le dimora nella camera, nella quale tutti gli fpiriti fenfitivi portano le loro percezioni, s' incominciò a maravigliar molto: e parlando fpezialmente agli fpiriti del vifo, diffe quefte parole: Apparuit jam Beatitudo noftra. In quel punto lo fpirito naturale, il qual di mora in quella parte, ove fi miniftra il nutrimento noftro, sì cominciò a piangere, e piangendo diffe quefte parole: Heu mifer! quia frequenter impeditus ero deinceps. D'allora innanzi, dico, che Amore fignoreggiò l'anima mia, la quale fu si tofto a lui difpofa. ta; e cominciò a prender fopr'a me tanta ficurtade, e tanta fignoria per la virtù, che gli dava la mia immaginazione, che mi convenia far tutti gli fuoi piaceri compiutamente. Egli mi comandava molte volte, che io cercaffi per vedere questa Angiola giovaniffima; onde io nella mia puerizia, molte volte l'andai cercando, e vedevola di sì nuovi, e laudevoli portamenti, che certo di lei fi poteva dire quella parola del Poeta Omero: 1 Ella non pareva figliuola d'uom mortale, ma di Dio. Ed avvegnachè la fua immagine, la quale continovamente meco ftava, foffe baldanza d'amore a fignoreggiarmi; tuttavia era di sì nobile virtù, che nulla volta fof zioni delle cagioni, il che tutto infeme fa figura di Comento. A vendomi il celebre Abate Anton Maria Salvini benignamente partecipato alcune fue Annotazioni fopra quefte medefine Profe; acciocchè elle fi diftinguano dalle mie, faranno coll'afterifco contraffeguate. E primieramente. * Vita Nuova. παλιγγενεσία, ειgenerazione per via d'amore. Pag. 3. v. 1. In quella parte del libro della mia memoria, ec. e di fotto dopo alquanti verfi: lo spirito della vita cominciò a tremare si fortemente. Quèfti medefimi fentimenti furono efpreffi leggladriffimamente dall' ifteffo Dante in una ftrofe d'una fua Canzone, la quale comincia : E' m' increfce di me si malamente: ed è la decima nell' Edizione del Sermartelli, e dice così: Lo giorno, che coftei nel mondo venne, Secondochè fi trova Nel libro della mente che vien meno i La mia perfona parvola foftenne Una paffion nova, Tal chio rimafi di paura pieno Ch'a tutte mie virtù fu pofto un freno Per una voce, che nel cor percoffe: E, fe'l libro non erra, Lo Spirito maggior tremò si forte, Che parve ben che morte Per lui in questo mondo giunta foffe. Di qui ancora fi prova, che le profe della tore fteffo o l'abbia riprovate, o fe ne fia vergognato. 1 Ella non pareva figliuola d'uom mortale ma di Dio. Omero di Elena Iliad. 2. 158. Α' ιρῶς αθανάτοισι θεῇς ει ώπα εοικενα che fofferfe, che amore mi reggeffe, fanza'l fedele configlio della ragione, in quelle cofe ove tal configlio foffe utile a udire. E perocchè foprattare alle paffioni, ed atti di tanta gioventudine, pare alcun parlare fabulofo; mi partirò da effe e trapaffando molte cofe, le quali fi potrebbon trarre dello effemplo, onde nafcono quefte; verrò aquelle parole, le quali fono fcritte nella mia memoria, fotto maggiori paragrafi. Poichè furon paffati tanti dì, che appunto eran compiuti li nove anni appreffo l'apparimento foprafcritto di quefta gentiliffima; nell' ultimo di quefti dì avvenne quefta mirabil donna apparve a me, veftita di colore bianchiffimo, in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più longa età e paffando per una via, volfe gli occhi verfo quella parte, ov' io era molto paurofo: e per la fua ineffabile cortefia, la quale è oggi meritata nel gran fecolo, mi falutò virtuofamente, tanto ch' egli mi parve allora vedere tutti gli termini della beatitudine. L'ora, che 'l fuo dolciffimo falutare mi giunfe, era fermamente nona di quel giorno. E perocchè quella fu la prima volta, che le fue parole fi moffero per venire a'miei orecchi; prefi tanta dolcezza, che come inebriato mi partii dalle genti, e ricorsi al folingo luogo d'una mia camera, e puofemi a penfare di quefta cortefiffima. E penfando di lei, mi fopraggiunse un foave fonno nel qual m'apparve una maravigliosa vifione. Che a me parea vedere nella mia camera una nebula di color di fuoco, dentro della quale io 2 discerneva una figura d'un Signore di paurofo aspetto, a chi guardaffe: e pareami con tanta letizia, quanto a fe, che mirabil cofa era: e nelle fue parole dicea molte cofe, le quali io non intendea, se non poche; tra le quali io intendea quefte: Ego do. minus tuus. Nelle fue braccia mi parea vedere una perfona dormire nuda, falvo che involta mi parea in un drappo fanguigno leggier mente; la quale io riguardando molto intentivamente, conobbi che era la donna della falute, la qual m' avea il giorno dinanzi degnato di falutare. E nell'una delle mani mi parea che quefti teneffe una cofa, la quale ardeffe tutta e pareami che mi dicefle quefte parole: Vide cor tuum. E quando egli era stato alquanto, pareami che difvegliaffe quefta che dormia: e tanto fi sforzava per fuo ingegno, ch'egli le facea mangiare quefta cofa che in mano gli ardea; la quale ella mangiava dubitofamente. Appreffo ciò , poco dimorava, che la fua letizia fi convertía in amariffimo pianto; e così piangendo fi ricoglieva questa donna nelle fue braccia: e con effa I la quale è oggi meritata nel gran fecolo. l'ifteffo che rimeritato, rimunerato premiato. manca nel Vocabofario della Crufca in quefto fignifi cato. 2. Lo discerneva una figura d'un Sin mi gnore di paurofo afpetto. Paurofo > Temer