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mai dell'arte; non polele scoprire ch' egli si prepari e studii di sorprendervi; mentre la natura medesima sembra che lo guidi per mano, e che pur volendo nonavrebbe potuto fare e parlare altrimenti. Ricordate a questo proposito le due famose ottave, che saprete a memoria:

La verginella è simile a la rosa,

Che in bel giardino su la nativa spina,
Mentre sola e sicura si riposa,

Nè greggi, nè pastor le si avvicina;
L'aura soave e l'alba rugiadosa,

L'acqua e la terra al suo favor s'inchina;
Giovani vaghe e donne innamorate
Amano averne e seni e tempie ornate.
Ma non si tosto dal materno stelo

Rimossa viene e dal suo ceppo verde,
Che quanto avea da gli uomini e dal cielo
Favor, grazia e bellezza tutto perde.
La vergine, che 'l fior, di che più zeło,
Che de' begli occhi e de la vita aver de',
Lascia altrui còrre, it pregio ch'avea innanti
Perde nel cor di tutti gli altri amanti.

Quando siete giunti a termine, studiate fra voi e voi come potreste diversamente esprimere quel medesimo concetto, e forse non vi verrà fatto di trovare altre frasi più piane, più proprie, più convenienti: e non sarebbe a stupire se taluno di voi dicesse per avventura come quell'artista, il quale vedendo per la prima volta gli affreschi del Vaticano, esclamò: Son pit

tore anch'io!

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Tuttavolta noi sappiamo che l'Ariosto imbrattò più fogli di carta, e ricopio quei pochi versi più di cento volte prima di averli torniti e ri

dotti a quell' ultima perfezione. In lui si avvera pertanto alla lettera quel d'Orazio :

Ludentis speciem dabit, et torquebitur; ut qui Nunc Satyrum, nunc agrestem Cyclopa movetur.

Per le quali cose, se in fatto di stile l'Ariosto ha veramente alcuna pecca, se gli vennero rimproverate a ragione certe forme abbiette; io per me non oserei dirlo senza una tal quale paura, sospettando sempre di non · veder bene, e amando piuttosto asserire col Gravina, che « con tutti questi vizii è molto superiore a coloro ai quali in un coi vizii mancano anche le virtù; poichè non rapiscono il lettore con quella grazia nativa, con cui l'Ariosto potè condire anche gli errori, i quali sanno prima di offendere, ottenere il perdono: in modo che più piacciono le sue negligenze che gli artificii altrui; avendo egli libertà d'ingegno tale, e tal piacevolezza nel dire, che il riprenderlo sembra autorità pedantesca ed incivile. »

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L'Orlando e il Ricciardetto.

LEZIONE XXIV.

SOMMARIO. Se L'Orlando sia un poema satirico. Degli imitatori dell' Ariosto. Dalla infelicità delle imitazioni rampolla il primo pensiero della satira. Sotto questo punto di veduta il Ricciardetto acquista un nuovo interesse, e segna l'ultimo termine del ciclo romanzesco. Cenni biografici del Fortiguerri e prima origine del suo poema. Del ridicolo. Esempi. Conclusione.

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Consentitemi, o giovani, di aggiungere ancora alcune considerazioni colle quali mi propongo di chiudere l'argomento dell'epopea romanzesca.

lo vi dissi adunque, parlando del Pulci, che taluni avevano creduto di scorgere nel Morgante il primo lampo della satira immortale ordita poi tanto bene da Michele Cervantes nel Don Chisciotte, che rese quasi impossibile un genere di letteratura, il quale pur aveva si piacevolmente dilettato i lettori di mezza Europa. Ora questo pensiero nacque in molti relativamente all'Ariosto, imperocchè credettero di poter all'uopo citar molti brani e moltissime espressioni del Furioso, per le quali questo pensiero mostra di avere un buon fondamento. Senonchè, e per quelle medesime ragioni che sponemmo poco innanzi rispetto al Pulci, questo segreto e satirico intendimento parmi ugualmente nell'Ariosto prematuro; e tanto più poi quando rammento

