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non uno, ma due (il primo col titolo di Commento, il secondo con quello di Chiose) sono i testi che si dicono di lui. Furono ambedue pubblicati a spese di lord Vernon nel 1848, ma sono meschinissima cosa; e non contenendo alcuna particolarità intorno la vita del Poeta, autorizzano a ritenere che non appartengano a un figlio di Dante. A questo Iacopo credesi per i più, che appartenga quel componimento poetico, diviso in sessanta capitoli, e intitolato il Dottrinale, il qual fu stampato la prima volta nel volume III delle Rime anliche toscane, Palermo 1817; ed altresi quel capitolo in terza rima sopra la Commedia di Dante, che Vindelino da Spira stampò in Venezia nel 1477. Havvi peraltro alcuno, il quale opina, che questi componimenti, non a lacopo figlio di Daute, ma a Iacopo figlio di Piero, debbano essere attribuiti. Ma questa opinione mi sembra molto vacillante, inquantochè dell'esistenza di Jacopo, figlio di Piero, non abbiamo che l'autorità di Giovan Mario Filelfo (della quale il lettore sa già qual conto possa farsi); e d'altra parte quel poemetto, intitolato il Dottrinale, è un lavoro assai discreto per quel tempo, ed appare evidentemente scritto da un fiorentino, e non da un veronese; ed il suo autore vi si dice più volte figlio, e non già nipote, di Dante.

Di Gabriello, terzo figlio di Dante, non abbiamo altra notizia, che quella datane dal capitan Della Rena ne' suoi Spogli, donde appare che vivesse nel 1351. E siccome questo Gabriello non lo veggiamo prender parte, insiem coi due suoi fratelli, all'atto del 1332; così può credersi ch' egli si fosse già diviso da essi. Ne' medesimi Spogli si vede notata una figlia di Dante, la quale fu moglie d'un Pantaleoni ; ma non si dà il nome di lei, nè quello del suo marito. Di Beatrice, altra figlia del nostro Poeta, alla quale è probabile che il padre ponesse un tal nome in memoria della sua Beatrice Portinari, sappiamo che vesti l'abito religioso nel monastero di santo Stefano detto dell' Uliva di Ravenna. In questa città fors' ella conviveva dapprima col padre, e, trovandosi in Ravenna alla morte di lui, non volle lasciare il luogo ove ri

posavano le sue ceneri, e quivi fecesi monaca. Nel 1350 il Boccaccio recò ad essa dieci fiorini d' oro, mandatile in dono dalla repubblica fiorentina, secondo che dice il Pelli; ovvero dalla compagnia d'Or' San Michele, secondo che pare accenni il seguente ricordo, che vedesi in un libro d'entrata e uscita del 1350, esistente nell'Archivio de' capitani di detta compagnia, e riposto nell' armadio alto (pag. 30): « Settembre 1350. A messer Giovanni di Boccaccio fiorini » dieci d'oro, perchè gli desse a suora Beatrice, figliuola che » fu di Dante Alleghieri, monaca nel monastero di San Ste» fano dell' Uliva di Ravenna. »

Di Gabriello non si conosce alcun discendente: di Jacopo sappiamo ch'ebbe due figli (un maschio ed una femmina), ne' quali s'estinse la discendenza di questo ramo degli Alighieri rimasti in Firenze. Racconta Leonardo Bruni in fine della sua Vita di Dante, che « messer Piero (figlio del nostro >> Poeta) ebbe un figliuolo chiamato Dante (nell' Albero » Dante II), e di questo Dante nacque Lionardo, il quale » oggi vive, ed ha più figliuoli........ Nè è molto tempo, » che questo Lionardo venne in Firenze con altri giovani » veronesi, bene in punto e onoratamente; e me venne a >> visitare come amico della memoria del suo proavo; ed >> io gli mostrai le case di Dante e de' suoi antichi; e die>>> gli notizia di molte cose a lui incognite per essersi stra» nato lui e i suoi dalla patria. » Nacque il Brùni nel 1370, morì nel 1444: fu segretario della repubblica fiorentina due volte, e la seconda nel 1427: la Vita di Dante fu da lui scritta dopo essere stato segretario. Ond'è che la venuta a Firenze di quel bisnipote di Dante può stabilirsi intorno il 1430. Ora avendo il Bruni indicato a Leonardo le case de' suoi maggiori, e non alcuno de' suoi parenti, consegue che verso il tempo da noi determinato non restava di essi più alcuno in Firenze: infatti Bernardo, figlio di Jacopo, non ebbe lasciato alcun successore, e Alighiera, sorella di lui, e zia dell' or citato Leonardo, si trova vedova fino dal 1403.

La discendenza dunque del nostro Poeta non derivò che

dal figlio maggiore di lui, cioè da Pietro: ma non si protrasse che per poco più di due secoli dopo la morte di Dante, essendosi estinta in una femmina chiamata Ginevra, la quale si maritò nel 1549 al conte Antonio Sarego di Verona. Intorno ai figli di Dante non credo dover più avanti diffondermi in parole, e rispetto agli altri suoi discendenti parmi abbastanza il darne qui appresso l'Albero; corredandolo soltanto di quelle notizie, le quali, più che di erudizione, posson servire di documenti storici. L'arme poi, che gli Alighieri di Verona, lasciata l'antica, assunsero nel secolo XV, chiamandosi Aligeri (siccome fu accennato nel capitolo II) è la seguente.

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