Sayfadaki görseller
PDF
ePub

342

RELAZIONE DI SIGIS. CAVALLI. 1574.

manza e domestichezza quei principi trattassero con sua magnificenza, e quanto in lui confidavano; perchè io son di quelli che reputo espediente al servizio del padrone, che gli ambasciatori siano grati e non odiosi ai principi con i quali hanno da negoziare. La spesa poi che fa sua magnificenza saria sofficiente e onoratissima per ogni ambasciatore in qual si voglia corte.

[ocr errors]

Seguita lodando e raccomandando il secretario Valerio Antelmi, e implorando per sè cerli argenti dorati del valore di 600 scudi, che gli furono presentati dalla regina madre nel suo partire da quella corte.

RELAZIONE

DI FRANCIA

DI

GIOVANNI MICHIEL

AMBASCIATORE STRAORDINARIO

NEL 1575 (1).

(1) Relations sur les affaires de France, etc. par N. Tommaseo, T. II.

AVVERTIMENTO

Volendo il Senato congratularsi delle nozze di Enrico III con Luisa nipote del duca di Lorena, nominò con decreto del di 18 marzo 1575 oratori straordinarj a quel re Giovanni Micheli e'Giovanni Soranzo. Ma poi essendo parso al Senato di mandare il Soranzo a Roma, elesse in suo luogo, con decreto del 20 maggio, Andrea Badoer; il quale poi essendo venuto a morte in Vercelli nel 15 settembre, il Micheli seguitò il suo viaggio e fece solo l'ufficio a entrambi commesso. Riparti dalla corte di Francia nel novembre, e giunse a Venezia in principio del 1576: ma non per questo mutiamo la data della relazione, la quale si riferisce tutta veramente ai fatti dell'anno precedente.

Poichè, Serenissimo Principe, piacque alla Serenità Vo

stra e a questo Eccellentissimo Consiglio destinare ambasciatore al re cristianissimo, per officio di congratulazione della coronazione e del matrimonio di sua maestà cristianissima, il clarissimo di buona memoria messer Andrea Badovaro, e me; ci sforzassimo l'uno e l'altro d'eseguire questo carico non solo con quella prontezza che ricercava il nostr' obbligo, ma con quella onorificenza che giudicassimo conveniente alla pubblica dignità; avendo ricevuti in compagnia nostra fino al numero di dodici gentiluomini tra de' nostri e tra di quelli dello stato, tutti, per dire il vero, siccome nobili di sangue così di animi e d'effetti, come più particolarmente Vostra Serenità intenderà ad altro luogo. In modo che con i loro e nostri servitori uscissimo di Padova al principio del mese d'agosto nella maggior furia e ardor del caldo, e nel mezzo appunto dei giorni canicolari, al numero di sessanta cavalli, con più di venti altri tra staffieri e altre sorte di persone, tutte però necessarie, che venivano a piede; aggiunti a questi dodici muli di carriaggi; talmente che la famiglia e la compagnia, e per la qualità e per la quantità, risplendeva veramente, e teneva apparenza e stato di principe, per essersi forse sforzato tanto cadauno di noi quanto tutti li gentiluomini, di non risparmiare spesa così negli ornamenti delle persone nostre, della

livrea e veste dei servitori e paggi, e di tutti gli altri ministri, come nella qualità dei cavalli, per onorar tanto più la Serenità Vostra.

Con questa compagnia adunque, passando per lo stato della Serenità Vostra, venimmo a Milano; e di là, satisfatto alla commissione di Vostra Serenità, d'aver visitato quel governatore, ci conducessimo nella città di Vercelli, del signor duca di Savoia; dove il medesimo giorno che vi arrivassimo, cascò ammalato il clarissimo Badover di febbre da principio leggiera e poco stimata, attribuita più tosto alla stanchezza del viaggio per il gran caldo patito, massime in quell'ultimo giorno, e per causa di quello, al mal nutrimento de' frutti e cose tali, aborrendosi da ognuno in quelle stagioni la carne e i cibi più sustanziali; attribuita, dico, più tosto a questa che ad altre cause. Ma a poco poco ella s' andò facendo putrida e maligna, sì che in spazio di ventidue giorni il povero signore, con tutta la gagliardissima natura sua, mancò, non ostante tutti i rimedi possibili, dei quali non mancò mai copia, con assistenza continua di un dottissimo medico mandatone da Turino, oltre due altri, l' uno della città, l' altro del signor duca, capitato là con tutta la corte poco innanzi la sua morte. Il qual signor duca non lasciò veramente officio alcuno indietro di amore o di affezione e d'onore verso la persona sua. Ma tale si convien dire che fosse la volontà del Signore Dio. E da quello che poi si vide non poteva esser troppo lunga la vita sua, perchè dopo la morte essendo stato aperto, gli furono ritrovati gli interiori tutti guasti. Basta: la perdita di quel signore siccome fu a me e a tutta la compagnia, molesta, tanto più per la buona convenienza che era fra noi, e per la domestica e dolcissima conversazione passata insieme, e siccome fu sentita con grandissimo dispiacere non solo di quella città, per la grande opinione nella quale era tenuto, così doverà esser raccordata con pubblico dolore per l'ottimo servizio che ne riceveva la Serenità Vostra; non estendendomi io più oltre per non esser qui il luogo suo in raccontare le sue nobilissime qualità molto ben conosciute, non pur dalla Serenità Vostra, ma da ciascuno.

« ÖncekiDevam »