la smania e l'interesse con cui venivano letti ed ammirati i poemi di questa fatta, e finalmente la serietà croica e quasi religiosa colla quale il Boiardo aveva poco prima scritto l'Orlando innamorato, senza che però i suoi contemporanei lo criticassero e lo pregiassero meno. Quel far satirico pertanto, quelle poetiche esagerazioni che sono comunissime all' Ariosto, come alla più parte degli altri romanzeschi, devono considerarsi piuttosto come un frutto naturale di quel genere poetico, che come l'espressione d'un concetto premeditato e fermo, quale vedesi nel romanziere spagnuolo. Fra la gravità epica del Boiardo, che all'elegante scetticismo dei Cinquecentisti potea riuscir noiosa, e la celia mordace del Cervantes, a cui non erano apparecchiati, Ariosto battè la via di mezzo, contentò il gusto universale, e meritò a buon diritto la prima corona. Se vi verrà in pensiero di prendere ad esame le più gaie scene del Furioso, troverete che spesso l'autore mira e vuol destare sulle vostre labbra il sorriso, pur evitando sempre il ridicolo della commedia; nel che parmi che appaia l'arte eminentemente sovrana di lui; essendo assai malagevole quel sobrio temperamento fra due estremi al tutto opposti e però vicinissimi, l'eroico e il ridicolo.

Ma il trionfo ottenuto dall' Ariosto e il successo prodigioso dell' Orlando, ingannarono molti poeti, invogliandoli a correre il medesimo arringo; imperocchè i mediocri soverchiano, e il tentare felicemente nuove vie, non è cosa conceduta se non ai sommi. Un uomo che riesca eccellente in un genere nuovo rado è che non trovi molti partigiani fra i suoi coevi, moltissimi ed importuni imitatori; e ciò dipende da un naturale amore del piacevole e del bello, o da una direi, scusabile ambizione di partecipare in qualche modo dello

splendore della gloria altrui. Ma se è pericoloso in letteratura, come in ogni altra cosa, il farsi schiavo degli altri, e il proporsi di rifare un cammino già battuto; molto più era rispetto all' epopea romanzesca, nella quale l'Ariosto non era inventore, ma perfezionatore, e della quale egli segnava, per cosi esprimermi, l'ultimo culmine. La prima cagione adunque produsse una spaventosa copia di poemi cavallereschi, i quali poi per la seconda fallivano di lunga tratta alla meta che si prefiggevano. Quindi è che il tempo fece un ampia e meritata vendetta di tutti, non risparmiando neppure quei pochi, dove le bellezze non erano scarse, come sarebbe a cagion d'esempio l'Amadigi di Bernardo Tasso, il Girone dell' Alamanni, e alcuni altri. Che potevano valere questa o quella felice descrizione, questi e quei canti ben condotti, mentre il Furioso nella sua perfezione artistica li facea tutti dimenticare? L'Agostini solo, narrano che protestasse contro la pubblica opinione, ostinandosi a ripubblicare una sua continuazione dell' Orlando innamorato, e morendo nella sicurezza (in ciò almeno felice) d'avere colto nel se gno a preferenza dell'Ariosto.

Da questa ch'io direi febbre d'imitazione, comincia a rampollare naturalmente il concetto satirico del Cervantes; non essendovi da una parte nulla di più stucchevole del gregge dei copiatori, e dall'altra di più ridicolo dell' ostinata mediocrità di cui vi citai un esempio nell' Agostini. Ora quella vita ideale dei cavalieri erranti, descritta nei romanzi e nei poemi, che non trova applicazione nella vita reale tanto da essa diversa, che non può esercitare, quella benefica influenza, che aveva nel Medio Evo agevolata la moderna civiltà, diventa necessariamente fredda e noiosa, tanto più poi quando appresentasi iscompagnata dal lenocinio

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