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Ed ella non ridea; ma s'io ridessi,
Mi cominciò, tu ti faresti quale
Semele fu, quando di cener fessi;
Chè la bellezza mia, che per le scale
Dell'eterno palazzo più s'accende,
Come hai veduto, quanto più si sale,
Se non si temperasse, tanto splende,

Che'l tuo mortal podere, al suo fulgore,
Parrebbe fronda che tuono scoscende.

A misura che la scienza avvicinasi al suo príncipio, tanto cresce di luce e di bellezza; finchè arrivata a Dio si pone nell'alto suo seggio, per poco non si confonde nella stessa Divinità, sfolgorando di sì vivo splendore l'amante Poeta, che non trova più parole confacenti all' esultanza del cuore innamorato. E questa è l'ultima meta, il conseguimento della beatitudine nella contemplazione di Dio, o, per esprimerci colle sue parole, il passaggio dallo stato di miseria a quello di felicità:

Qual è il geomètra che tutto s'affige

Per misurar lo cerchio, e non ritrova,
Pensando, quel principio ond' egli indige;
Tale era io a quella vista nuova;

Veder voleva come si convenne

L'imago al cerchio e come vi s'indova,
Ma non eran da ció le proprie penne.

Veramente il Poeta avea tenuto la parola giurata fino dai giorni della prima giovinezza, e registrata nella Vita nova, dove dice: « Appresso

.....

apparve a me

una mirabil visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di questa Benedetta

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(Beatrice), infino a tanto chè io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a cio io studio quanto posso, sì com' ella sa veramente. Sicchè, se piacere sarà di Colui, per cui tutte le cose vivono, che la mia vità per alquanti anni perseverì, spero di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuno.

Non so d'avere, o giovani, pienamente descritta questa visione allegorica, che il Poeta maturava fin dagli anni più verdi, ma parmi che il fin qui detto bastar possa a mettervi almeno in sulla via buona per istudiarla poscia con più agio da per voi. Questa istoria potrebbesi riepilogare così in poche paroles

~ L'uomo perduto nella selva dell'errore è impedito dalla gravezza del male di andare a Dio. La ragione può bensì chiarirlo della miseria e dell'orrore di questo impedimento, ma egli non verrebbe mai a quella di prendere un consiglio buono ed energico, se la Ver gine o la Clemenza celeste da Lei rappresentata, non compiangesse a tanta rovina, e non frangesse la se verità del giudizio,< ottenendo la Grazia. Questa, per compiere l'opera sua, giovasi all'uopo della Scienza sacra; e l'uomo illuminato incomincia allora il suo viaggio di espiazione, onde rendersi degno di uscire da tanta bassezza, La vista delle terribili conseguenze del vizio, inizia in lui un desiderio più vivo di liberarsene, e questo è il primo passo o grado per giungere a salvezza. Dopo questo tutti gli sforzi dell'uomo che si dibatte, per correre al monte dilettoso a spogliarsi lo scoglio tornano a bene; la fatica istessa del viaggio diventagli più leggiera, finchè, lavatosi nel fiume Lete, o dimenticata la prima vita, la Sapienza svelandosegli nella sua celestiale bellezza, lo rinnova nelle acque dell' Eunoè, e lo conduce di grado in grado a riposarsi nella visione beatifica di Dio.

