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Vedi intralciare ai vinti

La fuga i carri e le tende cadute,
E correr fra' primieri

Pallido e scapigliato esso tiranno;
Ve' come infusi e tinti

Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi

Mentre nel mondo si favelli o scriva.

Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro

Amor trascorra o scemi.

110-111. intralciare. « Nella prima edizione aveva stampato intral ciare; poi sostituì ingombrare; infine tornò alla lezione originaria. » Mestica. Nelle annotazioni alle Dieci canzoni, Bologna, 1824, il Leopardi difende con esempi l'uso di ingombrare per trattenere, contrastare, impacciare, impedire. Vedi gli Studi filologici di G. Leopardi, Firenze, Le Monnier, 1845, a pag. 219, e quivi la nota di Pietro Pellegrini. questi due versi l'uso della costruzione inversa (la fuga, i carri, ec.) e l'andamento duro e inceppato del secondo, fanno sentire mirabilmente un moto stentato e impacciato. Avverti che la fuga è oggetto; e i carri e le tende cadute sono soggetti della proposizione.

- In

112-113. E correr.... esso tiranno, cioè lo stesso Serse. Giustino (lib. II) racconta che gli Spartani assalirono il pretorio del re, ma lui non poterono trovare (regem non inveniunt); e di Serse medesimo fa questo ritratto: primus in fuga, postremus in prælio semper visus est; in periculis timidus, sicubi metus abesset, inflatus.

114. infusi, ec. Qui vale aspersi o bagnati. Il Casa: « E ben conviene Or penitenzia e duol l'anima lave De' color atri e del terrestre limo Ond'ella è per mia colpa infusa e grave.» Leopardi (annot. cit.).

117. A poco a poco, ec. Osserva anche qui come la studiata lentezza di questo verso (per la frequenza delle sillabe accentate), faccia sentire il venir meno di que' guerrieri.

118. Oh viva, ec. Il Leopardi aveva messo prima, evviva evviva; modo che difende lungamente nelle citate annotazioni. Ciò non ostante lo mutò poi in viva, e felicemente, sì per l'armonia, come per la nobiltà dello stile.

120. Mentre, finchè. Così nel canto Sopra il monumento di Dante, v. 190 Io mentre viva andrò sclamando intorno. »

121-124. Prima divelte, ec. Figura iperbolica, per significare che la gloria di questi morti non può perire. divelte, staccate dalla volta celeste, dove sembrano incastrate. nell' imo, nel fondo. strideranno, come un ferro infuocato tuffato nell'acqua. Vedi più oltre la canz. Ad Angelo Mai, v. 80 e quivi la nota. Di quest' antica opinione l'autore parla anche nel cap. X del Saggio sopra gli errori popolari,

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La vostra tomba è un' ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle

Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro,
O benedetti, al suolo,

E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall'uno all' altro polo.

Deh foss' io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest'alma terra:
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i moribondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,

Così la vereconda

Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,

Tanto durar quanto la vostra duri.

II.

SOPRA IL MONUMENTO DI DANTE

CHE SI PREPARAVA IN FIRENZE.

SOMMARIO: Invita l'Italia a volgersi ai suoi gloriosi passati (v. 1-17) Ricordato lo stupore dello straniero per non trovare in Firenze alcuna pietra in onor di Dante, loda e incuora gli autori ed esecutori dell'opera da compiersi, e celebra le arti come l'unica gloria e conforto che resti all'Italia (18-73) — Volgendo la parola a Dante, se lo immagina allegro, non per sè, che di monumenti non abbi sogna, ma per la speranza che l'Italia torni ad ispirarsi agli an

125-127. La vostra tomba è un'ara: parole tolte dal frammento di Simonide (vedi sopra). -e qua mostrando Verran le madri, ec. con imitazione, come avverte il De Sanctis, del Monti, il quale, meno oppor tunamente del Leopardi, si valse di questo luogo comune nel Bardo della Selva Nera, v. 1: « Oh illustre pugna! oh splendide Ferite gene

rose, ec.

134. Che se il fato è diverso; cioè, se la sorte a me riserbata dal destino, ovvero, la legge del destino, vuole altrimenti, ec.

135. i moribondi lumi, gli occhi prossimi a spegnersi per la vecchiaia. Simonide, come nota qui lo Straccali, era allora più che settantenne. 137-140. Così la vereconda, ec. Vuol dire: la mia fama poetica, modesta per rispetto alla vostra, possa durare quanto durerà quella di voi, che il mio canto va celebrando. Circa la minore importanza della gloria letteraria rispetto a quella civile presso i popoli antichi, vedi il Parini e la gloria, - appo, appresso,

نا

tichi esempi (74-119) — Deplora la presente infelicità d'Italia, le conquiste francesi, gl' Italiani morti in Russia (120-170) — Li assolve da ogni taccia, e desidera che insorga qualche grande per salute d'Italia (171-187) — Rinnova le istanze agl'Italiani affinchè si ispirino ai gloriosi antichi (188-200).

