te parole, fperanza di me, oltrechè degna. Onde io penfando, che appreffo di cotal trattato, bello era trattare alcuna cofa d' Amore: e penfando, che l'amico era da fervire, propofi di dir parole, nelle quali io trattaffi d'Amore; ed allora diffi quefto Sonetto: ان. S⠀ Amore, e'l cor gentil fono una cofaz Siccome il faggio in fuo dittato pone: E cost effer l'un fenza l'altro ofa, Com' alma razional fanza ragione. Fagli natura, quand' è amorosa, (*) Amor per fire, e 'l cor per fua magione; Che piace agli occhi, ficchè dentro al core E tanto dura talora in coftui, Che fa fvegliar lo fpirito d' Amore: E fimil face in donna uomo valente. Questo Sonetto fi divide in due parti. Nella prima dico di lui, Inquanto è in potenzia. Nella feconda dico di lui, inquanto di potenza fi riduce in atto. La feconda comincia: Biltate appare. La prima fi divide in due. Nella prima dico, in che fuggetto fia quefta potenzia. Nella feconda dico, come quefto fuggetto, e quefta potenzia fieno prodotti infieme: e come l'uno guarda l' altro, come forma materia. La feconda comincia: Fagli natura. Pofcia quando dico: Biltate appare, dico come quefta potenza fi riduce in atto; e prima, come fi riduce in uomo, pofcia, come si riduce in donna. quivi: E fimil face in donna, ec. Pofciachè io trattai d'Amore nella foprafcritta rima, vennemi voglia di dire, anche in loda di quefta gentiliffima, parole, per le quali io moftraffi, come per lei fi fveglia quefto Amore: e come non folamente fi fveglia, laddov'egli dorme, ma là ove non è in potenzia, ella mirabilmente il fa venire, operando; ed allora diffi: Negli occhi porta la mia donna Amore; Perchè fi fa gentil, ciocch'ella mira : Ed ogni fuo difetto allor fofpira: (1) Amor per fire e'l cor.al. Amor pregiare il cor. (2) Dentro alla qual, al, dentro allo qual. ve. D Ogni (3) Talvolta poca. al. tal volta brie (4) farle onore. al. a farle onore. Ogni dolcezza, ogni penfiero umile. Nafce nel core, a chi parlar la fente Quefto Sonetto ha tre parti. Nella prima dico, ficcome quefta don- Appreffo quefto, non molti dì paffati, ficcome piacque a quel gloriofo Sire, il quale non negò la morte a fe, colui, che era ftato genitore di tanta maraviglia, quanto fi vedea, che era quefta nobiliffima Beatrice, di quefta vita ufcendo, alla gloria eternale fe ne gio veracemente. Onde, concioffiacofachè cotal partire fia dolorofo a coloro che rimangono, e fono ftati amici di colui che se ne va: e nulla fia si intima amiftà, come quella del buon padre: e quefta donna foffe in altiffimo grado di bontà; ed il fuo padre, ficcome da molti fi crede, e vero è, foffe buono in alto grado; manifefto è, che quefta donna fu amariffimamente piena di dolore. E concioffiachè, fecondochè è l'ufanza della fopraddetta Città, donne donne, e uomini con uomini, s'adunarono colà, dove questa Beatrice piangea pietofamente; onde io veggendo tornare alquante donne da lei, udii dır loro parole di quefta gentiliffima, com'ella fi lamentava; tralle quali parole udii, che dicevano: certo, ella piangea sì, che quale la miraffe, dovrebbe morire di pietà. Allora trapassarono quelle donne, ed io rimasi in tanta triltizia, che alcuna lagrima talora bagnava la mia faccia; onde io mi ricopria, con porre fpeffo le mani agli occhi miei; e fe non foffe, ch'io intendea udi con re re anche di lei, perocchè io era in luogo, onde fe ne gía la maggior parte di quelle donne che da lei fi partivano; io mi farei nafcofo incontanente, che le lagrime m'avevano affalito. E però, dimorando ancora nel medefimo luogo, donne anche paffarono pref fo di me, le quali andavano ragionando tra loro quefte parole: Chi dee mai effer lieta di noi, che avemo udita parlare quefta donna così pietolamente? Appreffo coftoro venivano altre, che venivano dicendo: Quefti, che è qui, piagne, nè più, nè meno, come fe l' aveffe veduta, come noi vedemmo. Altre dipoi dicevano di me: Vedrefti, che non pare effo, cotale è divenuto? E così paffando queste donne, udii parole di me, e di lei in questo modo, che detto è; onde io poi penfando, propuofi di dir parole, acciocchè degnamente avea cagione di dire; nelle quali parole io conchiudeffi tutto ciò, che udito avea da quefte donne. E perciocchè volentieri l'avrei domandate, fe non mi fosse stata riprensione; prefi materia di dire, come fe io l'aveffi domandate, ed elle mi aveffero risposto: e feci due Sonetti, che nel primo domando in quel modo, che voglia mi giunfe di dimandare: nell'altro dico la loro rifponfione, pigliando ciò che io udii da loro, come fe lo m'avesser detto rifponden do; e cominciai il primo: Co' gli occhi baffi moftrando dolore, Onde venite, che'l vostro colore Bagnar nel vifo fuo di pianto Amore? Piacciavi di reftar qui meco alquanto : Che 'l cor mi trema di vederne tanto. Questo Sonetto fi divide in due parti. Nella prima chiamo, e domando queste donne, se vengono da lei; dicendo loro, che io il credo, perocchè tornano quafi ingentilite. Nella feconda le priego, che mi dicano di lei. La feconda parte comincia: E se venite. Se' tu colui, ch'hai trattato fovente Di noftra donna, fol parlando a noi? Tu rifomigli alla voce ben lui; Ma la figura ne par d'altra gente. (r) di pietà. al, di pietra. D 2 