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è la lirica del beato Todino perchè egli fu, può dirsi, il precursore di quella sacra Rappresentazione dalla quale si svolse la nostra drammatica del secolo XVI (Vedi vol. II, ediz. 2, pag. 103 e seg.). Infatti egli lasciò parecchie poesie drammatiche di vario genere e metro, fra cui il Lamento della Vergine, dove parlano la Vergine, un Nunzio e Cristo, e la turba stessa è messa in azione; il dialogo tra S. Francesco e la Povertà; le due Apparizioni di Cristo risuscitato, dove agiscono Cristo, il poeta, il coro e due discepoli; la Riparazione dell'umana natura, dove ci sono nientemeno che dodici personaggi tra reali (Cristo, Maria, l'Angelo ed altri) e simbolici (Giustizia, Virtù, Misericordia e somiglianti).

III. Mentre l'alito della vita e dell'arte nuova correva l'Italia e ne risvegliava tutti gli spiriti, non è meraviglia che la poesia germogliasse più rigogliosa che mai in Bologna, città che fu tra le prime a reggersi liberamente a popolo e ch'ebbe la più antica università. Que' dottori, che Dante titolò poi d'illustres, avvicendavano i loro severi studi giuridici e filosofici coi più leggiadri della nuova poesia e, com'erano cultori dell'antichità per ufficio, ravvivarono la tradizione classica anche nell'arte. Scaltriti in tutti gli artifizi della rettorica per le dispute legali e scolastiche, dovean tenere per ben povera cosa le forme disadorne ed invariate della lirica siciliana; e poichè fiorivano in comune libero, lontano d'ogni influsso di corte, non ebbero strette a sè d'attorno le pastoie d'alcuna imitazione, si piacquero specialmente di trasferire nella poesia i risultamenti della loro scienza e crearono un'arte scolastica, filosofica, dottrinale. S'è veduto come presso i siciliani l'amore sia un signore feudale, la poesia un congegnamento di frasi tratte da una specie di dizionario amoroso che gli usi cavallereschi aveano consacrato; e come la donna sia idealmente

rappresentata nella sua bellezza esteriore, nascondendosi spes la sensualità sotto la lucida vernice della galanteria. I do bolognesi invece, pur senza toccare le nobili altezze del se timento, cominciano a cercar nel cuore l'origine e la se dell'amore, e ne studiano e ne illustrano le cause, l'indole, manifestazioni, gli effetti con imagini desunte da fenome naturali. Appunto per questo tentativo di trasferire nell'ar il mondo interiore e la natura, i poeti bolognesi segnano u progresso nel suo svolgimento storico; e se non giunsero maggior perfezione, ciò fu perchè cantarono anch'essi per moda e traendo l'ispirazione dal cervello e non dal cuore non ebber nè il sentimento dell'amore, nè il sentimento della natura. perchè le loro canzoni hanno uno stile svelto ed elegant adeguato alla copia delle idee ed allo splendore delle imagin ma la donna non c'è, e non c'è l'amore, il quale resta u mero concetto. E questo concetto v'è atteggiato in mille mod colorito in mille tinte, annodato a mille relazioni, torto a mill similitudini, e tanto più freddo e annebbiato e oscuro quant il poeta tenta imagini nuove e fa prova di dottrina e di so tigliezza ingegnosa.

Scarso è il numero dei poeti di questa scuola, la quale fior su per giù, intorno al 1250. Si citano fra altri pochi Onest Bolognese, Fabrizio de' Lambertazzi, Semprebene dell Bruina, Guido Ghislieri e Guido Guinizelli (?-1276). Que st'ultimo, il maggiore di tutti, recò all'apogeo quella form poetica, e consegui riputazione di Scuola al gruppo bolognese per aver dato il primo, ed egregiamente, l'esempio di sposar i riflessi della filosofia platonica con la lirica amorosa.

Però non sempre e non tutti i poeti bolognesi si scostarono come il Guinizelli, dalle forme convenzionali dell'arte caval leresca; onde altri potè facilmente essere indotto a negar che una propria scuola bolognese ci sia mai stata. Il fatto

the la cultura italiana del secolo decimoterzo era così profondamente imbevuta d'elementi cavallereschi e trovadorici, che ci volle lo sforzo e la potenza di molti grandi ingegni, nonchè il complesso di varie condizioni storiche, perchè la nostra letteratura riuscisse ad emanciparsene interamente. Anche ne' migliori Bolognesi pertanto, come Onesto e Semprebene e perfino nel Guinizelli, il massimo, il Saggio, come Dante lo chiama, scorgiamo assai chiare traccie d'imitazione occitanica. Ma se noi dovessimo tener conto soltanto di questo comune peccato del provenzaleggiare, potremmo assai alla spiccia ascrivere ad un'unica categoria tutti quanti i poeti d'amore del secolo XIII, Dante compreso; perchè, dal più al meno, tutti furono tinti di quella pece. Messo ciò in sodo una volta per sempre, parne più opportuno classificare le varie scuole e maniere poetiche per ciò ch'esse hanno di differente dalle altre. Ora ne' migliori poeti bolognesi di quel secolo, quali i ricordati Onesto e Guinizelli, si scorge chiaramente una tendenza a vestire di concetti filosofici e di nuove imagini, desunte dall'osservazione scientifica della natura, la manifestazione del sentimento d'amore, nonchè a liberarsi da quella raggiera d'espressioni fatte, che costituivano il frasario poetico obbligato di tutti i siciliani e dei molti toscani che servilmente ne seguirono le orme.

