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ghiere. Questa continuazione e comunanza di affetti sopravvissuti alla tomba, siccome hannomi insegnato a ringraziare cento volte Iddio d'avermi beato di si dolce amicizia; cosi mi consigliano ora, anzi m'inpongono, di riofferirvi il primo dono, e intitolarvi quell'opera, la quale dopo tante interruzioni fu pur condotta al suo termine.

Egli è ben vero adunque che insomma oggi vi presento una cosa che era in tutto già vostra; cionondimanco non ispiuceravvi qualunque sia questo nuovo dono, quasi che l'amor nostro fosse da una pubblica dimostranza ringiovanito. Dal tempo della prima offerta a questo della seconda, un caro e ve-nerando capo, quello del padre vostro, si è posato anch'esso nel sepolcro, e quella nobile anima è ve nuta desiosamente a raggiungere la vostra. Questo fatto a voi tanto giocondo, a noi superstiti doloroso ed amaro, deve tutti farci accorti della vicinanza del nostro termine. Amici partiti per un lontano viaggio, e divisi per alcuni anni, noi siamo gli uni dietro agli altri chiamati a rivederci; noi c'incontreremo ancora una voltà, e in una patria dove l'amicizia è perfetta, e la permanenza non è turbata dul sospetto di avere quandochessia a ripartire. Pellegrini d'un giorno perchè dunque dolerci della morte, e impaurarci del sepolcro? Tuttavolta beato è chi partendo, lascia dietro di sè una ́ graziosa eredità di affetti, imperocchè senza il riso dell' amore; o mio diletto Francesco, questo pellegrinaggio terrestre, per quanto sia breve, sarebbe una tule maledizione da farci morire disperati.

Genova, 15 Giugno 1857.

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G. B. CERESETO.

LEZIONI PROEMIALI

INTORNO ALLO STUDIO

DELLA STORIA LETTERARIA

SOMMARIO.

LEZIONE PRIMA

Ma

Ragione dell'ordine tenuto in queste Lezioni. Vizio dell'insegnamento scolastico. — Che per via di esempi accorciandosi la via, l'esempio deve andare innanzi al precetto. niera facile di ordinare lo studio della Storia Letteraria nelle scuole, e suoi vantaggi,

Nel lungo esperimento di non pochi anni di scuola, vennemi più volte in acconcio di osservare, che mentre i giovani alunni grandemente si piacevano nella lettura de' poeti e de' prosatori, quali soglionsi ad esempio loro proporre; e mentre alla meglio faceano prova, scrivendo, d'imitarli, duravano poi gran fatica, o mostravano di vincere molta noia, quando si venisse alla disamina dei precetti, ed all'indagine delle norme necessarie e seguirsi, per volere più da vicino raggiungerli. La ragione di una tale differenza, se per incuria non fu le più volte cercata, non era però difficile a discoprirsi. Altro è il vedere un lavoro bello e formato con tutte le sue perfezioni, altro il ricercare le leggi, per cui Gereseto: Vol. I.

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era l'autore riuscito a condurlo a termine e a dargli l'ultima perfezione. L'ordine ha questo di proprio, che ogni parte sembra per esso tanto spontaneamente al Juogo suo collocata, da non lasciarvi intravedere o sospettare la trepida fatica dell'artefice, le lunghe veglie, gli studi ostinati, il pentimento e il tardo martirio della Fima. Perloché l'uomo nuovo nel santuario delle arti, tutto compreso e innamorato dell'armonia senza sforzo rispondente a quel tipo ideale, che ciascuno ha nella propria mente composto, non è maraviglia, se pari a colui che ammirava per la prima volta le loggie vaticane, rompa in quel detto: Son pittore anch'io !

