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sta smania di trovar cose nuove, aguzzarono però gl'intelletti, i quali ebbero miglior fortuna nelle scienze esatte e naturali, perchè la bicca politica del tempo trovava il suo conto a spingerli solamente per quelle. regioni. Del resto quando avvisaronsi di entrare nel. santuario del cuore, quando si tennero in debito di rivendicare i diritti della ragione, furono compressi, e non di rado colle persecuzioni, colle carceri, coi roghi e colle mannaie. Per buona ventura le tirannie non ispengono il pensiero e la verità, e il trionfo della scienza preparava quello eziandio del buon gusto. Nek fatto della letteratura una sola creazione o innovazione fu allora e splendida e fortunata. L'opera musicalè che può dirsi cominciata dal Rinuccini, quantunque siccome. vedremo, i germi fossero gittati molto tempo innanzi,divenne per la Italia nostra una gloria curopea. Forse non fu senza danno delle nostre lettere, forse fu alla vera arte drammatica fatalissima; e pure non vorremmo giammai, e sarebbe ingiusto, il calpestare questa leggiadra corona.

Ma quando parlasi del traviamento delle lettere delle arti, non bisogna già credere che nessuno rima-. nesse di mente sana, e che quella terra, la quale aveva prodotti tanti miracoli artistici dovesse perdere ad un tratto ogni senso di buon gusto. Il delirio per fermo fu quasi universale, ma le proteste non mancarono grandi e solenni, molto prima dell' instituzione dell' Arcadia, che fu nel 1690, la quale comunemente viene segnata come il termine di quella infermità, e il principio d'una vita più sana. Gli Arcadi procedettero dietro il princ cipio della riazione nell'opera loro, e siccome la scuola marinesca fuorviava per vaghezza di cose singolari e non più udite, così essi avvisarono di ricondurla `sulla carreggiata per mezzo della semplicità degli argomenti

e delle forme. E di vero per quanto oggidì quella instituzione sia universalmente nella opinione nostra caduta in discredito, è mestieri confessare, che facesse qualche po' di bene, e che più ne avrebbe fatto se non fosse venuta a mano di pedanti, che la resero ridicola, moltiplicando i volumi di poesie, dove non parlavasi che di selve, di pastori e di armenti, poesie senza succo, e degne di un popolo di eunuchi.

Il rimedio adunque sarebbe stato rovinoso quanto la malattia, se, rinvenuti da quello stupore da cui gl'Italiani erano stati assaliti nel Seicento, si fossero abbandonati ad occhi ciechi nelle freddure dell' Arcadia. Per la turba capitanata in principio dal Crescimbeni, e più tardi dal Frugoni la bisogna non corse infatti diversamente; ma pel cozzo delle idee si acuirono gl'intelletti più potenti, e ritornarono il Settecento sulla via vera, fatto ricco di feconde dottrine, e desideroso di palme ancora intatte. Gianvincenzo Gravina, che fu Arcade, anch'esso, la ruppe tosto col gran Pastore, e serisse della Ragione poetica ben più degnamente di quello non pensassero i nuovi Accademici; Muratori ripristinò per non dire che creò la critica istorica; mentre il Vico nel segreto suo maturava la Scienza nuova. Intanto Zeno e Metastasio perfezionavano l'opera del Rinuccini; Maffei apparecchiava il nuovo teatro tragico colla Merope, e il Goldoni ricomponeva la commedia italiana. Era un fermento universale, un uțile gara fra principi e privati, un desiderio comune d'innovare in politica, in filosofia come in letteratura. Per nostro danno si volle soverchiamente imitare dalla Francia, dimenticando la sapienza dei nostri antichi, e si guastarono quindi molti utili pensamenti, si deformò la bellezza nativa della nostra lingua, si resero popolari giudizii avventati e poco onorevoli a quei grandi serit

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tori. Cionondimeno da queste idee nuove, dall' ardimento di questi conati, le lettere assunsero una fisonomia più conveniente alla civiltà cresciuta, e alla solenne gravità degli avvenimenti, che c'incalzavano.

