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Taluno di voi, o giovani, forse rammentò quel pellegrino, che or non ha gran tempo, visitato il tranquillo asilo d'Arquà, traduceva in un famoso romanzo le gagliarde impressioni della mesta anima. Consentitemi adunque di aggiungere alle già moltissime ancora una citazione, levata da questo libro.

"Noi proseguimmo (così il romanziere) il nostro breve pellegrinaggio fino a che ci apparve biancheggiante da lungi la casetta che un tempo accoglieva,

Quel Grande alla cui fama è angusto il mondo,
Per cui Laura ebbe in terra onor celesti,

to mi vi sono appressato come se andassi a prostrarmi sulle sepolture de' miei padri; e simile a quei sacerdoti che taciti e riverenti s' aggiravano per i boschi abitati dagli Iddii. La sacra casa di quel sommo Italiano sta crollando per la irreligione di chi possiede un tanto tesoro. Il viaggiatore verrà invano da lontane terre a cercare con maraviglia divota la stanza armoniosa pei canti celesti del Petrarca. Piangerà invece sopra un mucchio di ruine coperto di ortiche e di erbe selvatiche fra le quali la volpe solitaria avrà fatto il suo covile. O Italia! placa le ombre dei tuoi grandi. Oh! io mi sovvengo col gemito nell'anima dell'estreme parole di Torquato Tasso. Dopo essere vissuto quarantasette anni fra i sarcasmi dei cortigiani, le noie de' saccenti e l'orgoglio dei principi, or carcerato, ed or vagabondo, sempre melanconico, infermo, indigente, giacque finalmente nel letto di morte, e scriveva, esalando l'etremo sospiro: Io non mi voglio dolere della malignità della fortuna, per non dire della ingratitudine degli uomini, la quale ha voluto aver la vittoria di condurmi alla sepoltura men

dico. O mio Lorenzo.... mi suonano queste parole sempre, nel cuore, sempre.

Frattanto io recitava sommessamente con l'anima tutta amore e armonia la canzone: Chiare, fresche, dolci acque; e l'altra: Di pensier in pensier, di monte in monte; e il sonetto: Stiamo ancora a veder la gloria nostra, e quanti altri di quei sovrumani versi la mia memoria agitata seppe suggerire al mio

cuore".

La mattina del giorno 19 di luglio del 1374, i famigli del Petrarca, aprendo, secondo l'usato, la sua domestica biblioteca, lo trovarono col capo appoggiato sopra un volume aperto, forse il Virgilio sumentovato; e siccome era questo un suo atto abituale, così per qualche tempo non ne fecero altro caso; ma il grande Poeta, colpito da apoplessia, avea cessato di vivere.

Ripensando, o giovani, alla lezione di questo di, m'avveggo d'aver fuor d'ogni misura moltiplicate le citazioni. Non so bene se questo sia un errore, e se debba dolermene; ma dapoichè il correggerlo non è per ora in mano mia, non vi spiaccia che ne aggiunga un ultima, e che finisca, dandovi il ritratto' del Poeta, quale egli medesimo lo delineò nella epistola indirizzata alla posterità..

"Da giovine il mio corpo non ebbe grandi forze, ma pur ebbe molta destrezza; non forme eccellenti, di che non mi glorio, ma pur tali, che potevano nei più verdi anni piacere. La canutezza, la quale, benchè rara, apparve già dai primi anni, io non so come, in sul mio capo giovanile, e la quale, essendomi sopravvenuta insieme colla prima lanugine, avea per gl'imbiancati capelli una certa non so quale dignità, come dissero alcuni, 'ed insieme aggiungeva alle fattezze del mio volto ancor tenero non lieve ornamento;

ella pur nondimeno m'era spiacevole, perchè all'aspetto mio giovanile, di cui molto io mi compiaceva; almeno in quella parte opponevasi. Io ebbi vivo il colore, infra 'l bianco e'l bruno, gli occhi viyaci, e la vista per lungo tempo acutissimà; la quale fuori della mia aspettazione, mi mancò dopo il sessantesimo anno della mia età, così che, mio malgrado, mi convenne ricorrere ai visuali aiuti. Venne la vecchiezza; e sopra il mio corpo, per tutta l'età mia sanissima, trasse l'usato moltiplice stuolo delle infermità, che lo accompagnano ».

