Perocchè quella, che ti debbe udire, Con dolce fuono, quando fe' con lui, Appreffo che avrai chiefta pietate: Se egli ha fcufa, che la m'intendiate. Ch' a voi fervir l'ha pronto ogni penfiero: D', che domandi Amore fe egli è vero. Ed alla fine falle umil 3 preghiero : Lo perdonare Se le foffe a noja, Che mi comandi per messo, ch'ï' moja ; E di a 5 colei, ch'è d'ogni pietà chiave, Che le faprà contar mia ragion bona: E del tuo fervo, ciò che vuoi, ragiona : E s'ella per tuo priego gli perdona, Muovi in quel punto, che tu n'aggi onore, Quefta Ballata fi divide in tre parti. Nella prima dico a fei, ov' ella vada; e confortola, perch'ella vada più ficura e dico nella cui compagnia fi metta, fe vuole ficura andare, è fanza pericolo alcuno. Nella feconda dico quello che a lei s'appartiene fare. Nella terza la licenzio di gire, quando vuole, raccomandando il fuo movimento nelle braccia della fua fortuna. La feconda parte comincia: Con dolce fuono. La terza: Gentil Ballata: Potrebbe già l'uomo opporre contro a me, e dire, che non fapeffe, a cui foffe il mio parlare in feconda perfona, perocchè la Ballata non è altro, che queste parole, che io parlo. E però dico che quefto dubbio io lo 'ntendo folvere, e dichiarare in quefto libello, ancora in parte più dubbiofa; ed allora intenda qui chi più dubita, che qui voleffe opporre, in quefto modo. Appreffo di quefta foprafcritta vifione, avendo già dette le parole, che Amore m'aveva impofte a dire, m'incominciaron molti, e diverfi penfamenti a combattere ed a tentare, ciafcuno quafi 1 indefenfibilmente; tra li quali penfamenti, quattro m'ingombravan più il ripofo della vita. L'un de' quali era quefto: buona è la fignoria d'Amore; perocchè trae lo 'ntendimento del fuo fedele da tutte le rie cofe. L'altro era quefto non è buona la fignoria d'amore ; perocchè, quanto il fuo fedele più fede gli porta, tanto piùrgravi, e dolorofi punti gli convien paffare. L'altro era quefto lo nome d'Amore è si dolce a udire, che impoffibile mi pare che la fua propria operazione fia nelle più cofe altro, che dolce; concioffiacofachè li nomi feguitino le nominate cofe, ficcome è fcritto: Nomina funt confequentia rerum. Lo quarto era questo: la donna, per cui l'Amore ti ftrigne così, non è come l'altre donne, che leggiermente fi muova del fuo cuore. E ciafcuno mi combatteva tanto, che mi faceva ftare quafi come colui, che non fa per qual via pigli il fuo cammino, che vuole andare, e non fa onde fi vada. E fe io penfava di volere cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti s' accordaffero, e quefta era molto inimica verfo me, cioè di chiamare, e di mettermi nelle braccia della pietà. Ed in quefto ftato dimorando, mi giunse volontà di fcrivere parole rimate, e diffine allora quefto Sonetto: Tutti li miei penfier parlan d'Amore, Ed banno in lor si gran varietate, 1 Indefenfibilmente. Manca nel ci di questa raccolta. Vocabolario, ficcome molte altre vo Al I Ma Altro Sperando m'apporta dolzore: E fe con tutti vo' fare accordanza, Convenemi chiamar la mia nimica, Madonna la Pietà, che mi difenda. Quefto Sonetto fi può dividere in quattro parti. Nella prima dico e propongo, che tutti li miei penfieri fono d' Amore. Nella feconda dico che fono diverfi, e narro la loro diversità. Nella terza dico, in che tutti par che s'accordino. Nella quarta dico che, volendo dire d'Amore, non fo da qual parte pigliar materia: e fe la voglio pigliar da tutti, convien ch'io chiami la mia nimica, (1) Madonna Pietà; e dico, Madonna, quafi per ifdegnofo modo di parlare. La feconda parte comincia: Ed banno in loro. La terza: E fol s'accordano. La quarta : Ond' io non fo. Appreffo la battaglia de'diverfi penfieri, avvenne che quefta gentiliffima venne in parte, ove molte donne gentili erano adunate. Alla qual parte io fui condotto per amica perfona; credendofi fare a me grandiffimo piacere, inquanto mi menava laddove tante donne moftravano le loro bellezze. Onde io, quafi non fapendo a che io foffi menato, e fidandomi nella perfona, la quale un fuo amico alla eftremità della vita avea condotto, diffi a lui: perchè femo noi venuti a queste donne? Allora egli mi diffe: per fare che elle fieno degnamente fervite. E vero è, che adunate quivi erano alla compagnia d'una gentil donna, che difpofata era il giorno; e però, fecondo l'ufanza della fopraddetta Città, conveniva che le faceffero compagnia nel primo federe alla menfa, che facea nella magione del fuo novello fpofo. Sicchè io, credendomi far piacere di quefto amico, propofi di ftare al servizio delle donne nella fua compagnia; e nel fine del mio proponimento. mi parve fentire un mirabile tremore cominciar nel mio petto dalla finiftra parte, e diftenderfi sì di fubito per tutte le parti del mio corpo. Allora dico che io poggiai la mia perfona fimulatamente ad una pintura, la qual circundava quefta magione: e temendo, non