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CAPITOLO OTTAVO.

Qualità di Dante. Aneddoti. Cecco d'Ascoli. Giotto. Opere del nostro Poeta. Questioni intorno alcuni particolari della Divina Commedia. Quando ognuna delle tre cantiche fosse pubblicata; ed a chi dedicata. Qual sia la data della visione descritta nel Poema.

......

« Questo nostro Poeta (dice il Boccaccio) fu di medio>> cre statura; e poichè alla matura età fu pervenuto, andò >> alquanto curvetto, ed era il suo andare grave e mansue>> to; di onestissimi panni sempre vestito, in quello abito » ch' era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lun» go, e 'l naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, » e le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quello di >> sopra avanzato il colore era bruno, e i capelli e la barba >> spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico >> e pensoso. ... Ne' costumi pubblici e domestici mira>> bilmente fu composto e ordinato; e in tutti più che al>> cun altro cortese e civile. Nel cibo e nel poto fu mode» stissimo, sì in prenderlo all' ore ordinate, e sì in non » trapassare il segno della necessità quelli prendendo; nè » alcuna golosità ebbe mai in uno più che in un altro: i » dilicati lodava, e il più si pasceva de' grossi; oltremodo » biasimando coloro, li quali gran parte del loro studio pon>> gono in avere le cose elette, e quelle fare con somma » diligenza apparare; affermando, questi cotali non mangia» re per vivere, ma piuttosto vivere per mangiare. » Rade volte, se non domandato, parlava; e quelle pesata» mente, e con voce conveniente alla materia di che par

» lava; non per tanto che laddove si richiedeva, eloquentissimo fu e facondo, e con ottima e pronta prola› zione. >

Dice i biografo che Dante avea la barba e i capelli neri: ma veramente appare che non fosse così, poichè egli stesso nella sua prima egloga, rispondendo a Giovanni Del Virgilio, che l'invitava a Bologna a prender la corona d'alloro, dice:

... E non fia meglio,

Ch'io m'orni e copra sotto il trionfale
Serto le chiome, ove alla patria io torni,
Che saran bianche, e bionde eran sull' Arno?

(Traduz. del Personi.)

« Ne' suoi studii fu assiduissimo (segue raccontando il » Boccaccio) in tanto che, essendo una volta tra le altre in » Siena, e avvenutosi per accidente alla stazione d' uno spe» ziale; e quivi statogli recato uno libretto davanti promes» sogli, e tra' valenti uomini molto famoso, nè da lui giam>> mai stato veduto; non avendo per avventura spazio di » portarlo in altra parte, sopra la panca, che davanti allo » speziale era, si pose col petto; e messosi il libretto davan»ti, quello cupidissimamente cominciò a leggere. E comec>> chè poco appresso in quella contrada stessa, e dinanzi da » lui, per alcuna general festa de' Sanesi, si cominciasse dai » gentili giovani e facesse una grande armeggiata, e con » quella grandissimi romori da' circustanti (siccome in co>> tali casi con istromenti varii e con voci applaudenti suol » farsi); e altre cose assai vi avvenissero da dover tirare al» trui a vedere, siccome balli di vaghe donne, e giuochi >> molti di ben disposti e leggiadri giovani; mai non fu alcu»> no, che muovere di quindi il vedesse, nè alcuna volta le>> vare gli occhi dal libro: anzi postovisi a ora di nona, pri>> ma fu passato vespro, e tutto l' ebbe veduto e quasi som>> mariamente compreso, ch' egli da ciò si levasse, affermando » poi ad alcuni, che 'l domandarono come s'era potuto te

» nere di riguardare a così bella festa, come davanti a lui si » era fatta, sè niente averne sentito. Per lo che alla prima » maraviglia, non indebitamente la seconda, s' aggiunse a' di>> mandanti. »

Poche parole intorno le qualità di Dante fa Leonardo Bruni, dicendo soltanto, che egli fu uomo pulito e di grato aspetto; pieno di gravità; parlatore rado e tardo, ma nelle sue risposte molto sottile. Assai più ne fanno Giovanni Villani e il suo nipote Filippo; ma il primo non ha cosa notevole, che non si conformi a ciò ch'è stato già riferito, e il secondo non fa che ricopiare press' a poco le parole del certaldese. 1

Varii aneddoti si raccontan di Dante; ma lasciando a parte quelli raccontati da Franco Sacchetti; cioè quelli dell'asinaio del fabbro, dell' Adimari e del genovese (che sono inverosimili, e null' altro che sconce novelle); ne riporterò alcuni altri, dichiarando nondimeno che non intendo darli affatto e tutti per veri

È una tradizion popolare che Dante, quando stava in Firenze, si recasse le sere della calda stagione sulla piazza di santa Maria del Fiore, detta allora santa Reparata, a prendere il fresco, assidendosi sopra un muricciuolo in quel punto, ove pochi anni sono fu collocata una memoria, che dice Sasso di Dante. Or quivi stando una sera, gli si presenta uno sconosciuto, e lo interroga: Messere, sono impegnato ad una risposta, nè so come trarmi d'impaccio: voi che siete così dotto, potreste suggerirmela: Qual è il miglior boccone? E Dante, senza por tempo di mezzo, rispose: L'uovo. Un anno dopo, sedendo egli sullo stesso muricciuolo, gli si presenta di nuovo quell'uomo, che più non aveva egli veduto, e lo interroga: Con che? Ed egli tosto: Col sale. E fu cosa mirabile (dicon coloro, che prestan credenza a siffatti racconti) che egli, côlto così all' improvviso, sapesse tosto risovvenirsi della prima domanda, e, collegandola colla seconda, rispondere così acconciamente.

