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RELAZIONE DI LORENZO CONTARINI. 1551.

creder che facciano le Eccellenze Vostre per poter in ogni occasione fondarsi non tanto sopra gli amici quanto sopra le forze proprie, sì come è stato osservato per il passato, e ben si conviene a tanto Dominio, che è stato sempre stimato grande da sè. E questo spero che sarà giudicato da Vostra Serenità il vero modo di proceder più onorato e più sicuro, perocchè finalmente ognuno fa per sè; e se ben l'animo del re verso questa Repubblica è buonissimo, come ho dimostrato, pure quando i francesi fossero vicini ai luoghi nostri, e con lo stato di Milano in mano, conoscendosi superiori a questo Dominio, quando non fosse gagliardo da sè, sariano essi ancora insolenti la parte loro, perocchè sono superbi e furiosi di natura, se ben li reputerò sempre manco male che gli spagnoli, e di animo più libero e schietto, e che meglio osservano quello che promettono che non questi altri. Ma quando questa Eccellentissima Repubblica sarà, come può esser al mio parere, da sè gagliarda e potente, cioè con danari in mano e vettovaglie e soldati, gli amici suoi si confermeranno tanto più in amarla ed i nemici in estimarla; e dubitando non poter operare alcuna cosa di quelle che desiderano contra questo Illustrissimo Dominio, dissimuleranno il loro mal animo, e staranno queti; e questa Eccellentissima Repubblica, che vive sempre morendo gli altri principi, potrà sperar in questo modo e in tale occasione, non solo difesa ma accrescimento di stato in cambio almeno di molte perdite e danni patiti da lei pochi anni addietro.

Queste sono quelle cose che ho giudicato degne di esser riferite alla Serenità Vostra e alle SS. VV. EE., intese, conosciute e praticate da me per lo spazio di 32 mesi che sono stato per nome di Vostra Serenità nella legazione di Francia. In fine del qual tempo giunse alla corte il clarissimo.

(1)

(1) Qui rimane sospesa la Relazione, mancante perciò di quella parte che

ordinariamente si riferiva alla persona dell' ambasciatore.

RELAZIONE

DI FRANCIA

DI

MICHELE SORIANO

LETTA IN SENATO SULLA FINE DEL 1562 (1).

(1) Relations des Ambassadeurs Venitiens sur les affaires de France au XVI siècle, recuillies par M. N. TOMMASEO. Paris 1838, T. I.

AVVERTIMENTO

A rettificazione dell' avvertenza posta dal Tommaseo in principio di questa Relazione, diciamo (come consta dal registro degli Ambasciatori) che Michele Soriano fu nominato con decreto del 4 decembre 1559 successore ordinario a Giovanni Micheli nella legazione di Francia, di dove tornò nel 1561, e in principio dell'anno susseguente lesse in Senato questa sua Relazione, o come dice egli stesso breve Commentario.

Cade poi in equivoco il Tommaseo dicendo che Michele Soriano succedesse, mentre invece precesse, al Barbaro, del quale appunto egli stesso, e fa bene, pubblica la Relazione dopo di questa; perchè non Michele ma Giacomo Soriano (del quale però ci è sconosciuta la Relazione) andette, per decreto dell'11 novembre 1563, successore ad esso Barbaro.

La presente Relazione, la quale abbraccia il regno di Francesco II (succeduto al padre Enrico II il 10 luglio 1559, e morto il 5 decembre 1560) e i primi tempi di quello di Carlo IX, c' introduce nella cognizione dei tumulti che incominciarono allora ad agitare la Francia sotto pretesto di religione, ma più veramente per ambizione di regno delle famiglie di Guisa e di Borbone; onde quest'ultima, sul declinare del secolo, si assise finalmente sul trono desiderato.

Fu già stampata scorrettissimamente nel Tesoro Politico, e più tardi dall'Aubery, non senza errori qui pure, nel suo libro intitolato : De la prééminence de nos rois etc. Paris, 1649 in-4.°

со

Occorre

ccorre nelle signorie e nei regni quello che occorre anche negli uomini, che il vigore e la prosperità non dura sempre in uno stato, ma ora è in fiore, ora s'invecchia, ora manca del tutto. E universalmente tutte le cose del mondo e grandi e piccole sono fatte da Dio con questa instabilità e incertezza, perchè ogni uomo si umilii, e riconosca ogni suo bene da lui, e chi ha da governar altri impari a non fidarsi mai tanto nelle prosperità, che abbandoni l'uso della prudenza, la quale sola ha questa virtù di conservare le cose grandi e di far grandi le basse. Di questa varietà di fortuna se n'è visto diversi esempi in ogni tempo: che molti antichissimi regni e molte ricchissime repubbliche, che alcuna volta hanno governato il mondo, sono estinte di modo che non resta di loro altro che la memoria delle istorie; e molti potentati che al presente sono grandi, già poco tempo non erano nè in reputazione nè in nome. Ma con qual maggiore e più vivo esempio si può mostrare questa instabilità della grandezza umana che con quello del regno di Francia? il quale pur ieri per la grandezza e fortuna sua soleva essere ferma speranza degli amici e grandissimo spavento de' nemici; e ora, se si dee dire la verità, essendo così gran macchina appoggiata in

debolissime spalle, non solamente non è in termine di poter sostentare altrui, ma esso stesso è in tanto pericolo che, per ogni piccolo strepito o rumore che si senta d' appresso, trema e sbigottisce tutto. Dovendo adunque al presente descrivere lo stato della Francia, e quello che ho potuto vedere e intendere in quattordici (1) mesi continui che mi sono trovato a quella corte, mi sforzerò rappresentare quanto più si possa al vivo la vera imagine dell' una e l'altra fortuna di quel regno, trattando particolarmente non in forma d'istoria ma di semplicissimi commentarii e di brevissimo discorso, le cause della sua grandezza, e quegli accidenti che l'hanno fatto cascare nuovamente nei pericoli in che si trova. E benchè non penso dilettar chi legge nè con la vaghezza della materia, che è in gran parte lacrimabile, nè con lo splendore e ornamento delle parole (che non ho molto studio in questo), tuttavolta essendo quello che ho da scrivere di tanto momento e di così grande esempio a chi ha da governar popoli e regni, non credo che sarà tanto inutile questa fatica, nè che sarà riputato male speso quel poco tempo che altri metterà in leggerla e considerarla.

Principiando adunque da questa parte, dico che il regno di Francia, per universal consenso del mondo, fu reputato il primo regno de' cristiani per dignità e per potenza, e per autorità del re che lo governa. Perchè, quanto alla dignità, fu sempre libero sin dal suo principio, e non ha mai conosciuto niuna superiorità da altri che da Dio. La qual cosa benchè sia comune a molti altri regni, non è però a tutti; perchè altri ha riconosciuto la Chiesa, come fu già l'Inghilterra e ora è il regno di Napoli; altri l'Impero, come fu già la Boemia e la Polonia. Oltre di questo, è regno più antico di ogni

(1) Un esemplare di questa Relazione esistente nella Marciana, e del quale ci siamo in alcuni luoghi giovato, dice XXXIV, e nella stampa del Tesoro Politico si legge tre anni continovi. Sbagliano tutti per quanto abbiamo detto nell'Avvertimento. E siccome abbiamo dal registro degli Ambasciatori che il Soriano fu nominato con decreto del 4 decembre 1559, e il Barbaro, suo successore, il di 11 giugno 1561; e siccome sappiamo che tutti tardavano nell' andare, nè ritornavano che dopo giunto in corte il successore, la vera durata di questa legazione deve essere stata di circa mesi ventiquattro.

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