Giustizia vuole però che nel valutare il pregio insieme e il difetto di cotesta speciale qualità della scuola bolognese, noi facciamo la dovuta parte all'ammirazione ed allo studio onde quei rimatori, e singolarmente il Guinizelli, proseguirono il poeta aretino fra Guittone. Al quale il mantenersi sempre ostinato seguace de' provenzali non vietò d'empire i suoi versi di concetti morali e di forme latineggianti. Il gusto più squisito, la più profonda cultura classica, le più confacenti condizioni proprie dell'ambiente, l'ingegno men legato a' precon

FINZI, Lezioni di Storia della Letteratura italiana, Vol. I, 3a ediz.

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già detto di sopra (1). Molti lo seguirono, specialmente pis come Mino Mocato, Pucciandone Martelli, Bacciarone, G Pisano, Pannuccio del Bagno, Lotto di ser Dato e m altri di simile oscurissimo gregge; e con essi vuol an annoverarsi il Pistoiese Meo Abbracciavacca. Guittone in merosi componimenti cantò di religione, di morale, di polit e d'amore con uno stile aspro e contorto, dando un certo c rito latino a' costrutti ed alle espressioni, come si può vedere questi esempi: O LOCO È ALTRO ove pagar uom dea? (Canz. VI PARVO par MAGNO fare a MAGNO amante (Canz. XIV) E ne' tuoi figli oh QUANTA alzi GRANDEZZA! (Canz. XIV) Non LAUDE amiate ALCUNA (Canz. XVIII)—ARBOR QUEL Cher frutta in estate FRUTTAR QUANDO SPERATE? (Canz. XXI Ma lo suo piacientiero Sembiante, ME NESCIENTE, in gi è messo (Canz. XLVI). E ciò gli ha fatto CHI? (Canz. X] Del resto egli si compiacque troppo di rifriggere i soliti c cetti provenzali e di trastullarsi in que' mille giochi di ri e bisticci in cui insanì l'arte trovadorica dell'ultimo perio L'amore non è ancora per lui un affetto, ma è un raffi mento di cavalleria; e la morale, a volte rigidamente seve è spesso subordinata quell'elasticità di coscienza, per c frati di Santa Maria, al qual ordine apparteneva il nos Aretino, furon chiamati frati gaudenti e, per maggiore stra capponi di Cristo. Ma è già suo grande merito l'aver fa prova d'infondere nell'arte una nuova vita di pensiero e verle dischiuso, lui provenzaleggiante ostinato, la via a li rarsi dalla servitù occitanica.

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Nella quale supinamente invilirono quelli che noi ascrivia al secondo gruppo (Provenzaleggianti). Fra i molti bast ricordare Folcacchiero de' Folcacchieri sanese, Lemmo

(1) V. § III, pag. 65-66.

ndi e Pacino Angiolieri fiorentini, Bonaggiunta Orbiciani Lucca, Dante da Maiano (1). Quest'ultimo fu contemporaneo I suo grande omonimo e suo invido e stizzoso rivale. Lasciò ualche sonetto anche in lingua d'oc e andò famoso per una aa pretesa corrispondenza poetico-amorosa con una certa Nina he a torto fu da molti tenuta per Siciliana. L'Orbiciani fu osto dall'Alighieri nel Purgatorio, dov'è considerato come no dei campioni della vecchia scuola (2).

Nel terzo gruppo, de' politici, entrano parecchi de' rimatori ià ricordati come Pannuccio del Bagno, Bacciarone ed altri isani, e Guittone d'Arezzo, guelfo ardente, che cantò in doenti versi la famosa battaglia di Montaperti (1260) fatale llora al guelfismo (3) e indirizzò sue canzoni esortatorie al onte Ugolino giudice di Gallura, a Corso Donati ed a più ltri grandi personaggi del tempo suo. Di nuovi aggiungeremo Ser Cione notaio, Orlanduccio Orafo, Palamidesse Belindore, Ser Guglielmo Beroardi notaio, Schiatta Pallavillani e qualhe altro.

VI. Più importanza storica ed artistica dei politici anno gli umoristici. - Il dolce sorriso del cielo, il fiorire agile › vario della poesia, la giocondità della vita anche nel dugento facevano della Toscana il lieto giardino d'Italia. Allora utto il popolo era cavaliere, scrive il Carducci (4) e par che accia eco al canto malinconico di re Enzo:

Salutami Toscana,

Quella ched è sovrana

In cui regna tutta cortesia.

(1) BORGOGNONI A., Dante da Maiano. Ravenna 1882, Dante da Maiano e A. Borgognoni. Ancona 1883.

(2) Purg., C. XXIV passim.

(3) Cfr. DANTE, Inf., C. x.

(4) V. Ode alla Regina, in NuOVE ODI BARBARE.

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