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lo stesso merito. » Ultima di tempo fra tutte educasi la lingua del si o italiana, la quale cominciò a parere vestita di qualche splendore, mentre quella d'oi e d'oil, ossia provenzale e francese, erano universalmente tenute siccome prime d'antichità e di bellezza. Infatti ́ gl'Italiani medesimi non ricusarono di poetare in quelle lingue, e Brunetto Latini, per citare l'autorità del maestro stesso di Dante, ancora a' tempi suoi confessava di scrivere il Tesoro, in francese, come quello che riusciva più dilettevole ad udirsi, e prestavasi-meglio alla nobiltà dell'argomento proposto.

Questa primazia della lingua francese, e questa imitazione degli Italiani del modo di poetare tenuto dai Provenzali, non poco influirono sui primordi della nostra letteratura, comecchè a detta del dottissimo Muratori, altri abbia o per affetto o per torto giudizio trasmodato, attribuendo massimamente a questi ultimi più di quanto loro non si dovesse a buon diritto. Pertanto credo che non sarà per voi, o giovani, nè senza frutto, nè senza diletto se non chiuderemo questa lezione prima di dare un occhiata alla storia e alla poesia dei Trovatori. È il primo fiore che incontriamo sul ridente cammino che ci apparecchiamo di percorrere; e però per quanti miracoli di bellezza siamo in diritto di attendere, non sarà cosa meno gioconda l'esserci rallegrati nel suo primo profumo.

Il piccolo regno della Provenza, mercè la lunga pace, e la maggiore fermezza negli ordini civili, cominciando dalla reggenza del succitato Bosone, il quale prosperò le condizioni dei popoli suoi, offerse per il primo nell'evo mezzano lo spettacolo d'una civiltà transitoria, ma splendida, di una letteratura leggera, ma ridente, gaia e romanzesca quanto la vita dei poeti che la rappresentano. La lingua d'oc fu la prima a sce

verarsi e lasciare quello stato d'incertezza in cui tuttavia versavano le altre sorelle della famiglia latina; e a spiegare le sue dovizie di modi e di armonie nelle canzoni d'infiniti poeti, i quali pullularono da quella terra siccome per incanto, e per l'agevolezza del trovare i concetti e le rime, furono conosciuti sotto il nome di Trovatori. Questo nuovo lampo di luce poi venne mano mano crescendo e dilatandosi in pienissimo giorno, quando, essendo succeduto nel regno Raimondo, conte di Barcellona, aggiunse alla gentilezza propria del luogo, quel far cavalleresco, e quella maggior eleganza o squisitezza di modi, da lufi appresa nel contatto degli Arabi, i quali toccavano di quel tempo l'apogeo della gloria, e coltivavano con amore e con successo grande le lettere. Questo popolo sboccato dal deserto, che avea maravigliato il mondo colla rapidità delle conquiste, ora lo abbarbagliava collo splendore de' suoi trionfi scientifici.

Siccome la cavalleria era l'anima della poesia provenzale, così a vicenda la scienza gaia (el gai saber) diveniva, per così esprimermi, lo specchio dei costumi del tempo, e la più fedele espressione di quella clamorosa letizia tutta propria della giovinezza dei popoli. Il linguaggio della poesia era il solo atto a significare quell'età eroica, quei nuovi costumi, quegli usi pittoreschi che a noi furono ricordati dai romanzi antichi, dai vecchi novellieri. La poesia diveniva un vero bisogno della vita, il più gradito ornamento di quelle feste che si avvicendavano di castello in castello, di terra in terra, e con cui salutavasi l'aurora della rinascente civiltà. Quindi in tutti quel vivere lieto e spensierato, quella bramosia di pompe c di ricreazioni, quella smania e ambizione di avventure romanzesche, le quali venivano poi abbellite nelle can