Ma un ritratto più vero del Petrarca noi possediamo in quei sovrumani versi del Canzoniere (per usare la frase di Foscolo) che faremo prova nelle seguenti lezioni di esaminare.

Poetica del Canzoniere.

SOMMARIO.

LEZIONE X.

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· Necessità di studiare la poetica generale del Canzoniere primadi venire a più particolari considerazioni. Dell'amore. Come fosse inteso e cantato dagli antichi. L'amore è consacrato dal Cristianesimo. Condizione della donna presso gli antichi - nei secoli di mezzo e nell' età del Petrarca. Teoria dell' amore platonico. Ultime considerazioni.

Se una vita più riposata e una salute più ferma consentito avessero al Leopardi di scrivere, come si proponeva, la storia dell'amore del Petrarca, noi avremmo per avventura il più compiuto e il migliore commento del Canzoniere. Quell'anima melanconica e affettuosa era nata fatta per comprendere le segrete speranze, i dolori, i rimorsi ei pentimenti che agitarono i lunghi giorni del Cantore di Laura. Ma di tant' opera non abbiamo ora se non la parte minore, cioè la dichiarazione grammaticale del testo, che può considerarsi non più d'un semplice lavoro preparatorio. Ne, lamentando cosiffatta perdita, crediate, o giovaní, ch'io dimentichi gli innumerevoli cómmenti del Canzoniere; che anzi la ricordanza di così importuna moltitudine mi fa per l'appunto desiderare quell' único di cui ancor difettiamo. Per vero dire, non avvi mediocre ingegno che non tengasi da tanto di sapervi chiarire del senso

d'un passo men aperto, di scrivere a piè di pagina una nota; cionondimeno parmi indubitato che solo ai grandi sia conceduto di penetrar bene addentro nei misteri dell'arte, i quali di leggieri si celano o vengono dal volgo dei chiosatori e dei profani miseramente travisati. So che a recar giudizio d'una poesia non è mestieri che altri sappia tornire bei versi; ma Orazio, il quale ́ suolsi citare siccome autorità, e il quale diceva di sè, che, non osando lavorare di proprio, farebbe l'uffizio della cote, per insegnare agli altri, esprimeva questo modestissimo pensiero in ottimi versi, che smentivano la sua asserzione. I pedanti possono notomizzare, ma gli artisti solo hanno intelletto vero dell'arte.

Comunque ciò sia, e perchè questa verissima osservazione sembri di tal natura da spaventarmi e rimuovermi del proposito di entrare dopo tanti a dire alcuna cosa del Canzoniere; pure io non dubiterò di raccogliere oggi alcune poche delle considerazioni principali, ed aprirvi liberamente i miei pensieri, per adempiere, quand' altro non fosse, a quel debito che dall'uffizio mio vennemi imposto.

E innanzi a tutto io bramerei, o giovani, che rapidamente col pensiero riandaste fra voi e voi le infinite modificazioni subite da questa parola di Amore, la quale ebbe via via significazione e potenza diversa, giusta i diversi costumi di quelli che la pronunziarono o celebrarono nelle loro scritture; cioè terrestre e grossolana o sottile e spirituale; plebea e lurida o cortigiana e sublime; vile e corrompitrice o nobile, vivente ed attiva. I poeti per la loro natura delicata e sensitiva erano ed esser doveano i naturali interpreti di questa parola; ma fra gli antichi ed eterodossi rado è ch'ella sollevisi dal fango terrestre, mentre i costumi rotti e depravati li stringevano, per così dire,

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