L RISPOSTA DI DANTE DA MAJANO Affo, lo dol, che più mi dole, e Serra E tal voler qual voi lor non ha como, E qual più chiarirem dol pena porta DANTE DA MAJANO A DANTE ALIGHIERI. A Mor mi fa sì fedelmente amare, E si diftretto m'ave en fuo difire, Che diffe, per lo mal d'amor guarire; Che 'nverfo amor non val forza, ned arte, Mai che mercede, ed effer fofferente, E ben fervir; così n'ave omo parte ; RIS Fortezza, e umiltate, e largo core, Prodezza ed eccellenza, giunte e Sparte; Este grazie e vertuti in onne parte, Con lo piacer di lor, vincono amore; Vertute naturale, od accidente, DANTE DA MAJANO A DIVERSI COMPOSITORI. P Rovvedi, faggio, ad efta vifione; E per mercè ne trai vera sentenza. Di cui el meo cor gradir molto s' agenza; Mi fe' d'una ghirlanda donagione, Verde, fronzuta, con bella accollienza : Allor di tanto, amico, mi francai, Che dolcemente prefila abbracciare : Così ridendo, molto la bafciai. Del più non dico, che mi fe' giurare: RISPOSTA DI DANTE ALIGHIERI. Avete giudicar voftra ragione, O om, che pregio di faver portate; Difio verace, v'rado fin fi pone, Che moffe di valore, o di bieltate, Che fia da lei, cui difiate amore; La figura che già morta forvene, M. CINO DA PISTOJA A DANTE ALIGHIERI. Ignor, e' non passò mai peregrino, Com' io passai per il monte apennino, M. CI M. CINO DA PISTOJA A DANTE ALIGHIERI. D Ante, io ho preso l'abito di doglia, E innanzi altrui di lagrimar non curo; Che 'l vel tinto, ch'io vidi, e'l drappo fcuro, D'ogni allegrezza, e d'ogni ben mi spoglia. Ed il cor m'arde in difiofa voglia Di pur voler, mentre che 'n vita duro: Talchè amor non può rendermi ficuro, Ch'ogni dolor in me più non s'accoglia. Dolente vo, pafcendomi in Jospiri, Quanto poffo inforzando 'l mio lamento Per quella, in cui fon morti i miei defiri; E però fe tu fai nuovo tormento, Mandalo al difiofo de' martiri, Che fie albergato di cotal talento. . EPISTOLA CLARISSIMI, DIVINIQUE POETÆ DANTES ALIGHERII . INCERTI AUCTOR IS PRÆFATI O. Rafari aliqua in initio cujufque operis fui antiquitas confuevit, que quanto pauciora fuerint, tanto ocius ad rem, de qua agitur, aditus fiet, præfertim cui cure non erit exquifita, & accurata locutio, qua docentibus eloquentiam convenit. Expediam igitur illico, ne dum ftudeo devitare prolixitatem, in illam ipfam incurrerim. Satis igitur mibi erit in loco, vice probemii fore confultum, fi que Poeta refcribens Domino Cani cui banc Canticam tertiam dedicavit, pro ipfa Præfatione indiderim: quo melius Poeta intentio ab ejufdem obfervatoribus intelligatur ; quæ fub hac forma fuere. MA |