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sicut dicit Decretal. Venerabilem, Extra. de electione; item potest ipsum ex suis demeritis deponere, ut Dist. XV. q. VI. Can. alius, Dist. XCVII, Can. Duo sunt quippe; et potest transferre Imperium de una natione in aliam, ut in dicta Decretal. Venerabilem clare liquet ; et vacante Imperio dominus Papa habet jurisdictionem Imperii in temporalibus, ut dicit Decretal. Licet, Extra. de foro competenti); - da ciò segue, che il detto re de' Romani, contumacia a contumacia aggiungendo, non meritò il favore di essere incoronato; e perciò nulle sono (nulla firmitate subsistunt) la sua unzione e la sua incoronazione. Chiedano pertanto ed insistano gli ambasciatori, che questa incoronazione d' Arrigo sia dal papa dichiarata di nessun valore. Petant dicti Nuntii pro parte ejusdem domini Regis Sicilie a predicto domino Papa, cum consilio dominorum cardinalium specialiter amicorum ejusdem domini Regis, prout eis videbitur expedire, quod ipse dictam coronationem, quatenus de facto processit, declaret et denunciet nullam fuisse, vel minus legitime processisse.

31 Il Bruni fu segretario della repubblica, e vide in palagio co' proprii occhi (secondo ch' egli asserisce) le lettere di Dante; ma poi anco il Villani conferma il detto del Bruni, con queste parole: "Dante, infra l'altre, fece tre » nobili pistole; l'una mandò al reggimento di Firenze, dogliendosi del suo esilio sanza colpa ec. "

"

CAPITOLO SETTIMO.

217

Dante a Gubbio e a Fonte Avellana. Sua lettera ai cardinali italiani. Uguccione della Faggiuola signore di Pisa, e quindi di Lucca. Dante a Lucca. Battaglia di Montecatini. Terza condanna di Dante. Vien richia

mato in patria ad umilianti condizioni, e ricusa. È accolto in Verona da Cane Scaligero; ed ei gli dedica il Paradiso. La famiglia Paratico e il patriarca Pagano della Torre. Tesi sull'acqua e sulla terra, sostenuta da Dante in Verona. Dante in Ravenna presso Guido da Polenta. Il bolognese Giovanni Del Virgilio. Dante ambasciatore per Guido alla repubblica di Venezia. Torna a Ravenna. Sua morte.

[1313-1321.]

Non è a dirsi quanto l' esule immeritevcle (siccome chiamava sè stesso l' Alighieri) rimanesse scorato per la fine immatura e inattesa d' Arrigo, la quale troncava dalla radice ogni sua speranza. Ov' ei s' aggirasse pel corso di quasi due anni, nol sapremmo dire con molta esattezza; pure con molta probabilità può credersi, che dimorasse per alcun tempo nelle case de' Raffaelli di Gubbio, e nel monastero di Fonte Avellana, situato non molto lungi di là. « Morto l'impera»tore Arrigo (dice il Bruni), Dante povero assai trapassò il > resto della sua vita, dimorando in varii luoghi per Lom» bardia, per Toscana e per Romagna sotto il sussidio di » varii signori, per infino a che finalmente si ridusse a Ra» venna; dove finì sua vita. »

La famiglia Raffaelli, onde verso il 1280 nacque Bosone, era illustre ed antica, e di parte ghibellina. Come gli altri di questa parte, cacciato Bosone dalla sua città nel 1300, ricoverossi in Arezzo, ove suo padre era stato potestà negli anni addietro; e qui nel 1302 contrasse amicizia con Dante. Fu riammesso in patria nel 1311, ma ne fu ricacciato il primo ottobre 1315. Il Balbo si mostra incerto nel determinare, se Dante fosse accolto da Bosone nel 1313-1315, ovvero nel 1318, quando quegli fu nuovamente riammesso alla patria ma poichè io ritengo, che Dante dai primi del 1317 in poi, vale a dire dacchè fu accolto dallo Scaligero, non tornasse mai più nell' Umbria; così dico che a Gubbio e a Fonte Avellana egli fu negli anni 1313-1315. Vuolsi anzi che Bosone non solo l'accogliesse nelle sue case, poste nel quartiere di sant' Andrea, ma altresì nel suo castello di Colmollaro, situato presso il fiume Saonda, lungi sei miglia incirca dalla detta città.1

Costante tradizione è pure che il Poeta, dopo la morte d' Arrigo, quasi oppresso da' suoi tristi pensieri, si ritraesse per alcun tempo nel monastero dell' Ordine camaldolense di Santa Croce di Fonte Avellana, situato nel territorio di Gubbio sul fianco dell' Alpe detta Catria; luogo orrido e solitario, siccome pur viene descritto da lui medesimo (Paradiso, canto XXI, v. 106 e seg.):

Tra' duo liti d'Italia surgon sassi,

E non molto distanti alla tua patria,
Tanto che i tuoni assai suonan più bassi;
E fanno un gibbo che si chiama Catria,
Disotto al quale è consecrato un ermo,
Che suol esser disposto a sola latria.