zoni dei Trovatóri, e procuravano loro la estimazione dei principi e dei castellani, la simpatia e l'amore delle dame. Non sarà pertanto da far maraviglia, se la cavalleria dei Trovatori terminasse al postutto col ridursi quasi esclusivamente ad imprese galanti, e se la loro dovizia poetica non si estendesse gran fatto oltre gli argomenti d'amore. A qual pro doveano essi prendere sul serio la vita, e mirare al sodo della scienza, mentre le soavi armonie del liuto, e le rime d'una gaia canzone erano più che bastanti a procurar loro onorificenze, e denari? Tuttavia, e massimamente quando le Crociate volsero tutto l'ardore guerriero di quell'epoca alla splendida impresa di Terra Santa, la poesia dei Trovatori ebbe un altra fonte a cui attingere largamente nuove ricchezze d'immagini e di pensieri. E quantunque non ne usasse con tanta pienezza, come pareva giusto impromettersi, cionondimeno Amores e Gloria sono, a dir vero, le due parole che esaltano del pari l'anima di quei poeti; sono i due temi da cui non sanno mai o raramente dipartirsi, e che improntano d'un certo carattere uniforme le innumerevoli produzioni di quella scuola. Pel buono e valoroso Provenzale l'amore è stimolo a cercare ed ambire la gloria; la gloria non ha migliore ricompensa dell'amore; ed amendue divengono così la divisa di tutti.

Veramente non è ufficio nostro di entrare a discor-` rere delle varietà delle forme esterne addottate da quella poesia; tuttavolta essendo che molte ne furono poscia tradotte nella nostra letteratura, non vi parrà fuor di luogo, che almeno vè ne accenni alcune delle principali, prendendo ad imprestito le parole di uno storico recentissimo. « Mot (dice egli) chiamavano i versi di varia misura onde componevano le strofe, usando spesso il ritornello, forma tanto consentanea alla poesia po

è si grande, dacchè le ispirazioni religiose del Manzoni trovarono tanti ammiratori, e la scuola cristiana, educata dagli inni suoi, e dalle caste pagine dei Promessi Sposi tanti seguaci. - La battaglia fra il classicismo e il romanticismo fu da molti combattuta per vezzo, dai più senza intelletto vero della causa, da taInni con una ignoranza tanto più supina, quanto più si riscaldavano; ma non fu certo una battaglia oziosa di nomi, come altri avrebbe voluto troppo leggermente persuaderci. I nomi sono, come voi poteté vedere, oramai vecchi, ma la battaglia non è per anco terminata. Del resto quale voglia essere la fortuna della nuova scuola, sarebbe difficile a dirsi, mentre i combattenti non posarono ancora le armi; ma se oggidì si pretende che le lettere siano le interpreti delle condizioni dei tempi, le divinatrici del futuro, se vuolsi che mirino alla midolla senza però perdere di veduta la bellezza delle forme, la pretesa non è nuova o sragionevole. Una letteratura come è la nostra, che si vanta di avere alla testa la sublime figura dell' Allighieri, non può ne dolersi, nè temere di essere ricondotta a' suoi principii. Futtavia disprezzando i mali augurii dei piagnoni, non aduliamo a noi medesimi, nè ci nascondiamo i difetti reali, non consoliamoci a vicenda coi fumi della boria nazionale, che senza la sostanza tornerebbe ridicola; non c'inebbriamo colla sonorità di nomi grandi, che ci sarebbero a diritto rinfacciati per vergogna, se non mostrassimo almeno il desiderio di emularli nelle opere. Chi non ha per sua difesa che a mostrare i ritratti degli avi, e spera di coprire la propria nudità cogli allori di altre generazioni, non può ragionevolmente dolersi di essere chiamato in colpa e deriso. Solo ai degni nepoti è consentito il vantarsi degli avi generosi.

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CENNI SULLA FORMAZIONE DELLE LINGUE MODERNE E SULLA POESIA DEI TROVATORI.

SOMMARIO.

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LEZIONE III.

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In

Necessità di studiare le origini della lingua. qual modo il volgare si componesse dal latino. Qual parte vi avessero le lingue dei Barbari. Ragione della diversità dei dialetti. Epoca della formazione delle varie lingue dell' Europa meridionale. Quale sia l'influenza letteraria esercitata dai provenzali. Carattere della letteratura provenzale, sua forma, sua bellezza, suoi yizii, e cagioni di presta decadenza.

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A chi si proponga, come intendiamo far noi, prestantissimi giovani, di studiare col maggior frutto possibile nella brevità del tempo concesso, la storia delle nostre lettere, destasi naturalmente il desiderio, o, a meglio dire, viene tosto sentita la necessità di rimontare sino alle origini prime, nelle quali si cela şiccome in germe tutto quanto il futuro. Ma innanzi ad ogni altra ricerca vi parrà senza dubbio importantissima quella della lingua, essendo che in essa vi abbia propriamente la storia delle lettere. Come e per quali

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