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Cesare. Se questo almeno avesse il Balbo considerato, non all'ira, non alla superbia, non alla brama di vendetta avrebbe ascritto il parteggiare di Dante, ma sì a un concetto morale e politico (che nuovamente ripeterò essere stato per quel tempo un' utopia), il quale era di ricompor l'Italia in un modo, che dovesse procurare la sua grandezza e felicità. Ma il Balbo non potea veder la cosa sotto questo aspetto; poichè quando uno storico si manifesta più volte, ed esplicitamente, partigiano, non giudica i fatti secondo verità, ma secondo passione. Ora il Balbo, che si dichiara guelfo nell' anima, non può essere biografo imparziale di chi si dichiarò ghibellino. Ma io domanderò: A che giovano oggi queste dichiarazioni? Il Guelfismo e il Ghibellinismo del 1300, che hanno che fare colle idee politiche del secol nostro ? Il Guelfismo non avea in mira che il municipalismo; il Ghibellinismo la nazionalità. Il Guelfismo non volea l'ordine, ma la libertà sconfinata, cioè la licenza; il Ghibellinismo voleva l'ordine e la libertà limitata, cioè frenata dalla supremazia imperiale. Oggi, insiem colla nazionalità, rifiutando la licenza popolare e l'assolutismo monarchico, vogliamo l'ordine colla libertà congiunto.

25 Come re di Germania chiamossi Arrigo VII, come re de' Romani Arrigo VI: pure nelle nostre istorie è sempre nominato Arrigo VII.

26 Con questo nome è pur chiamato da Dante, e da lui ricordato con lode nel canto XVI, v. 121 e seg. del Purgatorio:

Ben v' en tre vecchi ancora, in cui rampogna
L'antica età la nuova, e par lor tardo,
Che Dio a miglior vita li ripogna;
Currado da Palazzo e 'l buon Gherardo,
E Guido da Castel, che me' si noma
Francescamente il semplice lombardo.

Il Cronista Sagacio Gazzata racconta, come nel 1318 sederono più volte a mensa con Can grande ed egli e Guido da Castello, il semplice lombardo, e Dante Alighieri. Ed anco di qui si ha nuova testimonianza che Dante continuava a far dimora in Verona.

27 La lettera, com' ho detto, è datata del 31 marzo 1311. Ma donde fu scritta ? In finibus Thuscia, sub fontem Sarni,

vale a dire dal Casentino. Ma da qual castello? Alcuni dicono da quello di Poppi, altri da quello di Porciano. Era Porciano posto sopra uno sprone del monte Falterona, a mezzo miglio a maestrale da Stia, e cinque sole miglia lontano dalle sorgenti dell' Arno, che sono appunto nella Falterona. Più probabile si rende pertanto che questa lettera, come pur l'altra, che Dante scrisse ad Arrigo sedici giorni appresso, cioè nel 16 aprile, fosse scritta in Porciano piuttosto che in Poppi, il qual castello molte più miglia è distante dalle sorgenti dell' Arno. Al ramo de' conti Guidi, detto di Modigliana, apparteneva Porciano; e ne' tempi di cui parliamo n'erano signori i conti Tancredi e Bandino; i quali, essendo ghibellini, prestarono nel 1312 assistenza agli ambasciatori d'Arrigo VII nel loro passaggio dal Mugello nel Casentino; anzi presso lo stesso Arrigo, quando venne in Toscana, si recò Tancredi a protestargli la sua devozione (Repetti, Dizion. geogr. Art. Porciano). Guidalberto pure, altro conte di Porciano, fratello de' due nominati, fu sempre dappresso ad Arrigo perdurante la sua spedizione in Italia.

Molti erano allora i conti Guidi, che aveano signoria nel Casentino. Nel cap. IV vedemmo un conte Guido Novello, signore di Poppi, che si trovò a Montaperti fra i Ghibellini; e fra i Ghibellini parimente, sebben vigliacco soldato, alla battaglia di Campaldino. Un conte Alessandro Guidi, zio di Guido e d' Oberto da Romena, abbiam veduto in questo stesso capitolo essere stato amico di Dante in Arezzo, e un conte Guido Salvatico essere stato ospite di Dante in Pratovecchio. Un altro conte Guido da Battifolle vedremo nel capitolo seguente esser nominato potestà di Firenze, e venir durante il suo officio stanziato un decreto, col quale, sotto certe condizioni, venivano riammessi in Firenze i fuorusciti. Altri conti Guidi incontreremo in questa storia, siccome parecchi altri se ne veggiono nominati da Dante nella Divina Commedia. Il perchè far due parole intorno di essi, quantunque in ciò v' abbia alquanta incertezza, non lo stimo inopportuno.

