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donde moveva, e si pose in cammino risolutamente e vittoriosamente. Le varie tappe di questa lunga marcia, durante la quale la Chiesa, vinti gli ultimi pagani, e poi i barbari, riuscì a conquistare l'Impero, e quindi, superata la sua stessa corruzione, ad imporre il suo volere sull'Europa, si chiamano: la sommissione di Teodosio (390), di Agilulfo (603), di Carlo Magno (800), di Enrico IV (1077).

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S. Ambrogio. « Esposizione del salmo CXVIII del Vangelo di S. Luca ecc. », Sec. XV.

(Biblioteca Nazionale di Torino).

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Dopo la libertà ottenuta, la nuova religione si trovò di fronte a tre ostacoli alla opposizione disperata dell'ultimo Paganesimo; all'eresia; all'« arrivismo ». Queste tre piaghe per un secolo si vennero sempre più esacerbando: il Paganesimo, che sembrava morto, si attaccò colla forza della disperazione agli ultimi valori della vecchia religione, e tentò di contrastare colle unghie e coi denti alla marcia vittoriosa della nuova. D'altra parte le eresie si moltiplicarono, e l'ariana si divulgò anche più rapidamente delle altre, perchè favorita dall'Impero.

La pletora poi di coloro che, dopo la vittoria, si affrettarono a porsi sotto l'egida della nuova religione vittoriosa per cavarne vantaggi e benefizi, portò un indebolimento dell'intima compagine di essa. Ma la Chiesa non si sgomentò e battè in breccia ad uno

ad uno i tre nemici, colle armi più impensate. Si accomodò col Paganesimo, cavandone ciò che le conveniva; percosse con una lotta senza quartiere ogni sorta di eretici, sgominandoli colla sapienza; finalmente, pur inveendo contro i laici e il clero corrotto, difese i neofiti peccatori e condannò i rigoristi. Ligia ai precetti di Cristo, essa esercitò

due azioni: di progressivo assorbimento, da una parte; e di lotta ad oltranza contro i nemici, dall'altra. La prima azione la esplicò riducendo dentro del Cristianesimo tutto ciò che nella filosofia, nell'arte, nelle consuetudini pagane essa potè conciliare colla sua fede; la seconda distruggendo le teorie avversarie ed edificando di contro ad esse una più possente mole dottrinaria e dogmatica. Il suo nemico più infesto fu l'eresia: dovunque e sotto qualsiasi forma si annidasse, essa era sempre considerata come un'insidia perversa del Maligno, per turbare l'unione spirituale della Chiesa. Il Paganesimo, invece, venne, sì, considerato anch'esso come un avversario, ma solo però rispetto alle concezioni idolatre e materialistiche ch'esso aveva importate nel mondo, non rispetto al rimanente della sua civiltà. Ed è di qui che incomincia quello strano dualismo per cui, da un verso, gli scrittori cristiani inveiscono contro le opere pagane, e dall'altro continuano ad appropriarsi della cultura, della forma, pur anche delle idee, lasciate in retaggio dai Greci e dai Latini. Certo è però che, specialmente nella prima fase, che va da Costantino alla fine del regno di Teodosio, la Chiesa opera una progressiva cristianizzazione della romanità, dalla quale spreme le parti vitali. Tutti i fedeli della Comunione occidentale avevano naturalmente assorbito dalla famiglia, dalla scuola, dallo Stato, il sentimento di potenza, di universalità, di orgoglio dell'immenso Impero, che le millenarie tradizioni e i secolari trionfi avevano costituito nel mondo. Perchè tutta questa grandezza e questa gloria, che era pur insita anche nei cuori dei cristiani, la Chiesa non poteva sottoporla come piedestallo della sua nuova fondazione? Perchè non poteva innestare la nuova idealità religiosa sul vecchio tronco romano, così come nei cuori, già idolatri, aveva insinuato il nuovo verbo? Ed eccola porsi tosto all'impresa e sforzarsi d'impregnare lo Stato, la società, la scienza della sua fede. Ambrogio il predominio politico, Gerolamo l'etico, Agostino conquista il predominio filosofico; e tutti insieme usano delle forme e dei modi letterari, rettorici, dialettici pagani per riuscire nel loro intento.

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S. Ambrogio. Mosaico di S. Vittore in Ciel d'Oro a Milano.

Ambrogio ha ragione del potere politico di sei sovrani. A Massimo, che gli vuol dare il bacio di pace dinanzi all'assemblea di Treviri, risponde: «Perchè vuoi

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Eccolo. Mi volete

baciarmi, dapoichè non mi conosci? Se mi avessi conosciuto, non mi avresti ricevuto qui ». A Valentiniano, che gli vuole carpire la basilica per darla agli ariani, scrive: «Volete il mio patrimonio? Prendetelo Il mio corpo? imprigionare, uccidere? Non mi procurate dolore; ma per i sacri altari io darò

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gioioso il mio sangue ». E a Teodosio, dopo l'eccidio tessalonicense, impone: («< Alla tua presenza io non offrirò più il Santo Sacrificio. Tu non vi potrai più partecipare, finchè la tua penitenza non sarà tale da poter essere nuovamente accetto a Dio». E Teodosio abbassa la testa e fa pubblica ammenda.

