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Suol dire d'esser stanchissimo d'esser re.

Il re, per detto comune, è assai sospettoso; e dicono i suoi proprj servitori: De la risa al cuchillo del rey no ay dos dedos (1).

Nel primo complimento che il nunzio del papa fece col re, gli fu da S. M. risposto con queste proprie parole: Beso los pies de Su Santedad por la merced ec. E così fa sempre. Travaglia con tanta assiduità, senza prendersi ricreazione, che non è official alcuno nel mondo, per assiduo che sia, il qual stia tanto nell' officio suo come S. M. Così dicono i suoi ministri, e pare che sia vero.

Detto dell' ambasciatore di Francia sopra la dissimulazione del re di Spagna: Il re è tale, che quando bene avesse un gatto nelle brache, non si moverebbe nè dimostrerebbe alterazione alcuna.

Dicono i suoi ministri che la sua intelligenza è tanta, che non è cosa che non sappia e che non veda.

I suoi segretarj gli scrivono lasciando tanto di margine quanto è lo spazio dove scrivono, acciocchè il re, secondo il suo costume, possa capo per capo rispondere quanto gli piace.

Alle nozze (novembre 1570) il re era vestito di giubbone e calze cremisine con ori ec., e con un robbone foderato di zibellini. La sera il re cenò separatamente e poco, lo stesso fece la regina. La mattina seguente il re e la regina furono veduti allegri e contenti, e andarono a messa nella chiesa pubblica.

La regina è servita alla tavola da tre dame in ginocchio. Tutto il servizio che si fa è in ginocchio.

(4) Cioè dal sorriso del re al coltello (ossia decreto di morte) non corrono due dita. Detto, che abbiamo pure da altri ambasciatori in Spagna.

RELAZIONE

DELLA CONQUISTA DI TUNISI

FATTA DA DON GIOVANNI D'AUSTRIA

E DELLA PERDITA DI ESSA E DELLA GOLETTA

ESIBITA

DA PLACIDO RAGAZZONI

RESIDENTE VENETO IN SICILIA

NEGLI ANNI 1570-74.

(Dal Codice 1316 della Libreria Manin, stato già di Amedeo Svayer),

RELAZIONI VENETE.

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AVVERTIMENTO

La scrittura che ora pubblichiamo è quella da noi promessa a pag. 478 del tomo V della serie II, nell' avvertimento che precede la Relazione del regno di Sicilia di Placido Ragazzoni; della quale è questa come un annesso, che abbiam peraltro creduto doversi stampare a parte perchè appunto si riferisce a materia spettante ad altra serie.

Il Ragazzoni tornato in patria nel 1574, dopo quattro anni di residenza in Sicilia, divise in tre parti la esposizione di quelle cose ch'egli stimò suo debito di riferire in senato. Nella prima rende conto delle contrattazioni di grani e altre forniture per l'armata veneta, che formavano il principale oggetto della sua missione, e che a noi è parso di pretermettere come cosa estranea alla nostra pubblicazione. Nella seconda, che è la presente, parla di quegli avvenimenti dai quali l'abbiamo appunto intitolata. Nella terza fa la vera e propria relazione del regno di Sicilia, che è quella già da noi pubblicata.

Il racconto dell' impresa di Tunisi vien corredato di due lettere dello stesso don Giovanni d' Austria, inedite, per quanto crediamo; e quello della perdita della Goletta è autenticato da testimonianze delle vittime stesse di quel gravissimo fatto, che mise vieppiù in evidenza la inanità dei resultati della recente vittoria di Lepanto, la quale non poteva condurre a conseguenze di gran momento che quante volte la Spagna avesse secondato gli sforzi della lega con ben altra intensità di opere e di volere che quella allora dimostrata da Filippo II. Del quale francamente può dirsi, avervi preso parte più per ottenere i sussidj ecclesiastici, che Pio V gli accordò abbondantissimi, che per deliberata volontà di cimentarsi in una impresa definitiva. Onde Venezia è largamente scusata dell' aver provveduto a sé stessa colla pace del 1573. Il tempo delle grandi iniziative era finito in Europa coll' espulsione dei Mori dalla Spagna. La Riforma aveva diviso gli animi e la società, e creato quell'antagonismo d'interessi e di intenti, dei quali il mondo non ha ancora veduto le ultime risultanze.

