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eloquenza del Boccaccio l'arte parmi soverchia anzi che no, e l'affetto vinto più volte dallo studio e dalla ricercatezza. Rado è che v'incontriate in quelli slanci di naturale eloquenza, i quali v’inteneriscano, e vi cavino le lagrime; il retore si vede sempre qualunque sia il personaggio che introduce sulla scena. La stessa Griselda, soavissima figura di donna, reca fino a tal punto la pazienza sua, come il Marchese gli eccessi della prova, che l'illusione si dissipa, e sentiamo, leggendo, lo sforzo del novellatore. Quando l'eloquenza parte dal cuore ha un linguaggio che difficilmente pùossi per arte imitare, e trova tali immagini alle quali altri non avrebbero mai posto, mente. L'eloquenza del Boccaccio è il modello a cui si educarono principalmente i Cinquecentisti, e quel Mons. Giovanni della Casa, che ci lasciò alcune orazioni, proposte in tutte le raccolte di prosatori, lodate da tutti i maestri in rettorica, é (sia detto in confidenza tra noi) lette per intiero da pochi, da nessuno d'un fiato. Di questa diversità tra l'eloquenza della rettorica e quella del cuore siatene giudici voi medesimi, o giovani, e fatene ragione da un esempio, cavato da uno scrittore più antico del Boccaccio, da una cronaca scritta colla maggiore semplicità, la cronaca di Dino Compagni (1), con-temporaneo di Dante...

Alloraquando attendevasi Carlo di Valois, mandato da Bonifazio VII in Firenze, per conciliare l'animo discorde degli abitatori, Dino stimò opportuno di radunare i maggiorenti della città nella Chiesa di s. Giovanni, onde consigliarli di concorrere tutti in un solo pensiero, e cominciò a dir loro:

Cari e valenti cittadini, i quali comunemente

(1) Vol. 356 Biblioteca scelta. Silvestri.

tutti prendeste il sacro battesimo in questa fonte, la ragione vi sforza e strigne ad amarvi come cari fratelli; e ancora perchè possedete la più nobile città del mondo. Tra voi è nato alcuno sdegno per gara d'uffici, li quali, come voi sapete, i miei compagni e io con sacramento v'abbiamo promesso d'accomunarli. Questo signore viene, e conviensi onorare. Levate via i vostri sdegni, e fate pace tra voi, acciocchè non vi trovi divisi. Levate tutte le offese e ree volontà state trá voi di qui addietro. Siano perdonate e dimesse per amore e bene della vostra città. E sopra questo sacrato fonte, onde traeste il santo battesimo, giurate tra voi buona e perfetta pace, acciocchè il Signore che viene, trovi i cittadini tutti uniti.»

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Or valga il vero, dove sapreste trovarmi nel Boccaccio una immagine che rassomigli a quella solennissima del fonte battesimale? dove quella rapidità di espressione, e quell'affetto che non lasciando campo ad oziose perifrasi, è pure così potente nella sua semplicità? Ma per darvi ragione di tale differenza, come vi dissi, ricordate che nella cronaca del Fiorentino parla il cuore del cittadino, nel Decamerone ragionà solo l'artista.

Eccovi, ò giovani, in breve, quali mi parvero i pregi, quali i difetti di questo libro famoso. Ma in quella guisa che mi tenni in debito (anche à rischio di aver la taccia di ardito) di aprirvi liberamente l'animo ne' miei giudizii: permettete che, raccogliendo lé vele, io mi rifaccia sul primo pensiero, e francamente vidica, che tutti i meriti del Boccaccio (fossero anche mille volte maggiori) non bastano a compensare il difetto della moralità così villanamente calpestata. Questo vizio è tanto capitale, che se per voi non fosse altro mezzo di apprendere la lingua nostra, io non dubiterei di sconsigliarvene affatto; conciossiachè non siavi

