Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Egli amò di tanto amore questo luogo, che essendogli già presso a morte giunta la nuova, che un capitano nemico ayevalo nelle guerre del Fregno da capo a fondo mandato a soqquadro, ne fu preso da tal ira che con un voto da buon pagano, sclamò, non morrebbe contento, se non potesse allegrarsi del castigo di quel barbaro, il quale aveva così violato l'asilo sacro alle Muse.

Ma (per ripigliare il filo, dela nostra narrazione) non avevano col primo esiglio toccato il lor termine le ́sventure del fedele Poeta; il quale non ricusò la sua parte di affanni, quando re Federigo d'Aragona fu nuovamente espulso, e condotto in Francia, dove mori prigioniero, e pianto a lungo da lui. Era questo un piccolo ed impotente tributo d'amore, ma certo io penso dolcissimo a quel ré caduto e dimenticato in quei giorni da tutti gli amici della buona ventura, Veramente quando la poesia, consacrà così le castę ispirazioni del dolore agli sventurati, diventa bella c divina:

Jam Rhodanum, Volcasque feros, Vocontiaque arva
Legimus, et fines, Belgica terra, tuos.

Bisque pruinosas cursu superavimus Alpes:
Bis melas magni vidimus Oceani.

Atque hic te tandem deflevimus, optime regum;
Quantum Hecube natos fleverat ipsa súos;
Quantum discissis fratres Cassandra capillis,
Andromacheque sui dum legit ossa viri.
O fatum infelix! o sors male fida! quid illic
Egimus? o tristiTM mèrsa carina loco!

Dopo essere stato così a lungo in balia delle più diverse fortune, reduce finalmente in patria, potè menare il rimanente della vita tranquilla nell' amore di

(

numerosi amici ed ammiratori sinceri dall'animo e dell'ingegno suo; potè a sua posta, c a seconda degli instancabili desiderii suoi, attendere alta cura delle proprie opere. Narrasi che spesso, consultando un severissimo censore e maestro, consumasse i giorni intieri intorno ad un solo verso, al cangiamento di una parola; studio e scrupolosità di cui se altri pretese di scoprire un poco troppo manifeste le orme, gli meritavano lode del più elegante latinista del secolo suro, di emulo felice degli scrittori del buon tempó di Augusto.

.

Dopo il sacco dato a Roma dał Borbone, e la fierissima peste sopravvenuta in Napoli, il Sannazaro riparò in una piccola borgata alle falde del Vesuvio, si perchè la tranquillità del luogo e la salubrità dell'aere lo invitavano, e sì ancora per lo nuovo amore da cui fu preso per la Marcheṣa Cassandra, che egli celebrò ne' versi suoi, paragonandola per le grazie alle Cariti, per la bellezza ala Ciprigna e per la sapienza alle Muse:

Quarta Charis, decima es mihi Pieris, altera Cypris, Cassandra una choris addita Diva tribus.

Uomo di bella persona, facile nel conversare famigliare, arguto nel rispondere, sobrio e gentile nel motteggiare, festevole, nobile di costumanze e di modi, di carattere generoso e franco, più che nol comportasse l'indole decaduta del suo secolo,. glorioso per la fede incorrotta anche dinanzi ai nemici della sua parte, il Sannazaro cessò di vivere in una vecchiezza onorata, caro a tutti i letterati d'Italia (ed. erano pressochè innumerevoli) nell' anno 1530, avendone allora compiuti 72 dell' età sua. Il suo sepolcro coperto

d'insegne pagane, siccome convenivasi anche troppo alla forma del suo poetare, se bene e' venisse principalmente in fama per un poema d'argomento cristiano, fu segnato dai seguenti versi di Pietro Bembo:

Da sacro cineri flores, hic ille Maroni
Syncerus musa proximus ut tumulo.