METRICA. - Strofe 11 di 17 versi ciascuna e una finale di 13. Le strofe di numero dispari (1, 3, 5, 7, 9, 11) hanno lo schema seguente: a B c AD BeF DGE F G H I h I. Le strofe di numero pari (2, 4, 6, 8, 10, 12) hanno quest' altro schema: A B C A DbEfDGEfGHIhI. — La strofa finale più breve ha questo: A b A CbDE De F G f G.

Perchè le nostre genti

Pace sotto le bianche ali raccolga,
Non fien da' lacci sciolte

Dell'antico sopor l'itale menti

S'ai patrii esempi della prisca etade
Questa terra fatal non si rivolga.

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C. II. Il manifesto per l'erezione di un monumento a Dante Alighieri, in Santa Croce, fu stampato in Firenze colla data dei 18 luglio 1818, sottoscrittivi i seguenti nomi: Cons. Vittorio Fossombroni, Tommaso princ. sen. Corsini, cons. Giovanni degli Alessandri, marchese Tommaso Corsi, presidente Ranieri Fortunato Benvenuti, marchese Gino Capponi, Antonio Ramirez da Montalvo, ab. G. B. Zannoni ff. di segretario, dirett. Pietro Benvenuti, Gius. Baldi (vedi MELCHIOR MISSIRINI, Delle memorie di Dante in Firenze e della gratitudine de' Fiorentini verso il divino Poeta, Firenze, 1830). Il monumento, opera dello scultore Stefano Ricci, maestro nell'Accademia fiorentina, fu scoperto, dice il Missirini, il giorno 24 marzo 1830. La presente Canzone dettata dal Leopardi per celebrare quella proposta, differisce di poco, quanto al carattere letterario, da quella A Dante, benchè vi si vegga un miglioramento nell'originalità e naturalezza dei concetti e delle immagini. Belle per impeto lirico e vigor di fantasia sono specialmente le strofe 2, 4, 7, 9-10. Un poco di convenzionale, qualche prolissità, qualche oscurezza abbiam osato notare in alcuni punti. 1. Perchè, benchè, per quanto.

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2. Pace sotto le bianche ali, ec. La pace a cui qui si allude, è quella sanzionata col Congresso di Vienna del 1815. - Alla Pace, personificata in sembianza d'una Dea, sono attribuite le ali bianche, simbolo di nettezza e di ripugnanza dal sangue. A tutti è noto che fra le divinità venerate dai Romani fu anche la Pace, a cui Augusto eresse un altare in Campomarzio, e vi si facevano sacrifici tre volte l'anno. Ovid., Fast., I, 709. In alcune monete questa Dea porta appunto le ali. Vedi Preller, Röm. Mithologie, sez. X, lett. c.

4. Dell' antico sopor. Ricorda l'Italia sonnolenta del Petrarca, Spirto gentil, ec.: «Non spero che giammai dal pigro souno Muova la testa per chiamar ch'uom faccia, ec. »

5. ai patrii esempi della prisca etade, ec. Anche il Petrarca (Canz. cit.) parla del richiamar Roma al suo antico viaggio, » e si augura che il popol di Marte alzi gli occhi al proprio onore. »

6. terra fatal. Fatale, « a cui si collega il destino, le sorti del mondo, » ovvero « ordinata dal destino a cose grandi ». Monti, Bassvill., III: « Allor conobbi che fatale è Roma e il Manz., Coro del Carm.: « Fatal terra, gli estrani ricevi. »

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O Italia, a cor ti stia

Far ai passati onor; che d'altrettali
Oggi vedove son le tue contrade,
Nè v'è chi d'onorar ti si convegna.
Volgiti indietro, e guarda, o patria mia,
Quella schiera infinita d'immortali,

E piangi e di te stessa ti disdegna;
Che senza sdegno omai la doglia è stolta:
Volgiti e ti vergogna e ti riscuoti,
E ti punga una volta

Pensier degli avi nostri e de' nepoti.

D'aria e d'ingegno e di parlar diverso
Per lo toscano suol cercando gia

L'ospite desioso

Dove giaccia colui per lo cui verso

8-9. d'altrettali, sott. uomini: simili ai passati, ai morti. - vedove, prive; ma col concetto di squallore e lutto.

10. Nè v'è chi, ec. « Qui v'è alquanta esagerazione, se vogliamo; chè allora in Italia vivevano uomini preclari nelle scienze e nelle lettere; tali insomma da onorare il paese che li vide nascere. Cappelletti. Collo stesso disprezzo il Petrarca (Canz. cit.): « un raggio Non veggio di virtù, ch'al mondo è spenta, Nè trovo chi di mal far si vergogni. Secondo il Leopardi, la virtù civile, la grandezza e la felicità erano cadute insieme col mondo antico.