fi dee di fole quelle cofe, mi parea, che fe ne giffe verfo '1 Cielo; onde io foftenea sì gran- A ciafcun" alma prefa, e gentil core: Nel cui cofpetto viene il dir prefente, ch' ogni ftella è nel lucente, Allegro mi sembrava Amor, tenendo Mio core in mano, e nelle braccia avea Poi la fvegliava, e d'efto core ardendo Questo Sonetto fi divide in due parti. Nella prima parte faluto, e Vedefti, al mio parere, ogni valore, ec. E quefto fu quafi il principio dell' amistà tra me, e lui quand' egli A quefto Sonetto fu rifpofto da molti, e di diverse fentenzie, tra' quali fu rifponditore quelli, cui io chiamo primo degli amici miei: e dise allora un Sonetto, il quale comincia: Vedefti, al mio parere, ogni valore jec. Coftui, che da Dante fu chiamato Lep prinio degli amici fuoi, è Guido di Ve 1 feppe, che io era quegli che gli aveva ciò 1 mandato. Il veraee giudicio del detto Sonetto non fu veduto allora per alcuno, ma ora manifefto alli più semplici. Da questa vifione innanzi cominciò il mio fpirito naturale ad effere impedito nella fua operazione; perocchè l'anima era tutta data nel penfare di quefta gentiliffima: ond' io divenni in picciol tempo poi di sì frale e debole condizione, che a molti amici pefava della mia vifta: e molti, pieni d'invidia, già fi procacciavano di faper di me quello, ch' io voleva del tutto celare ad altri. Ed io accorgendomi del malvagio addomandare, che mi facevano per la volontà d'Amore, il quale mi comandava fecondo 'I configlio della ragione, rifpondeva loro, che Amore era quegli, che m'avea così 2 governato: diceva d'Amore, perchè io portava nel vifo tante delle fue infegne, che questo non fi potea ricoprire. E quando mi domandavano, per cui t'ha così disfatto questo Amore? ed io forridendo gli guardava, e nulla dicea loro. Un giorno avvenne, che quefta gentiliffima fedeva in parte, ove s'udivano parole della Reina della gloria, ed io era in luogo, dal qual vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me, per la retta linea, fedea una gentil donna di molto piacevole afpetto, la quale mi mirava fpeffe volte, maravigliandofi del mio fguardare, che pareva che fopra lei terminaffe; onde molti s' accorfero del fuo mirare; ed intanto vi fu pofto mente, che partendomi di que Vedefti, al mio parere, ogni valore, E tutto gioco, e quanto bene uom fente, E tien ragion nella piatofa mente : Che voftra donna la morte chiedea: tecedenti parole, fatte dire e dif- fto Rime di Diverfi contengono. Ed oltre a ciò ve ne fono altre testimonianze che per brevità fi tralafciano. Alcun'altra particolarità intorno a quefto Guido fi porrà nell' Annotazione alla Pag. 51. I quand' egli feppe, che io era quegli che gli aveva ciò mandato. * mandato, cioè comandato. Franz. nia ndè. 2 Amore era quegli, che m' avea così governato.* governato cioè: concio fatto di me un tal governo. fto luogo, mi fentii dire appreffo: vedi come cotal donna distrugge la perfona di coftui? e nominandola intefi, che diceano di colei che mezza era ftata nella linea retta, che moveva dalla gentiliffima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora mi confortai molto, afficurandomi, che 'l mio fegreto non era comunicato il giorno altrui per mia vista; ed immantanente penfai di far di quefta gentil donna fchermo della verità: e tanto ne moftrai in poco di tempo, che 'I mio fegreto fu creduto fapere dalle più perfone, che di me ragionavano. Con quefta donna mi celai alquanti anni e mefi, e per più far credente altrui, feci per lei certe cofette per rima, le quali non è mio intendimento di fcriver qui, fe non inquanto faceffe a trattar di quella gentiliffima Beatrice; e però le lascerò tutte, fe non che alcuna ne fcriverò, che pare che fia lode di lei. Dico, che in quefto tempo, che quefta donna era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte mi venne una volontà di volere ricordar lo nome di quella gentiliffima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e fpecialmente di quefta gentil donna: e prefi li nomi di feffanta, le più belle donne della Città, ove la mia donna fu pofta dallo altiffimo Sire: e compofi una piftola fotto forma di ferventefe, la quale io non iscriverò, e non n' avrei fatta menzione, fe non per quello, che ponendola, maravigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non fofferse il nome della mia donna ftare, fe non in ful nono, tra' nomi di quefte donne. La donna, colla quale io aveva tanto tempo celata la mia volontà, convenne che fi partiffe della fopraddetta Città, e andasse in paese lontano. Perchè io quafi sbigottito della bella difefa, che m'era venuta meno, affai me ne fconfortai, più che io medefimo non avrei creduto dinanzi e penfando che, fe della fua partita io non parlaffi alquanto dolorofamente, le perfone farebbero accorte piuttosto del mio nafcondere; propuofi adunque di fare alcuna lamentanza in un Sonetto, lo quale io fcriverò, perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole che nel Sonetto foficcome appare a chi lo 'ntende; ed allora diffi quefto So netto: O voi, che per la via d'Amor passate Attendete, e guardate, S'egli è dolore alcun, quanto 'l mio grave: E poi immaginate, S'io fon d'ogni dolore oftello, e chiave. Amor, non già per mia poca bontate, Ma per fua nobiltate, Mi pofe in vita si dolce, e foave ; B 1 Die! |