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-Tale in breve, se mal non m'appongo, è il pens siero eminentemente morale e filosofico, dominante da capo a fondo nelle tre Cantiche; non così nascosto che non si possa intravedere a ogni tratto; non così palese che abbia da riuscire noioso, sentendo troppo d'una astrazione metafisica. L'Allighieri, se mi, consentite questa espressione, volle dar corpo alla morale del Cristianesimo, raffigurando tutta l'umanità nella propria persona, e in quella degli altri personaggi della maravigliosa epopea. Quindi ogni esempio, ogni storia, ogni comparazione, siano pur anche tolle da superstiziose fole del volgo, non sono da lui rigettate, se gli tornino in acconcio pel suo soggetto. Tutto lo scibile umano, la tradizione e l'esperienza d'ogni secolo divenivano suo retaggio, di cui egli liberamente potea disporre. La politica non è certo primo agente, ma uno dei principali; perocchè il più perfetto ordinamento sociale concorre alla morale perfettibilità degli uomini. E pertanto egli non risparmia parole fulminanti ́e satiriche punte contro i promotori delle turbolenze e delle dissenzioni, sorgente di miserie e di lutto ai popoli dell'età sua, e grande ostacolo a quell' armonia di governo, che il Poeta nella mente vagheggiava. Che poi quest'armonia fosse più o meno un illusione ed un sogno, se ne vuole in ogni caso incolpare non il Poeta, bensì piuttosto i tempi, e le dottrine allora prevalenti; e quindi perdonargli le ingiustizie che egli possa per avventura aver commesse contro certi personaggi e certe istituzioni secondo i suoi principii biasimevoli, benchè dai secoli venturi e da più matura esperienza fatti conoscere per degni o di lode o almeno di escusazione. Travagliato dà tanti dolori, amareggiato da tante privazioni non poteva dimenticare cosifattamente sè medesimo, che non Cereseto. Vol. I.

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risentissé di tratto in tratto le punture della sua fe rita. Tuttavola, o giovani, ricordate, come egli non Finneghi mai la virtù dovunque si trovi. Gli studi di parte non possono accecarlo a segno di fargli disconoscere un'azione onorata: loda o fulmina parecchi dei pontefici, ma anche biasimando, riconosce sempre riverente il Vicario di Cristo ; il pensiero di Bonifazio VIII, lo costringe a fremere, e nello stesso tempo grida contro il nuovo Pilato, che nel pontefice rinnova la cattura del Nazareno; flagella il monachismo decaduto dalla sua prima purezza, ma la memoria di S. Benedetto, di S. Pier Damiano, di S. Francesco, di S. Domenico, gli ispira i versi più soavi; non rispetta la fronte dei potenti viziosi, ma onora i troni e la podestà che viene da Dio; oda e biasima i guelfi, loda e biasima i ghibellini, mentre egli per essere più imparziale, si propone di far parte da sè stesso, e di porsi in mezzo ai belligeranti come la voce della verità che chiama i popoli della terra alla pace ed alla virtù sotto la santa egida della religione:

Tu proverai si come sa di sale

Lo pane altrui, o come è duro calle
Lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.
E quel che più ti graverà le spalle,

Sarà la compagnia malvagia e scempia
Con la qual tu cadrai in questa valle.
Che tutta ingrata, tutta matta ed empia
Si farà contro a te: ma poco appresso
Ella, non tu, n'avrà rotta ka tempia.
Di sua bestialitade il suo processo
Farà la prova, sì ch'a te fia bello
L'averti fatta parte per te stesso.

FRANCESCO PETRARCA

DELLA POESIA LIRICA

CENNI BIOGRAFICI DEL PETRARCA,

SOMMARIO.

LEZIONE IX.

Introduzione. Natali e giovinezza del Petrarca. →

Suo innamoramento. Laura. — Valchiusa.

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- Coronazione in CamRiflessioni morali sul carattere e le amicizie del PeMorte di Laura - Morte e ritratto del Petrarca.

Tra gli scaffali di qualche pubblica biblioteca vi sarà, o giovani, occorso già di vedere e sfogliare anche un enorme volume in foglio, pubblicato nel 1581 a Basilea, contenente una grande varietà di scritture filosofiche, di lettere, di opere istoriche, dialoghi, egloghe e poemi in un latino, il quale se pur ci lascia intravedere un amoroso e lungo studio dei Classici, parmi tuttavia ben lungi ancora dal raggiungere ò quell'aurea semplicità e freschezza di Virgilio e di Orazio, o la magniloquenza di Tullio; quantunque ben si conosca essere stati quèsti gli esemplari che lo scrittore propose a se medesimo per modelli. Nelle ultime ottanta pagine poi,

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