Deb A Che qual l'avesse voluta mirare, 1 3 Quefto Sonetto ha quattro parti, fecondochè quattro modi di parlare ebbero in loro le donne, per cui rispondo; e perocchè fono di fopra affai manifefti, non mi trametterò di narrare la fentenzia delle parti; e però le diftinguerò folamente. La feconda comincia Deb perchè piangi. La terza: Lafcia piangere. La quarta: Ella ba : nel vifo. Appreffo ciò, per pochi di avvenne, che in alcuna parte della mia perfona mi giunfe una dolorofa infermità; onde io continovamente foffersi per molti di amariffima pena, la quale mi condufle a tanta debolezza, che mi convenia ftare come coloro, li quali non fi poffono muovere. Io dico che nel nono giorno, fentendom'io dolore quafi intollerabile, a me venne un penfiero, il quale era della mia donna. E quando ebbi pensato alquanto di lei, ed io ritornai penfando alla mia deboletta vita: e veggendo, come leggiero era il fuo durare, ancorachè fano foffi, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miferia; onde, fofpirando forte, dieea fra me medefimo: Di neceffità conviene, che la gentiliffima Beatrice alcuna volta fi muoja. E però mi giunfe un si forte fmarrimento, che io chiusi gli occhi, e cominciai a travagliare, come frenetica perfona, e ad immaginare in quefto modo: Che nel cominciamento dello errare, che fece la mia fantasia, apparvero a me certi vifi di donne scapigliate, che mi diceano; tu pur morrai. E poi, dopo quefte donne, m'apparvero certi vifi di donne, diverfi, ed orribili a vedere, li quali mi diceano: tu fe' morto. Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello, che io non fapea, dov'io mi foffi: e veder mi parea donne andare fcapigliate, piangendo per la via maravigliosamente trifte: e pareami vedere lo Sole ofcurare, ficchè le Stelle fi moftravano di colore, che mi faceano giudicare, che piangeffero e grandiffimi terremoti. E maravigliandomi in cotal fantasia, e paventando affai, immaginai alcuno amico che mi veniffe a dire: Or non fa'? la tua mirabil donna è partita di questo fecolo. Allora incominciai a piangere molto pietofamente e non folamente piangea nella immaginazione, ma piangea co' gli occhi ba gnandogli di vere lacrime. Io immaginava di guardar verfo il Cielo, e pareami vedere moltitudine di Angeli, li quali tornaffero in fufo, ed aveffer dinanzi di loro una nebuletta bianchiffima: e pareami che quefti Angeli cantaffero gloriofamente: e le parole del loro canto mi pareva udire, che foffer quefte: Ofanna in excelfis; ed altro non mi parea udire. Allora mi pareva che 'l cuore, ov' era tanto amore, mi diceffe: Vero è, che morta giace la noftra donna; e per quefto mi parea andare, per vedere il corpo, nel quale era ftata quella nobiliffima, e beata anima. E fu si forte la erronea fantafia che mi moftrò quefta donna morta, che pareami che donne la covriffero, cioè la fua tefta, con un bianco velo: e pareami che la fua faccia aveffe tanto afpetto d'umiltà che parea che diceffe: io fono a vedere il principio della pace. In quefta immaginazione mi giunfe tanta umiltà, per veder lei, che io chiamava la Morte, e dicea: Dolciffima Morte, vieni a me, e non m'effere villana; perocchè tu dei effer gentile, in tal parte se'stata = or vieni a me, che molto ti defidero, e tu il vedi, che io porto già il tuo colore. E quand' io avea veduti compiere tutti i dolorosi (*) mestieri, che alle corpora deʼmorti s'usano di fare, e' mi parea tornare nella mia camera: e quivi mi parea guardare verfo 'I Cielo: e si forte era la mia immaginazione, che piangendo cominciai a dire con vera voce: O anima bella, come è beato colui che ti vede! E dicend' io queste parole con dolorofo fingulto di pianto, e chiamando la morte, che veniffe a me; una donna giovane e gentile, la quale era lungo 'l mio letto, credendo che 'l mio piangere, e le mie parole foffero folamente per la dolore della mia infermità, con gran paura cominciò a piangere; onde altre donne che per la camera erano, s' accorfero di me, che io piangeva per lo pianto, che vedeano fare a quefta; onde facendo lei partire da me, la quale era meco di propinquiffima fanguinità congiunta, elle fi traffero verfo me per ifvegliarmi, credendo che io fognaffi, e diceanmi: non dormir più, e non ti fconfortare. E parlandomi così, allora cessò la forte fantasia entro quel punto, che io volea dire o Beatrice, benedetta fii tu; e già detto avea; o Beatrice; e riscotendomi aperfi gli occhi, e vidi che io era ingannato: e contuttochè io chiamaffi quefto nome, la mia voce era sì rotta dal fingulto del piangere, che quefte donne non mi poterono intendere, fecondochè io credo. Ed avvegnach'io mi fvegliaffi, e mi vergognaffi molto; tuttavia per alcuno ammonimento d'Amore mi rivolfi a loro. E quando mi videro, cominciarono a dire: questi par morto ;e a dir fra loro: proccuriamo di confortarlo; onde molte parole mi diceano da confortarmi:e talora mi domandavano, di cheio aveffi avuto paura. Onde io effendo alquanto riconfortato, conofciuto il malvagio immaginare, rifpuofi loro: io vi dirò quello che io ho avuto. Al lora cominciai dal principio infino alla fine: e diffi loro quello, che (1) i doloros mefieri. mestieri, cioè minifteri, cioè uffici de' morti ve |