La camera, ove si tiene che abitasse Dante, e vi scrivesse parte del suo Poema, chiamasi tuttora la camera di Dante; e, sotto un busto di marmo rappresentante il Poeta, avvi in una parete la seguente iscrizione :

Hocce cubiculum hospes

In quo Dantes Aligherius habitasse
In eoque non minimam præclari ac
Pene divini operis sui partem com-
Posuisse dicitur undique fatiscens
Ac tantum non solo æquatum
Philippus Rodulphius
Laurentii Nicolai Cardinalis
Amplissimi fratris filius summus
Collegii præses pro eximia erga
Civem suum pietate refici hancque
Illius effigiem ad tanti viri memo-
Riam revocandam Antonio Petreio
Canon. Florent. procurante
Collocari mandavit

Kal. Maii MDLVII.

Camald. Monaci re verius cognita
Hoc in loco ab ipsis restaurato
Posuerunt Kal. Nov. MDCXXII.?

Molto probabile si rende dunque, che Dante negli ultimi mesi del 1313, o ne' primi del 1314, facesse alcuna dimora in Gubbio e a Fonte Avellana.

Non compiuti otto mesi dalla morte d' Arrigo (cioè verso la metà d'aprile 1314), morì Clemente V: pontefice, che non ebbe alcuna delle grandi qualità di Bonifazio, ma ne ebbe tutti, ed in maggior copia i difetti. «Sono brutti i colori » lasciati alla memoria di questo pontefice dagli storici (dice » il Muratori). Certo alcuni ne avrà inventati la malignità ; » ma indubitato è ancora, che un gran processo dovette >> questo pontefice trovare nel tribunale di Dio, per la ma» niera da lui tenuta in ottenere il pontificato, e per aver » privata della sua residenza quella città, di cui Dio ha fatti >> pastori particolari i sommi pontefici. Fu anche accusato >> di non aver conosciuto misura nell' arricchire ed ingran» dire i suoi parenti, nel ridurre in commenda tanti mo> nasteri, e nell' ammassar tesori anche per illecite vie; te

>> sori che dopo la sua morte andarono tutti a sacco, colla >> giunta di quel deforme spettacolo, che viene asserito da >> fra Francesco Pipino per relazione di chi v' era presente; » cioè, che di tante sue ricchezze appena potè trovarsi uno >> straccio di veste da coprirlo; e morto, restò talmente ab>> bandonato da tutti i suoi, intenti allo spoglio, che il fuoco » caduto da un doppiere gli bruciò una parte del corpo. >> Raccontano ancora gli storici, che uno de' Templari, con» dotto fin da Napoli alla corte pontificia, e condannato al » fuoco, benchè si protestasse innocente, citò al tribunale » di Dio il papa e il re Filippo, entro lo spazio d'un anno, >> a render conto di quella ingiustizia; e che non finito » l'anno, amendue mancarono di vita (Filippo il Bello mori il 29 novembre; sette mesi dopo ch'era morto Clemente). >> Quand' anche fosse vera una tal citazione, noi non dobbiam >> per questo attribuire ad essa la morte del papa, perchè >> troppo scuri sono al guardo nostro i giudizii di Dio ; ma >> essendovi chi nega questo fatto, quasichè non si combinino » i tempi, si vuole osservare che nell' anno precedente alla » morte del papa e del re due Templari, ed altri nel presente, >> tutti costantissimi in asserir sè stessi innocenti di quei >> misfatti, de' quali erano incolpati, furono bruciati vivi in » Parigi; e però poter forse sussistere un sì fatto racconto. »

Morto pertanto Clemente V, i cardinali in numero di ventiquattro s' adunarono in conclave a Carpentras, città della Provenza. Sei soli fra di essi erano italiani; cioè, Napoleone Orsini, Jacopo e Pietro Colonna, Niccolò da Prato, Francesco Gaetani e Guglielmo Longo: tutti gli altri erano o francesi, o d'altre nazioni e devoti al partito francese. Ammaestrati dall' esperienza delle passate sventure voleano i primi far sì, che venisse eletto in pontefice alcuno di loro nazione, il quale, riportando la sedia apostolica in Roma, ponesse rimedio a' mali, che laceravan la Chiesa e l'Italia. Ma troppo forte era il partito contrario, cioè quello de' Guasconi; da cui era uscito il precedente pontefice, e cui con nuovi aderenti avea questi cercato d'afforzare: laonde a

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