di entrare alla testa dell' esercito in Avignone, ed usar violenza contro quel vecchio stupido per sonno e per vino: quindi ripiglia: "0 quid scripsi! o quid mihi venit in animum? quo prodiit lingua?...dolere tamen, et si adhuc liceat, non libet: tantus est veri amor, tantum est mali odium, ut periculi omnis interim obliviscar." Che odio rabbioso!

terromperne la lettura, e, quantunque l'avesse ripresa, scoppiò in nuovo pianto, e non potè terminarla; l'altro la lesse tutta senza arrestarsi; e domandato perchè non si fosse commosso a storia così pietosa, rispose parergli quella Griselda una donna impossibile. E Petrarca a tali parole s' indispettì di modo che volea rispondere con un frizzo, ma si ritenne. Questo duplice esperimento, con sì opposto successo, è chiaro indizio che quegli che pianse capiva il senso interno di tal Mitologia, e l'altro che non pianse nol capiva affatto. Il secondo si arrestava alla scorza, e non trovava cosa verisimile; il primo penetrava nel midollo, e trovava cosa vera. Ei sapeva chi era quel barbaro Signore di San Lucio, e la paziente donna bianca e nera, figlia di Giovanni; sapea qual era la doppia prole ch'ella di lui concepì e produsse, donna prima e maschia poi; sapea che voleva dire il far creder morti que' due figliuoli, mandati a segreta educazione in Bologna; sapea che voleva dire lo spogliar quella da capo a piè de' vecchi arredi, avuti in casa di Giovanni, per darle nuove vesti e l'anello nuziale; e poi disleale ritorle e vesti ed anello, e rimandarla a casa di Giovanni, tutta nuda, esposta ad ogni sguardo, e mal difesa da una sottil camicia; sapea che volea dire ch'ella poi, vestita di pannicelli romagnoli e grossi, era ridotta a far la serva alla nuova sposa del barbaro marito; sapeva che cosa significasse che colui, disgiuntosi dalla figlia di Giovanni, dovesse per lettere contraffatte, venute di Roma, unirsi a nuova donna, figlia del conte di Pagano, per concessione del Papa; sapea finalmente la forza de' numeri mistici, de' nomi, de' colori; e sapendo e capendo tutto ciò, che sì da presso lo toccava, avea ben motivo di prorompere in dolorose lagrime.

Il Petrarca chiude la lettera al Boccaccio con dirgli, che, siccome alcuni custodi ed esploratori di passi aprivano le lettere per ordine de' loro signori, così egli sarebbe stato nello scriver più cauto. "Ne ad horum nebulonum manus ineptissimas scripta nostra perveniant, quorum sic saltem ab injuriis tutus ero, si quando, vel tecum vel cum aliis, scripto opus sit, sic scribam ut intelligar non delecter." Quindi possiam comprendere, che molte lettere di Petrarca, cui erano affidati gelosi affari, sieno tessute in gergo. Tale, fra l'altre, io tengo quella in cui narra che, mentre viaggiando andava ad una Certosa, incontrò per via una torma di nobili donne Romane, che così sole sole givano in pellegrinaggio a San Jacopo di Galizia; e riporta il dialogo che seco loro tenne b. Queste nobili donne, che passavano

a Ecco che dice di colui che pianse. "Cum epistolæ medium vix transisset, subito fletu præventus subsistit. Post modicum vero cum in manus eam resumpsisset, firmato animo perlecturus, ecce iterum lecturam gemitus interrumpit."-Ecco che rispose colui che non pianse: "Ubi tam insignis patientia atque constantia?" E Petrarca chiude: "Iis tunc ego nil respondi, ne rem a jocis amicique colloquii festa dulcedine ad acrimoniam deceptionis adducerem (mostrandogli il suo errore): erat autem prona responsio: Esse nonnullos qui quæcumque eis difficilia sunt impossibilia omnia arbitrantur.” b Vedi l'Ab. De Sade, vol. iii. pag. 290.

da Roma a Galizia, non erano fosse diverse da quella Giulia, discendente di Cesare, congiunta al discendente di Scipione, che, nel passare da Roma a Galizia, produsse Bianco Fiore, la quale fu poi chiusa nella torre egiziana, e si battezzò in San Giovanni Laterano.

E' da notare che il Boccaccio, a farci comprendere qual fosse lo stato in cui la Setta d'Amore allor rimanea, fè che Dioneo (cioè Venereo), ultimo re delle mistiche giornate, chiudesse tutto il corso della Gaja Compagnia appunto con la parabola di Griselda; il qual corso cominciò in Santa Maria Novella, e in Santa Maria Novella finì. La interpretazione del Decamerone produrrebbe il libro più curioso del mondo.

Chi mettesse a profitto gli altri indizj che sorgono dal poemetto di Chaucer, e dal Mistero francese, potrebbe probabilmente dare più minuta interpretazione alla parabola, di cui abbiamo qui distese le prime linee, alle quali ci arrestiamo. Chi intende il linguaggio degli uccelli, ed ha gli specchi magici, andrà più innanzi di noi.

Non vi spiaccia intanto se intorno a Petrarca non vi do per ora quanto promesso vi aveva. Siccome in questo volume ho stabilito Dante quasi centro cui andarono a riunirsi molti raggi che partirono da vastissima circonferenza, così presso a poco farò di Petrarca nel volume seguente. Dante può dirsi il caposquadra della schiera settaria nel suo tempo, e tale troveremo essere stato Petrarca nel suo. Per mezzo del primo ho potuto dare una certa unità ad un lavoro sì vario e complicato; e lo stesso potrò fare per mezzo del secondo. Ragionando di Dante ho iniziato l'esame di Petrarca, e discorrendo di questo compirò lo scrutinio di quello.

Ma innanzi a tutto mi sarà d'uopo stabilire tre punti essenziali. Far vedere la provenienza della poesia amatoria in Italia, e da qual luogo, e in qual tempo, e per qual mezzo, ed a qual fine. Mostrare che i suoi prodotti furono in gergo settario. Assicurare sempre più qual setta era questa, per mezzo di documenti e testimonianze di molto peso.

Importa però sapere se il mondo si curi di ciò ch' io disegno presentargli. In epoca nella quale la politica è la vertigine di quasi tutte le teste, ognuno s' immerge nel presente e perde di vista il passato; e nol degnerà forse di uno sguardo, finchè non torni quell'ozio beato che senta il bisogno di più tranquille e più gradevoli occupazioni. Ma questo tempo oh quanto sembra lontano! La guerra fra i popoli e i grandi è idra di teste rinascenti, nè v' ha forza umana che valga a troncarle tutte: una che ne rimanga, l' altre ripullulano. Di quà il sentimento della propria miseria che più s'accresce e più grida, di là quello della propria forza che più imbaldanzisce e più calca; di quà si reclaman dritti, di là s' inculcan doveri ; di qua velleità irrequieta, di là volontà decisa; di qua minacce, di là fatti: e dov'è l'angelo della pace che si ponga in mezzo, e congiunga le destre alla riconciliazione? Fra chi chiede troppo e chi non vuol dar nulla la distanza è grande; ond' io quasi rinunzio alla speranza che il publico volga uno sguardo di qualche interesse al mio lavoro.

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