Era naturale, del resto, che tanta energia fosse in un uomo, che bandiva per primo la precisa affermazione del progresso umano per mezzo delle azioni:

Non è mai tardi per andare più oltre. Il progresso è la legge dell'universo. Il mondo fisico istesso, agli inizi caotico conglomerato di germi fermentanti, orrendo nelle caligini del suo incompiuto sviluppo, acquistò adagio adagio, nella delimitata distinzione degli elementi, le forme concrete, che costituiscono la sua meravigliosa bellezza. La terra, libratasi al di sopra delle opache tenebre, trasali di stupore alla contemplazione del sole. Nulla al mondo è perfetto agli inizi.

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(Libreria Olschki, Firenze).

Questo brano smagliante dimostra di quanta esaltazione lirica fosse pregna l'anima di Ambrogio, che pur le massime stoiche, ciceroniane, pagane di ogni sorta, quando gli venivano in sesto, arroventava e forgiava dentro della sua ardente parola. Perchè egli fu poeta, come tutti i Padri. Infatti, allora che il suo popolo fedele vigilava bivaccando sotto le stelle nella limpida notte primaverile del 386, per proteggere la basilica, contro gli ariani, gli poneva in bocca l'inno alato del tripudio spirituale, all'alzarsi

dell'alba, foriera del sole, della luce, dell'energia umana, che lavora per edificare il tempio di Dio:

Eterno creator delle cose,

Signor della notte e del giorno,

Che il tempo riparti sovrano,

Onde il tedio allieviare agli umani;

Già canta l'araldo dell'alba,
Vigilante nell'ombra notturna,
Ai viandanti guida sicura,

Delle tenebre l'ora scandendo.

Però Ambrogio non aveva ristretto la sua opera alla sola lotta politica, ma aveva anche rinforzato lo spirito dei fedeli per mezzo di una poderosa azione di assestamento etico. Perciò due fini egli perseguì: il dispregio dei beni terreni, e la continenza della carne. Come Dante, egli proclama alle turbe: «Il Signore mandò gli Apostoli senza oro, e senz'oro adunò le Comunità sacre. I sacri misteri non esigono oro ». E contro i ricchi, attaccati ai beni del mondo, egli grida questa terribile verità:

Per tutti è stato creato, o ricchi, questo universo, che, a dispetto del vostro esiguo numero, vi ostinate a rivendicare per voi. Ecco: voi vi costruite delle dimore fastose, e lasciate nudi degli esseri umani. Spoglio di ogni indumento, il miserabile grida nella via, e voi invece non avete in cuore altra preoccupazione che quella di sapere quali marmi adoprerete per i vostri mosaici. Il pezzente vi chiede di che sfamarsi: e il vostro cavallo ha in bocca un morso d'oro. Tutto un popolo geme nella sofferenza, e voi fate balenare i vostri gioielli. Disgraziati! Una pietra preziosa dei vostri anelli basterebbe per alleviare tante miserie: e voi non ve ne accorgete!

.

E, insieme col disprezzo dei beni, egli inculcò negli spiriti anche il ripudio dei piaceri del corpo; perciò nel De Virginibus egli intrecciò l'apologia più aperta dello stato verginale. E la parola di questo uomo consolare dovette essere ben possente se Agostino, dinanzi alla rapita eloquenza del Vescovo di Milano, curvò le ginocchia e adorò il nuovo Dio.

Come Ambrogio resistette soprattutto al potere politico, Gerolamo invece si levò di contro alla corruzione civile, e questa si ripromise di debellare. Anch'egli aveva provato, giovane raffinato, il dolce sapore della lussuria e del peccato, perciò tanto più acremente si oppose a quella infiltrazione degli spiriti pagani nella Comunità cristiana, che in ispecial modo nella seconda metà del IV secolo venne a trapelare in Roma.

Assunto il Cristianesimo a religione dell'Impero, il patriziato romano, passato in gran parte alla nuova fede, e il clero iniziarono essi pure l'assorbimento del mondo pagano dentro l'orbita cristiana. Ma, in seguito a tale travestimento, specialmente nella classe più alta, si venne a stabilire un ritmo di vita che era piuttosto simile a quello gaudente pagano, che a quello santo cristiano. Le matrone e i patrizi infatti tenevano circolo, andavano ai giochi, ai teatri, alle terme, si dilettavano di citaredi e di mimi, vivevano fra le vanità e i pericoli, col concorso e l'assentimento spesso degli ecclesiastici; nei quali la fede era languida, ma viva la sete degli onori e dei godimenti. Gerolamo inveisce contro questa società, che era pagana, sebbene lavata dal

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