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bone congiunta con quella di Momoransì (aggiunta a queste discordie la divisione della religione), che si è conservata sempre in suprema autorità; ed è stata finora tanto rispettata e riverita dai figliuoli, che non hanno ardito fin qui pur di alzar il ciglio senza di lei; ma con questa ultima azione, tutta attribuita a lei, ha poi compitamente dato saggio di sè. Con la qual azione, se bene ella sa di essere incorsa in molto odio, non solo appresso i suoi francesi, ma appresso i suoi vicini, gl' inglesi e gli alemanni (il qual odio è stato tale, che immediate seguito il fatto, quanti oltramontani, inglesi, fiamminghi, tedeschi, polacchi e altri si trovavano in Parigi tanto nei collegi per causa di studio e d'imparar la lingua, quanto in altri esercizi e per altre occasioni, che ve n'era una quantità grande, tutti subito sgombrarono nè vi ritorneran per un pezzo); però saprà molto bene la regina trovar vie e modi da mitigar l'odio e raddolcirsi con loro. Per questa causa, ancorchè ella sappia di correr gran pericolo d'insidie occulte, però prevedendolo, non lascia di aversi gran cura, estrinsecamente con una buona guardia di alabardieri svizzeri che l'accompagnano sempre, intrinsecamente con buoni e fedeli ministri che han cura delle sue vivande, e di ogni altra cosa pertinente alla sua persona. È questa tutta intenta (come ho detto parlando di monsignor d'Angiò) a provvederlo di alcun stato fuori di Francia; e con questo fine attende con ogni mezzo ed ogni sorte di officio e di dimostrazione a restringersi col re di Spagna, sebbene ella sappia di essere in pessimo concetto appresso i suoi ministri. E veramente il re di Spagna ha causa di farle la statua, non che di esserle obbligato, per il beneficio conseguito per sua causa della conservazione degli stati di Fiandra, i quali senza la morte dell'ammiraglio irremediabilmente erano perduti. Il fine suo col re di Spagna, dicono che sia affine di restringersi e legarsi insieme ancor più, e levar ogni seme ed occasione di discordia e conseguentemente di guerra, con distruzione dell'una e l'altra parte; di aver per moglie una delle due figliuole del re, nata dalla figliuola sua, cioè la minore, per monsignor d'Angiò; ma che il re di Spagna la dotasse di qualche

stato nel modo che accordò e si contentò già di far l'imperatore Carlo con monsignor d'Orleans, fratello del re Enrico; procurando essa regina per via di negozio di ottener, se potesse, quello che senza dubbio il re di Spagna può esser certo che un giorno si tenterà con la guerra. Ma se ella si abusi o no, non credendosi che il re di Spagna voglia alienar nelle figliuole pur un palmo di Stato, il tempo lo scoprirà: basta che, come dico, questa è la mira e il disegno suo, ancorchè non manchi chi metta innanzi fra altri partiti, oltra la guerra d'Inghilterra, come ho detto, anco quella di Toscana; appartenendosi, dicono, più a lei e alla sua successione, come sorella carnale e legittima del duca Alessandro, e della vera casa de' Medici, il dominio di quello stato, che al duca presente, che non è di quel colonnello nè di quella discendenza. Nè lascierò di dire alla Serenità Vostra come attende essa regina e non lascia di consigliar il re, come di cosa principalissima ed utilissima per il suo servizio, che nel governo del regno non debba a modo alcuno imitar i re suo padre ed avo, di metter in mano di uno dei più favoriti (sì come fu il contestabile, e l'ammiraglio e simili) tutti i negozi e tutta l'amministrazione, sì come si vide anco in tempo del re Francesco ultimo, fratello di questo re, col cardinal di Lorena; perchè questi tali si assumono poi troppa autorità, e si conviene con loro procedere con troppo rispetto; ma debba compartir i negozi a diverse persone, secondo i bisogni e secondo che uno vale ed è più sufficiente, chi in un carico e chi in un altro, perchè in questo modo tutto dipenderà da lui. Con il qual consiglio e risoluzione mi fu detto che si era scritto a Roma al cardinal di Lorena che non partisse; il quale dopo questo fatto si credeva immediate di aver ad esser chiamato per la posta, per dover essergli messi in mano tutti i negozi, dandosi a credere che non sapessero nè potessero far senza la sua persona e senza il suo consiglio. E tanto mi occorse dir di queste tre persone principali, rimettendo agli ambasciatori ordinari di parlar d'altri ministri.