altri fi foffe accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentiliffima Beatrice. Allora furono si diftrutti li miei fpiriti per la forza, che Amor prefe, veggendofi in tanta propinquità alla gentiliffima donna, che non ne rimafe in vita più, che gli fpiriti del vifo: ed ancora quefti rimafero fuori degli loro ftrumenti, perocchè Amore voleva ftare nel loro nobiliffimo luogo per vedere la mira bile donna; e avvengacchè io foffi altro, che prima, molto mi dolea di quefti fpiritelli, che fi lamentavano forte, e diceano; fe quefti non ci sfolgoraffono così fuori del noftro luogo, noi potremmo ftare a vedere la maraviglia di quefta donna, ficcome stanno gli altri noftri pari. I' dico che molte di quefte donne, accorgendofi della mia transfigurazione, s'incominciarono a maravigliare: e ragionando, fi gabbavano di me con quefta gentiliffima. Onde l'amico di buona fede mi prefe per la mano, e traendomi fuori del la veduta di quefte donne, mi domandò che io aveffi? Allora io ripofato alquanto, e (*) refurreffiti li morti fpiriti miei, e li dif cacciati rivenuti alle loro poffeffioni, diffi a quefto mio, amico quefte parole: Io ho tenuti li piedi in quella parte della vita di là dalla quale non fi può ir più per intendimento di ritornare. E partifomi da lui, mi tornai nella camera delle lacrime, nella qual, piangendo, e vergognandomi, fra me fteffo dicea: Se quefta donna, fapeffe la mia condizione, io non credo, che così gabbafe la mia perfona; anzi credo, che molta pietà ne le verrebbe. Ed in quefto pianto ftando, propofi di dire parole, nelle quali, parlando a lei, fignificaffi la cagione del mio transfiguramento: e diceffi, che io fo bene, ch' ella non è faputa: e che fe foffe faputa, io credo che pietà ne giugnerebbe altrui; e propuofi di dirle, defiderando che veniffero peravventura nella fua audienza; ed allora diffi quefto Sonetto: Coll' altre donne mia vista gabbate; (2) E non penfate, donne, onde fi mova, Se lo fapefte, non porria pietate Tener più contro a me l'ufata prova: Che quando Amor si presso a voi mi trova, Che'l fier tra' miei Spirti paurofi, E quale ancide; e qual caccia di fora, Ond' io mi cangio in figura d'altrui ; Ma non sì, ch'io non fenta bene allora Gli guai de' difcacciati tormentofi. Quefto Sonetto non divido in parti, perciocchè la divifione non fi fa, fe non per aprire la fentenzia della cofa divifa; onde, conciof (1) Refurrefiti, vuol dire riforti. Credo che vada coll' accento fulla penultima fillaba. Manca nel Vocabolario. fia (2) E non penfate, donne al. e non penfare, donna. (3) Sicch'ei folo rimane. al.Siccb' ¿o Solo rimango. I Chi fiacofachè per la fua ragione affai fia manifefto, non ha mestiere di divifione. Vero è, che tralle parole, ove fi manifesta la cagione di quefto Sonetto, fi truovano dubbiofe parole; cioè, quando dico, che Amore uccide tutti gli miei fpiriti, e li vifivi rimangono in vita, falvo che fuori degli ftrumenti loro. E quefto dubbio è im, poffibile a folvere, a chi non foffe in fimil grado fedele d' Amore; ed a coloro che vi fono, è manifefto ciò che folverebbe le dubbiofe parole. E perciò non è bene a me dichiarare cotal dubitazione, acciocchè 'l mio parlare farebbe indarno, ovvero di fuperchio. Appreffo la mia transfigurazione mi giunse un penfamento forte, lo qual poco fi partía da me, anzi continovamente era meco. Pofciachè tu pervieni a così fchernevole vifta, quando tu fe' preffo di. quefta donna; perchè pur cerchi di veder lei? Ecco, che fe tu foffi domandato da lei, che avreftù da rifpondere? ponendo, che tu aveffi libera ciascuna tua virtù, inquanto tu le rifpondeffi. Ed a coftui rifpondea un' altro umil penfiero: Io le direi, che si tofto, com io immagino la fua mirabile bellezza, sì tofto mi giugne un defi derio di vederla, lo quale è di tanta virtù, che uccide e diftrugge nella mia memoria, ciocchè contro a lui fi poteffe levare: e però non mi ritraggono le paffate paffioni, di cercare la veduta di coftei. Onde io moffo da cotali penfamenti, propuosi di dire certe parole nelle quali, fcufandomi a lei di cotal paffione, poneffi anche di quello che mi diviene preffo di lei; e diffi questo Sonetto: Ciò che m'incontra nella mente, more, Quando vengo a veder voi, bella gioja: Lo vifo moftra lo color del core, Ch'è tramortendo, dovunque s' appoja: Se l'alma sbigottita non conforta, (2) Lo qual fi cria nella vifta morta Degli occhi, ch' hanno di lor morte voglia. Quefto Sonetto fi divide in due parti. Nella prima dico la cagione, perchè non m'attento d'andar preffo a quefta donna. Nella feconda dico quello che m'avviene, per andar preffo di lei; e comincia quefta parte: E quand' io vi fon preffo. Ed anche fi divide quefta fe (1) Chi allora mi vede. al. vide. (2) loqual. al. la qual. E questa è forfe migliore lezione, perchè corre C 2 con più il difcorfo ad unire la feconda terzina colla prima. (1) Nel |