E a vero dire, per quanto gli uomini siano proclivi a rilevare i difetti presenti, sublimando il merito dei tempi passati, ossia che l'invidia aguzzi gli sguardi, ossia che del passato non si ricordino che le glorie; parmi certo che il secolo decimo nono iniziato dall'Alfieri e dal Parini, e reso venerando dalla presenza del Manzoni, meriti lo studio più accurato, e non possa dirsi di mal augurio alla gloria futura dell'Italia nostra. Si disse, non saprei bene, se con molto fondamento, che l'età in cui viviamo, troppo avida dell'utile, non fosse gran fatto acconcia agli studii puramente letterarii. Se per istudii letterarii s' intendono quelle freddure dell' Arcadia, quelle cicalate accademiche, le quali empierono molti volumi di tanta vanità, l'incuria dei presenti sarà un vero guadagno. E vero guadagno è il volere che le lettere abbiano un officio civile, e mirino a qualche cosa di sostanzioso e di pratico. L'incremento delle scienze esatte, i fecondi trovati che mutano, e più muteranno le moderne generazioni, sono gravidi di maggior poesia che altri non pensi, e non c'impediscono intanto di ammirare e di gustare i succosi versi del Foscolo, le sublimi melanconie di Leopardi, la musica sovrana delle cantiche del Monti. Le influenze straniere da cai ci dicono o minacciati o già guasti fino al midollo, se per avventura moltiplicarono fra noi mediocri drammi, cattivi romanzi, non ci contesero di rallegrarci negli scritti di Niccolini, di Pellico, di Manzoni. Se il fermento di nuove dottrine può in qualche modo indebolire la sostanza delle antiche; certo il male non

è sì grande, dacchè le ispirazioni religiose del Manzoni trovarono tanti ammiratori, e la scuola cristiana, educata dagli inni suoi, e dalle caste pagine dei Promessi Sposi tanti seguaci. - La battaglia fra il classicismo e il romanticismo fu da molti combattuta per vezzo, dai più senza intelletto vero della causa, dataInni con una ignoranza tanto più supina, quanto più si’ riscaldavano; ma non fu certo una battaglia oziosa di› nomi, come altri avrebbe voluto troppo leggermente persuaderci. I nomi sono, come voi poteté vedere, oramai vecchi, ma la battaglia non è per anco terminata. Del resto quale voglia essere la fortuna della nuova scuola, sarebbe difficile a dirsi, mentre i combattenti non posarono ancora le armi; ma se oggidì si pretende che le lettere siano le interpreti delle condizioni dei tempi, le ́divinatrici del futuro, se vuolsi che mirino alla · inidolla senza però perdere di veduta la bellezza delle forme, la pretesa non è nuova o sragionevole. Una ́ letteratura come è la nostra, che si vanta di avere alla testa la sublime figura dell' Allighieri, non può ne dolersi, nè temere di essere ricondotta a' suoi principii. Futtavia disprezzando i mali augurii dei piagnoni, non aduliamo a noi medesimi, nè ci nascondiamo i difetti reali, non consoliamoci a vicenda coi fumi della boria nazionale, che senza la sostanza tornerebbe ridicola; non c'inebbriamo colla sonorità di nomi grandi, che ci sarebbero a diritto rinfacciati per vergogna, se non mostrassimo almeno il desiderio di emularli nelle opere. Chi non ha per sua difesa che a mostrare i ritratti degli avi, e spera di coprire la propria nudità cogli allori di altre generazioni, non può ragionevolmente dolersi di essere chiamato in colpa e deriso. Solo ai degni nepoti è consentito il vantarsi degli avi generosi.

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SOMMARIO. Necessità di studiare le origini della lingua. In qual modo il volgare si componesse dal latino.

Qual parte vi avessero le lingue dei Barbari. Ragione della diversità dei dialetti. - Epoca della formazione delle varie lingue dell' Europa meridionale. Quale sia l'influenza letteraria esercitata dai provenzali. Carattere della letteratura provenzale, sua forma, sua bellezza, suoi vizii, e cagioni di presta decadenza.

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A chi si proponga, come intendiamo far noi, prestantissimi giovani, di studiare col maggior frutto possibile nella brevità del tempo concesso, la storia delle nostre lettere, destasi naturalmente il desiderio, 9, a meglio dire, viene tosto sentita la necessità di rimontare sino alle origini prime, nelle quali si cela șiccome in germe tutto quanto il futuro. Ma innanzi ad ogni altra ricerca vi parrà senza dubbio importantissimá quella della lingua, essendo che in essa vi abbia propriamente la storia delle lettere. Come e per quali

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