cosa bastante a compensare la virtù. Verrà tempo, quando la foga delle passioni s'attuti dentro di voi col crescere dell'età e coll'esperienza della vita; e allora potrete con agio studiare il Decamerone; per ora bastivi quel poco che alcuni buoni ingegni spigolarono in quel campo, per offerirvelo senza pericolo. Questo sarà più che sufficiente a darvi una idea precisa della maniera di scrivere, tenuta dal celebrato Certaldese. D'altra parte, per educarvi alle bellezze della lingua nostra, ed insegnarvi il modo di scriverla correttamente i buoni autori soverchiano; cosicchè il piccolo sacrifizio che voi farète alla virtù riuscirà senza danno quand' anche foste costretti (mi perdonino gli accademici) ad ignorare pur il nome di Giovanni Boccaccio.

Della novella e del romanzo
dal Boccaccio sino a noi.

LEZIONE XV.

Imitazioni del Decamerone. - Il Pecoróne.

Franco

SOMMARIO.
Sacchetti. La novella nel Cinquecento. Nuova forma e indi-
rizzo che si studiano di darle i moderni. — Origine del romanzo.
Leggenda del Medio Evo. Busone da Gubbio. Enea Silvio. -
Romanzi pastorali. Romanzi storici e di costumi. Alessandro

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- Conchiusione.

L'uso del novellare festevole alle corti dei principi, nei castelli dei baroni, era cominciato appena che i̟ costumi presero alcun poco a ingentilirsi, e le lingue romanze mano a mano si vennero componendo dagli informi dialetti che, rampollati dal tronco della lingua latina, diedero origine a quelle della moderna Europa. Altrove noi abbiamo, sebbene rapidamente, toccato dei Trovatori provenzali, della nuova poetica, e delle peregrine foggie del verséggiare secondo gli insegnamenti della Scienza gaja. Erano rozzi elementi, ma pur tali e così fecondi, che venuti a mano d'un grande artista, come era il Petrarca, potevano rotondarsi e prendere la squisita forma del Canzoniere in lode di Madonna Laura. Parlando poi della Divina Commedia facemmo anche un piccolo cenno delle molteplici visioni e delle pie leggende intorno al mondo avvenire, che corsero in gran numero per le bocche degli uomini nel Medio Evo, e non furono allora, ně

sarebbero osservabili oggidì, se Dante non le avesse nei versi delle tre Cantiche immortalate. Presto ci verrà in acconcio di cercare nei romanzi di cavalleria, della Tavola rotonda, nelle leggende attribuite a Turpino, nel libro dei Reali di Francia gli elementi dell' Epopea romanzesca, che ci diede poi nel Cinquecento quei miracoli d'arte dell'Orlando Furioso. Il Boccaccio rispetto alla sua maggior opera, che è il Decamerone, non usò diversamente secondochè dicemmo, paragonando il racconto delle tre Anella, e non fece che dare forma nuova e colore alla materia già di lunga mano apparecchiata. Ma l'arte ha questo di proprio, che più si cela, dove la squisitezza è maggiore, e più male și presta alle imitazioni, dove pare che sia tanto agevole, da essere eguagliata per poco sforzo che facciasi. Quindi la moltiplicità degli esperimenti, le male riuscite, le gare e le invidie dei mediocri. Allora si avvera in tutto quel d'Orazio :

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Ex noto fictum carmen sequar, ut sibi quivis -Speret idem, sudet multum frustraque, labòret Ausus idem: tantum series juncturaque pollet! Tantum de medio sumptis accedit honoris!

L'Alligbieri non ebbe gran numero di imitatori per la maravigliosa grandezza del suo concetto, che non dava campo a matte speranze; ma al Petrarca, siccome vedemmo, ne toccarono ben parecchi, e moltissimi al Boccaccio. Ciò era facile a prevedersi. La popolarità dei modi usati, la modesta semplicità del tessuto, l'ordine armonico, ma poco avvertito degli argomenti, la famigliarità della trattazione, che non lascia quasi agio di pensare con quanta cura egli passi per tutti i tuoni, e sappia spianarsi la via ad ogni maniera di stile, dal

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