Ciò è più che bastante per chiarirvi della malagevole condizione d'un maestro in belle lettere. Egli, che non può lasciarsi illudere dall' apparente facilità, e che vede ben addentro nei sottili misteri dell' arti, si trova in certa maniera costretto a distruggere que sto incantesimo, a capovolgere ogni cosa, per insegnare poi pazientemente agli alunni la via tenuta, gli apparecchi fatti, i durati fastidii, le malagevolezze superate dagli artisti prima di giungere alla meta, non che per discoprire quelle regole generali, le quali conducono al bello, e sono infallibile norma a non forviare; lavoro per sè medesimo pieno di aridità e di pericolo. Quindi è che i periti raccomandarono tanto sovente con Orazio per una parte di giovarsi molto degli esempi, e per l'altra di essere brevi e parchi nei precetti, per quanto fosse dalla materia consentito:

Quidquid praecipies, esto brevis; ut cito dicta Percipiant animi dociles, teneantquè fideles. Avvi oltre a ciò una seconda ragione, che rende meno piacevole ai giovani la parte precettistica o teoretica; ragione, la quale trovasi nella natura me

desima delle cose insegnate. I precetti e le sentenze essendo come il riassunto di tarde e riposate meditazioni, quanto dilettano i dotti e come richiamo, come principio di nuovi studi e pensamenti, tanto riescono a quelli oscuri e gravi. La famosa Epistola ai Pisoni per cagion d'esempio, non contiene più di dieci o dodici canoni intorno alle belle arti; ma questi sono cosi pieni di altissime dottrine, che raccolgono in sè quanto di meglio venne mai detto sin qui agli antichi e ai moderni intorno all'estetica. Ora questi canoni essendo, per così dire, come il sugo e l'ultimo Fisultamento di lunghe considerazioni, pochi giovani sono al fatto di comprenderne tutta l'ampiezza, quando non abbiano mandato innanzi la preparazione di accurate e varie letture, e la disamina coscienziosa di molte opere di arte. Queste due osservazioni bástino da sè sole a farvi comprendere perchè da una parte gli elementi riescano tanto duri, e perchè dall'altra il metodo seguito nelle scuole o sia da modificarsi come vizioso, o come nimico alla logica eziandio da ripudiarsi.

Ponete ben mente a quel che si fa nelle scuole. Un giovane il quale senza eleganza e a fatica saprà mettere in carta i proprii pensieri, e dovrà pur anco lottare colla grammatica, quando appena giunga in rettorica, viene d'un tratto come trasmutato in poeta, in oratore, in filosofo, e consuma la vergine fantasia nello abborracciare alcuni componimenti o meglio informi rapsodie, nel unire insieme splendide frasi rapite qua e colà senza molto discernimento; educando se medesimo a scrivere di pratica e presto, ad impazientarsi della lima, e (che peggio è) alla vanagloria d'un applauso non meritato se non avendo mente all'età dello scrittore. In questo mezzo il maestro è nella necessità d'incorarlo malgrado le molte deficienze,

per non condurlo a disperare di sè medesimo, e insieme a ragionargli delle più squisite perfezioni, e delle sfumature della lingua e dello stile, a presentargli lunghi e tediosi cataloghi di regole e di tropi, a dargli d'un fiato i precetti della lirica, della tragedia, della commedia, del poema epico, e così via di questo tenore, senza che per avventura ne abbia mai letto uno solo per intiero; mentre dal canto loro i discenti divenuti indocili, osano perigliarsi ad imprese che riuscirono gravi anche agli omeri dei più robusti. Qual giovine alunno di rettorica venne a termine del suo primo corso senza avere immaginata o scritta una tragedia, una commedia, o sognato un romanzo e un poema epico? Narrasi che Pittagora educasse per cinque anni i giovani alla meditazione ed al silenzio, considerando l'acquisto di queste due virtù come essenzialissima preparazione ad avanzare in meglio, e a lavorare quindi con piena cognizione di causa. Non cercando per ora se il termine legale dell'antico filosofo fosse o no troppo lungo, non dovrà negarsi che e' ragionasse a fior di logica meglio di noi, parendo ridicola cosa il por mano ad una fabbrica prima d'avere in pronto all' uopo i materiali, e tener conto dei fregi e delle dorature delle sale, mentre si desiderano ancora i fondamenti.

A quest'ovvia instanza contro il metodo antico si risponde: essere utilissimo pei giovani l'esercizio dello scrivere, per usarsi a quella managevolezza di espressione, che in un età più matura anche più malagevolmente, e forse non più ci vien fatto di acquistare. L'osservazione è tanto vera che farebbe, a parer nostro, pessima prova chi si avvisasse di non tenerne conto alcuno; si bene par necessario cangiar norma e proposito, cimentando i giovani a scrivere non per lavorare

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