11. Volgiti, voltati indietro a guardare le antiche glorie (vedi sopra, v. 5-6).

16-17. E ti punga una volta Pensier, ec. pensa agli avi perchè siano onorati con monumenti, e ai nepoti, cioè ai posteri, perchè abbiano davanti agli occhi illustri esempi da imitare. Cfr. Fosc., Sepoleri: A egregie cose il forte animo accendono L'urne de' forti,» il qual passo, con ciò che segue (che appunto si riferisce ai monumenti di Santa Croce) dovette in gran parte ispirare al Leopardi il presente

canto.

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18. La strofa che qui comincia è stupenda per intonazione, e piena di sublime eloquenza. D'aria e d'ingegno, ec. L'ospite, cioè, il forestiere, diverso da noi d'aria, cioè d'aspetto, struttura di volto, e quindi razza, d'ingegno, cioè di natura, d'indole (secondo l'uso latino, che si trova anche nei nostri), e di parlare, cioè di favella, percorrendo la Toscana, cercava ansiosamente dove fosse la tomba di Dante. Così il poeta vuol indicare l'ammirazione che fino nelle più lontane regioni si nutre per l'Alighieri, e rende più verisimile l'ignoranza della vera sepoltura di lui. Il pensiero da cui comincia questa strofa fu suggerito al Leopardi dalle parole del Manifesto per l'erezione del monumento (vedi la nota in principio): « È presso a compiersi il quinto secolo da che fu Dante; e lo straniero, che a noi si reca, tutto compreso da venerazione pe' rari uomini, che in ogni tempo hanno illustrato la Toscana, cerca ansioso il monumento di questo, che sopra tutti gli altri vola com'aquila; e non trovatolo, ne fa altissime maraviglie, e ci rampogna. 21. colui, ec. detto stupendamente, e in modo che tocca il sublime,

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Il meonio cantor non è più solo.
Ed, oh vergogna! udia

Che non che il cener freddo e l'ossa nude
Giaccian esuli ancora

Dopo il funereo dì sott'altro suolo,

Ma non sorgea dentro a tue mura un sasso,
Firenze, a quello per la cui virtude

Tutto il mondo t'onora.

Oh voi pietosi, onde sì tristo e basso
Obbrobrio laverà nostro paese !

Bell' opra hai tolta e di che amor ti rende,
Schiera prode e cortese,

Qualunque petto amor d'Italia accende.

Amor d'Italia, o cari,

Amor di questa misera vi sproni,
Ver cui pietade è morta

In ogni petto omai, perciò che amari

Giorni dopo il seren dato n'ha il cielo.

Spirti v'aggiunga e vostra opra coroni

Infatti Omero è unico al mondo come cantore vivacissimo della pagana civiltà, e non men unico è Dante, come insuperato encomiatore della fede cristiana.

22. meonio: così è detto Omero, secondo l'opinione che lo fa nascere nella Meonia o Lidia. Ovid., Art. am., II, 4, Mæonio seni; Colum., proem. Deus ille Mæonius. Si trova anche chiamato Meonide, cioè figlio d'un Meone.

24-25. l'ossa nude Giaccian esuli ancora. Bello e nuovo l'aggiunto esuli attribuito alle spoglie di Dante, giacenti a Ravenna in terra d'esiglio! Lucan.. Fars., VIII, 837: exul adhuc iacet umbra ducis. Si sa del resto che i Fiorentini fino dal 1396 decretarono di rendere i dovuti onori al gran Poeta, e più volte ne chiesero le ossa ai Ravennati. Vedi I. DEL LUNGO, Dell'esilio di Dante, Firenze, Le Monnier, 1881.

27. Ma non sorgea, ec. Questi versi paiono ispirati da quelli in cui il Foscolo lamenta una simile ingratitudine di Milano verso il poeta Parini: A lui non ombre pose Tra le sue mura la città.... Non pietra, non parola (Sepolcri, 72).

30. onde si tristo e basso, ec. Costr. onde (per cui) il nostro paese laverà (espierà) un obbrobrio (un'onta) sì gravoso e turpe. »

32-34. amor ti rende.... amor d'Italia. Non a caso è ripetuta la voce amore. Chi ama l'Italia, amerà anche quei generosi che voller fatto il monumento. Schiera prode e cortese: allude ai dieci gentiluomini scritti sotto il Manifesto per l'erezione del monumento. Vedi la nota in principio. Chiama quella schiera prode e cortese, cioè virtuosa e gentile, secondo il senso che queste parole ebbero anticamente.

35. Con che efficacia è ripresa qui e ribadita la parola amore! 37. pietade è morta. Dante, Inf., XX, 28: « Qui vive la pietà, quand'è ben morta.»

40-42. Spirti v'aggiunga, ec, Costruisci e intendi: « la misericordia, gioè, la compassione, il dolore e lo sdegno dell'affauno per cui l'Italia

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