Della regina giovine dirò solo che non s'intromette in cosa alcuna di negozi, ma secondo l'educazione avuta in

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Germania appresso il padre, attende alle cose proprie della persona e casa sua; santissima e devotissima non manco dell'imperatrice sua madre, ed obbedientissima al re e alla regina; e perciò in somma grazia dell'uno e l'altra, e di tutto il regno. Del terzo fratello Alanson, poichè per l'età (essendo come ho detto in diciassette anni) non si adopera, nè è per ancora chiamato nei consigli, manco occorre parlarne. Questo solo dirò, che secondo va crescendo negli anni, così va crescendo in fortezza e buona dispostezza della persona; e finora nell' armeggiare e nel torneare si è veduto che ha più grazia e garbo, e più attitudine del re e dell'altro fratello, e non è stimato senza ingegno.

Espedito dalle cose pubbliche, non mi resta, Serenissimo Principe, per terminare intieramenté questo officio, a dir altro che quello che reputo di special obbligo; e questo è che io mi sono intertenuto in corte, così per la espedizione dei negozi, come per le occasioni e impedimenti sopravvenuti, due mesi e più col clarissimo ambasciatore Cavalli (1) nel suo proprio alloggiamento; ricevuto fin dalla prima ora, e trattato con ogni veramente dimostrazione di onore e di rispetto; essendo noi vissuti sempre insieme con quella unione, amore e quiete che si possa dir maggiore. Trovai sua signoria in uno dei principali e migliori alloggiamenti di Parigi, molto ben in ordine di buona famiglia, e di tutto quello che convenga alla dignità pubblica. Il quale, come veterano che già è in questa professione, con il suo giudizio ha saputo molto bene guadagnarsi la grazia di quelle maestà e dei ministri, e d'ognuno; sì che quando viene in corte è molto onorato e ben veduto, così per il merito suo, come anco, per dir il vero, per la memoria e per il nome del clarissimo suo padre, notissimo e molto stimato (posso affermarlo alla Serenità Vostra) in tutte le corti ove io sia stato. E con questa grave malattia che esso signor ambasciatore ha patito, non senza pericolo di averci lasciata la vita, deve tanto più esser stimato e riconosciuto il suo servizio.

(1) Del quale segue la Relazione.

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RELAZIONE DI GIOVANNI MICHIEL. 1572.

Dirò ora per conclusione, che dappoi la partita mia da Parigi, che fu senza punto di dilazione subito avuto il passaporto dal re, necessario e senza il quale non si può aver cavalli, arrivato a Lione, in quei giorni che mi vi fermai, intesi per lettere del clarissimo ambasciatore, e del sig. Gondi, che ha cura degli ambasciatori, la dimostrazione che piacque al re di fare verso di me (certo inaspettata) di alcuni pochi pezzi di argento; quali son restati in mano dell'ambasciatore, da esser mandati qua. Questi, Serenissimo Principe, ancorchè destinati a me, sono però della Serenità Vostra, come è tutto quello che io ho, con la vita propria, quando ella sia buona per il suo servizio; nondimeno se le piacerà di farmene grazia, come io ne la supplico, e sì come confido ed aspetto dalla sua molta clemenza e benignità (promettendomi di lei etiam maggior cosa), oltra che potrò dire dover esserne suo custode, lo riconoscerò per un segno visibile della sua gratitudine, come di quella del re, e per un vivo testimonio che l'opera e servizio mio, ancorchè debole, in questo viaggio tanto faticoso e pericoloso, non le sia stato ingrato. E se bene per questo non si accrescerà in me l'obbligo, essendo per natura e per elezione, e per le tante sue grazie e dimostrazioni verso di me, arrivato al suo colmo, sarà però uno stimolo di eccitarmi maggiormente, e farmi tanto più ardente e più consolato in avvenire nelle spese, nelle fatiche e pericoli che mi occorressero per servizio suo e di questo Serenissimo Stato.

RELAZIONE

DI FRANCIA

DI

SIGISMONDO CAVALLI

TORNATO DA QUELLA LEGAZIONE NEL 1574 (1).

(1) Archivio Generale di Venezia.

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