Le ossa del Sannazaro ben riposavano presso la tomba del grande Epico latino, ch'egli aveva studiato e imitato con tanta cura. Tuttavia la prossimanza, cui acceñna il Cardinal Bembo, vuol da noi essere intesa in un senso diverso. Virgilio per sentimenti e per affetti pare che sentisse l'aura già vicina del Cristianesimo; Sannazaro pur cantando di Cristo spira il molle profumo del politeismo; nell'uno fu gloria l'aver quasi per intuito profetico predetta la verità, nell'altro non parmi lodevole l'avere retroceduto sino al paganesimo. La poesia dell' Eneide è pertanto dopo si lunghi secoli viva, fresca, immortale; quella del Parto della Vergine non ha che un lume di riverbero, nè può conservarsi se non in quanto giova a completare la istoria della scuola virgiliana. L'alloro di Titiro è un albero secolare che sfida i venti e la folgore di Giove; quello di Azio Sincero è un piccolo germoglio spuntato, cresciuto e vivente della vita di quel tronco annoso, che non deve mai inaridire.

De Partu Virginis

SOMMARIO.

LEZIONE XVII.

Introduzione: -Elogi prodigati al Sannazaro pel suo poema. -Dedica a Clemente VII. Analisi del poema — e os« servazioni critiche.

[ocr errors]

La fama del Sannazaro la quale è oggidì principalmente conservata viva dal romanzo dell' Arcadia, di cui abbiamo in altra lezione parlato; era nel Cinquecento assai popolare per le poesie latine ed il poema De Partu Virginis scritto nella medesima lingua. Intorno a questo non lungo lavoro egli spese venti anni,.. attendendovi poi pressochè tutto il rimanente della vita, per correggere e ritoccare qua e là secondoche la incontentabilità del sue gusto e l'avviso dei dottį amici gli venivano mano a mano suggerendo. Nessuno ?> meglio del Sannazaro stimò di più l'improbo lavoro della lima, e fu più pronto di lui a riprendere quel verso, Quod non

Multa dies et multa litura coercuit, atque
Praesectum decies non castigavit ad unguem.

ང་ ་

Quando Leon X ebbe contezza di questo lavoro di lui, ne fu tanto lieto che per la penna elegante del Bembo lo volle incorare all'impresa, augurandosene

le più fortunate conseguenze anche pel vantaggio della
religione così fieramente combattuta di quel tempo
da Lutero. Quel Papa, ben lungi però dal prevedere
tutta la grandezza dell'incendio appigliatosi alla casa
del Signore, impromettevasi una gloria perenne pei
giorni del suo pontificato dalle opere del Raffaello,
ed avea ragione, e una poderosa difesa del Vaticano
da un poema, e questo era dubbio. Gratulamur (cosi
nel Breve) itaque tibi quod tantum unus praestes,
quantum antea nemo, Ecclesiae, quod cum vexetur,
lancine turque ab aliis, a te uno in coelum efferatur
nostro saeculo, quod fiet tui carminis luce celeber-
rimum: nobis denique ipsis, quibus imminente hinc
Goliade armato, hinc Saule a furiis agitato, affue-
rit pius David illum funda a temeritate, hunc lyra
a furore compescens. Eppure il Sannazaro, salutato
qui con epiteti così gloriosi, aveva con fere parole e
versi mordaci insultato alla memoria di Alessandro VI,
di Giulio II e di Leone medesimo, del quale disse poscia
in un epigramma, che e' moriva senza l'aiuto dei Sacra-
menti, perchè in suo vivente li aveva venduti. In que-
sto modo il David del Breve pontificio volgea la fionda
contro Aronne, e prendeva ad imprestito le pietre da
Golia stesso, che era Lutero, o, per uscire d'allego-
ria, il Cantore di Cristo malediceva al suo Vicario.
Tuttavia ciò non tolse al Sannazaro di avere in pre-
gio il Breve scritto dal Bembo, e di dedicare il poema
a Clemente VII, anch'esso di Casa Medici, pregandolo
coi titoli più onorevoli di accettare il presente. Così
in fatto di religione erano di quel tempo corrivi e pie-
ghevoli anche i migliori:

Magne parens, custosque hominum, cui jus datur uni
Claudere coelestes, et reserare fores:
Cereseto. Vol. I.

20

« ÖncekiDevam »