Io mi ritrovavo in Messina quando, alli 28 di ottobre 1571, si ebbe la nuova della grandissima vittoria ottenuta alli 7 di detto alle Curzolari dall' armata della Serenità Vostra e degli altri principi confederati contra l'inimica del Turco; della quale sì come la cristianità non conseguì mai la maggiore, così ne feci festa ed allegrezza come ricercava quella grandissima nuova, e come si conveniva al grado che tenevo in quel regno per conto della Serenità Vostra. L'ultimo di novembre poi, la sera, arrivò detto signor Don Giovanni accompagnato dalla capitana di Savoia e da dieci altre galere, e il restante dell'armata andò capitando a poco a poco, rimurchiando le prese del nemico. Andai la mattina seguente a far riverenza a Sua Altezza, e seco mi rallegrai in nome della Serenità Vostra, dicendo egli che dalla sua armata aveva ricevuto bonissimo servizio, i capitani della quale, e così tutti gli altri, avevano mostrato molto valore, e che quanto a sè non aveva mancato, per servizio di Dio, della cristianità e de' principi confederati, di adoperarsi con quella prontezza e con quel fervore che si conveniva al debito suo; aspirando egli veramente a imprese e cose grandi, per quello che si poteva conoscere dai gesti e dal volto suo.

Feci similmente offizio di complimento con il sig. Marc'Antonio Colonna (1), dicendogli che, con molta sua laude, si attribuiva al nome suo gran parte della gloria di detta vittoria, poichè, oltra al molto valore in quella giornata da Sua Eccel(4) Generale delle galere pontificie.

lenza dimostrato, era stato autore, con la sua prudenza e destrezza, che la lega si fosse conclusa. Al quale, parendomi così convenire alla dignità e servizio di Vostra Serenità, offersi la mia stanza, che da lui fu cortesissimamente accettata, e lo alloggiai, per quel poco di tempo che stette in Messina, insieme col signor Michel Bonello nipote del Papa, ed altri signori e gentiluomini di sua famiglia.

Andai similmente a visitare gli altri signori e personaggi che erano stati con Sua Altezza, dai quali tutti fu molto commendato il valore dell'eccellentissimo provveditor generale Barbarigo, e degli altri capitani e sopracomiti dell'armata di Vostra Serenità.

Attesi poi con conviti ed altri mezzi onorati a intrinsicarmi e captar benevolenza appresso i ministri e cortigiani di Sua Altezza ed officiali dell' armata di S. M., che furono, de' principali, il sig. Giodicotto segretario del sig. Don Giorgio Mariquez provveditor generale, e il sig. Don Pietro Velasco veditor maggiore di detta armata (con consenso del quale Sua Altezza trattava e risolveva ogni negozio), sì per trovar maggior facilità ne' negozj che mi fusse occorso di trattare per conto della Serenità Vostra, come per saper ed intendere quel che si andava facendo ed operando, per poterne dar avviso a Vostra Serenità, come feci anco all'eccellentissimo generale dell'armata e agli eccellentiss. signori ambasciatori in Roma.

Condusse Sua Altezza 52 schiavi principali appartenenti alla lega, fra' quali erano i due figliuoli di Alì Bassà, il governatore di Negroponte e altri, i quali si custodirono nel castello di Messina. E succedendo la morte di qualcheduno di essi, ero addimandato a intervenire, come ministro di Vostra Serenità, a pigliarne nome e nota, e mi era domandato la porzione che toccava alla Serenità Vostra delle spese che si facevano intorno a'detti schiavi. Ma io mi scusavo che non avevo simil commissione da Vostra Serenità.

Da Sua Altezza, che certo in tutti i bisogni della Serenità Vostra si mostrò sempre amorevole e pronta, ottenni licenza di far far biscotti in Sicilia per provvisione dell' armata di Vostra Serenità, come pure ottenni per mezzo suo

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