Un'altra volta trovavasi Dante nella chiesa di santa Ma

ria Novella, ed appoggiato ad un altare stava meditando, quando gli si accosta uno di quei fastidiosi, che colle ciarle stancano ed annoiano eziandio il più paziente uomo del mondo. Sforzavasi Dante di torselo d'attorno, ma non venendogli fatto; Prima ch' io ti risponda (gli disse) chiariscimi d'una mia domanda: Qual'è la maggior bestiu del mondo? E quegli, diffondendosi in parole, gli rispose che per l'autorità di Plinio credeva fosse il lionfante. — Or bene (rispose il Poeta), o lionfante, non mi dar più noia.

Quando i priori, insiem cogli arroti, nel settembre 1301 tennero consiglio per trovar modo d'impedire la venuta di Carlo, avendo deliberato di mandare a papa Bonifazio un'ambasceria, e di questa volendo dar l'incarico a Dante, racconta il Boccaccio, che egli, stato alquanto sopra di sè, rispondesse: Se io vo, chi rimane? e se rimango, chi va? Quasi esso solo fosse quegli, che tutto tra tutti valesse. Probabilmente il Boccaccio non fece altro, che riferire una voce che allora correva: ma io non so creder vero il fatto; tanto meno poi, perchè vedo che non fu il solo Dante l'ambasciatore, essendosi egli portato a Roma in compagnia di altri tre, siccome dicemmo nel capitolo V.

Come la malevolenza può avere inventato quella risposta, che gli darebbe carico d'orgoglioso, così, rompendo un pozzetto del battistero, fu da alcuno accusato a torto d' irriverenza ai luoghi sacri. Mentr' egli un giorno trovavasi nella chiesa di san Giovanni, cadde un fanciullo in uno di quegli angusti pozzetti, ch' erano attorno al sacro fonte, e il quale in quel momento era pieno d'acqua. Ora Dante, per salvare da morte certa il fanciullo, non potendo altrimenti cavarnelo, ruppe il pozzetto. Ed egli descrivendo nel canto XIX, v. 13 e seg. dell' Inferno i fori ove stanno capovolti i simoniaci, ricorda questo fatto, evidentemente per iscusarsene, e per purgarsi da ciò, che le male lingue ne avean detto: Io vidi, per le coste e per lo fondo,

Piena la pietra livida di fori,

D'un largo tutti; e ciascuno era tondo..

Non parean nè men ampii, nè maggiori

Di quei, che son nel mio bel san Giovanni,
Fatti per luogo de' battezzatori;
L'uno de' quali, ancor non è molti anni,
Rupp' io per un, che dentro v’annegava :

E questo fia suggel che ogni uomo sganni.

E come egli ebbe de' malevoli e de' nemici in patria, così n'ebbe alcuni, ma non molti, fuori di essa. Che i conti Guidi lo tenessero per qualche tempo prigione nel castello di Porciano (siccome alcuni raccontano) sarebbe stoltezza il crederlo; dappoichè i conti di Porciano erano e si mantennero ghibellini, ed in quel loro castello accolsero Dante siccome amico, anzi che ritenerlo siccome prigioniero: e questo abbiam veduto nel capitolo VI. Ma già la memoria che costoro adducono, cioè che Dante vi stesse prigione dopo la battaglia di Campaldino, mostra quanto sia falsa cotesta credenza ; perciocchè nè Dante rimase prigioniero a quella battaglia, nè dopo di quella si trattenne nel Casentino, ma portossi tosto nel pisano all'assedio di Caprona. Nulla dirò d' un Cecco Angiolieri sanese, mediocrissimo poeta (d' un' avventura del quale ha formato una novella il Boccaccio), il quale in alcun suo sonetto prese a morder Dante; come nulla dirò 'dell' oltraggio, che a lui si dice aver fatto in Genova gli amici di Branca d'Oria, perchè Dante non fu mai in quella città: ma qualche parola farò di Francesco Stabili, più conosciuto sotto il nome di Cecco d'Ascoli; ingegno arguto ma falso, il quale, dannato al fuoco per negromante, morì in Firenze vittima della stolta e ad un tempo crudele superstizione di quella età. Ovecchè si fossero conosciuti (forse in Bologna), certo è che Dante e Cecco tenevan fra loro epistolare corrispondenza. E se è vero quello che alcuno racconta; cioè, che, posta la questione Se la natura poteasi vincer dall'arte, e stando Dante pel sì e Cecco pel no, restasse Cecco vincitore, perciocchè avendo quegli addestrato un gatto a reggere una candela, questi fecegliela lasciare sprigionando topi improvvisamen

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