Tutti i rami de' conti Guidi derivarono dalla famiglia de' conti di Modigliana. Guidoguerra VI era congiunto d'Ottone imperatore, come accenna alcuno de' nostri storici senza dirne la ragione; ed era perchè in prime nozze avea sposato Agnese, nata da Guglielmo il vecchio, marchese di Monferrato, e da Beatrice dell' imperator Federigo I. Rimasto vedovo, sposò in seconde nozze Gualdrada di Bellincione d' Uberto Ravignani, dalla quale gli nacquero cinque figli;

Guidoguerra, Marcovaldo, Aghinolfo, Teudegrimo e Ruggieri.

Da Guidoguerra derivarono i conti di Poppi, di Battifolle e di Bagno, quasi sempre ghibellini, e da lui nacque quel conte Guido Novello nominato qui sopra. Il conte Simone suo fratello, datosi poi al partito guelfo, si separò da esso, e nel 1274 fu ricevuto in grazia dalla repubblica di Firenze, la quale gli permise di fabbricare in Poppi un palazzo e un castello. Figlio di questo Simone, e per conseguenza nipote di Guido Novello fu quel conte Guido da Battifolle, che fu potestà di Firenze nel 1316-1317, e che pure abbiamo ricordato di sopra. Nei primi del 1300 si vede dunque che i conti di Poppi si eran fatti guelfi.

Da Marcovaldo, che fu conte di Dovadola, nacque quel Guidoguerra VIII, tanto nominato nelle vicende guelfe di Firenze del 1256 e 1267, e che da Dante vien posto nell'Inferno (canto XVI, v. 37):

Nepote fu della buona Gualdrada;

Guidoguerra ebbe nome: ed in sua vita
Fece col senno assai e con la spada.

Nipote di costui, come quegli che discendeva dai conti di Dovadola, fu Guido Salvatico, signore di Pratovecchio; col quale ritengo io, e ritengon altri, e non con Guido da Battifolle, essere stato in istretta relazione l' Alighieri. Guido Salvatico (dice l'Ammirato nella Storia de' Conti Guidi, e ripete il Pelli, pag. 134, n. 13) che verso il 1310 era signore di Pratovecchio. Altri vorrebbon farlo signore di Poppi ma quali sono i documenti che lo comprovano ? Dai documenti peraltro citati dal Repetti noi veggiamo che, quantunque Pratovecchio avesse appartenuto ai conti Guidi del ramo di Battifolle, siccome fu Guido Novello signore di Poppi, e poi quell' altro Guido, detto appunto di Battifolle, che fu potestà di Firenze; pure nel principio del secolo XIV era posseduto dai conti Guidi di Dovadola : tre de' quali furono in quel tempo il conte Guido Salvatico, sul quale cade il nostro discorso, quindi Ruggiero suo figlio, e poi Marcovaldo suo nipote, che nel 1334 lo circondò di mura e di fossi.

Da Aghinolfo venne la linea or guelfa, or ghibellina dei conti da Romena. Ma tranne che con Alessandro capitano dei fuorusciti in Arezzo, che morì nel 1305, e con Guido ed Oberto nipoti di lui, ai quali scrisse una lettera, non ebbe Dante alcuna relazione o amicizia: onde non farò più parola di essi.

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Da Teudegrimo finalmente (e dico finalmente, perchè Ruggiero non ebbe prole) uscì la linea ghibellina de' conti di Porciano, e da lui discesero quei conti, che più sopra parlando di questo castello abbiamo nominati.

Difficile poi, e forse impossibile, riesce il determinare quali de' conti Guidi in questo tempo fossero guelfi, e quali ghibellini. E quantunque per la natura de' loro possedimenti dovessero esser ghibellini, pure talvolta gli veggiamo guelfi, e mutar parte (come dice il Poeta) dalla state al verno.

A maggior dichiarazione delle cose discorse, produrrò quella parte dell' Albero della famiglia Guidi, che spetta ai tempi di Dante. E al brano che ne diede il Repetti, congiunto con quello che ne diede il Troya, aggiungerò alquanti nomi, di che ho potuto aver l'indicazione dagli storici e dai documenti.

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