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L

RISPOSTA DI DANTE DA MAJANO
A DANTE ALIGHIERI.

Affo, lo dol, che più mi dole, e Serra
E', ringraziar ben non fapendo como,
Per me più faggio converriafi, como
Vostro faver ched ogni quistion ferra.
Dal dol che manta gente dite ferra:

E tal voler qual voi lor non ha como,
El propio sì difio faver dol como,
Di ciò fovente dico effend ba ferra:
Però prego eo, ch' argomentiate, Jaggio,
D'autorità moftrando ciò che porta
Di voi la 'mprefa, acciocchè fia più chiara.
E poi parrà, parlando, di ciò chiara,

E qual più chiarirem dol pena porta
Dello affegnando amico prove faggio.

DANTE DA MAJANO A DANTE ALIGHIERI.

A

Mor mi fa sì fedelmente amare,

E si diftretto m'ave en fuo difire,
Che folo un'ora non porria partire
Lo core meo dallo fuo penfare.
D'Ovvidio ciò mi fon mifo a provare,

Che diffe, per lo mal d'amor guarire;
E ciò ver me non val mai che mentire;
Perch' eo mi rendo a fol mercè chiamare:
E ben conofco omai veracemente;

Che 'nverfo amor non val forza, ned arte,
Ingegno, nè leggenda cb'omo trovi;

Mai che mercede, ed effer fofferente,

E ben fervir; così n'ave omo parte ;
Provvedi, amico faggio, fe l'appruovi.
Ddd 2

RIS

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Fortezza, e umiltate, e largo core, Prodezza ed eccellenza, giunte e Sparte; Este grazie e vertuti in onne parte,

Con lo piacer di lor, vincono amore;
Una più ch'altra bene ha più valore
Inverfo lui, ma ciascuna n' ba parte :
Onde fe voli, amico, che ti vaglia

Vertute naturale, od accidente,
Con lealtà in piacer d'amor l'adovra
E non a contaftar sua graziosa ovra,
Che nulla cofa gli è incontro poffente,
Volendo prendere om con lui battaglia.

DANTE DA MAJANO A DIVERSI COMPOSITORI.

P

Rovvedi, faggio, ad efta vifione;

E per mercè ne trai vera sentenza.
Dico: una donna di bella fazzone,

Di cui el meo cor gradir molto s' agenza;

Mi fe' d'una ghirlanda donagione,

Verde, fronzuta, con bella accollienza :
Appreffo mi trovai per vestigione
Camifcia di fuo doffo a mia parvenza:

Allor di tanto, amico, mi francai,

Che dolcemente prefila abbracciare :
Non fi contefe, ma ridea la bella:

Così ridendo, molto la bafciai.

Del più non dico, che mi fe' giurare:
E morta che mia madre era con ella.

RISPOSTA DI DANTE ALIGHIERI.

Avete giudicar voftra ragione,

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O om, che pregio di faver portate;
Perchè, vitando aver con voi quiftione,
Com'fo, rispondo alle parole ornate.

Difio verace, v'rado fin fi pone,

Che moffe di valore, o di bieltate,
E 'mmagina l'amica openione,
Significaffe il don, che pria narrate:
Lo veftimento, aggiate vera Spene,

Che fia da lei, cui difiate amore;
E 'n ciò provvide voftro Spirto bene.
Dico penfando l'oura fua d'allore,

La figura che già morta forvene,
E' la fermezza ch'averà nel core.

M. CINO DA PISTOJA A DANTE ALIGHIERI.

Ignor, e' non passò mai peregrino,
Ovver d'altra maniera viandante,
Cogli occhi si dolenti per cammino,
Nè così gravi di pene cotante:

Com' io passai per il monte apennino,
Ove pianger mi fece il bel fembiante,
Le trecce bionde, e 'l dolce sguardo fino,
Ch'amor con la fua man mi pone avante;
E con l'altra in la mente mi dipinge
Un piacer fimil in sì bella foggia,
Che l'anima guardando, fen' eftinge.
Pofcia dagli occhi miei mena una pioggia,
Che 'l valor tutto di mia vita ftringe,
S'io non ritrovo lei, cui 'l voler poggia.

M. CI

M. CINO DA PISTOJA A DANTE ALIGHIERI.

D

Ante, io ho preso l'abito di doglia,

E innanzi altrui di lagrimar non curo; Che 'l vel tinto, ch'io vidi, e'l drappo fcuro, D'ogni allegrezza, e d'ogni ben mi spoglia. Ed il cor m'arde in difiofa voglia

Di pur voler, mentre che 'n vita duro: Talchè amor non può rendermi ficuro, Ch'ogni dolor in me più non s'accoglia. Dolente vo, pafcendomi in Jospiri,

Quanto poffo inforzando 'l mio lamento Per quella, in cui fon morti i miei defiri; E però fe tu fai nuovo tormento,

Mandalo al difiofo de' martiri,

Che fie albergato di cotal talento.

.

EPISTOLA

CLARISSIMI, DIVINIQUE POETÆ

DANTES ALIGHERII .

INCERTI AUCTOR IS

PRÆFATI O.

Rafari aliqua in initio cujufque operis fui antiquitas confuevit, que quanto pauciora fuerint, tanto ocius ad rem, de qua agitur, aditus fiet, præfertim cui cure non erit exquifita, & accurata locutio, qua docentibus eloquentiam convenit. Expediam igitur illico, ne dum ftudeo devitare prolixitatem, in illam ipfam incurrerim. Satis igitur mibi erit in loco, vice probemii fore confultum, fi que Poeta refcribens Domino Cani cui banc Canticam tertiam dedicavit, pro ipfa Præfatione indiderim: quo melius Poeta intentio ab ejufdem obfervatoribus intelligatur ; quæ fub hac forma fuere.

MA

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