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tuttora sussistano gli avanzi del palagio di Dante); e tutti s' ingegnano provarlo con congetture assai probabili e con documenti. Ora io dico che il podere di Dante non era altro che il complesso di questi tre poderi. L'equivoco e la questione nacque dall' aver dato alla voce podere il significato che ha oggi, cioè d'un' estensione di terreno lavorabile da una piccola famiglia colonica, mentre in antico aveva quello di vasta possessione: chè altrimenti dicevasi campo o pezzo di terra. Nel Du-Cange: an. 1195. Philippus..... dominus totius poderis comitissa Matildis : an. 1292. Per Commune Parma fuit eis largita quarta pars poderis domini Jacobi Tavernarii. Il podere di Dante era posto nel popolo di San Marco Vecchio, ed in quello di San Gervasio, od almeno con quello di San Gervasio confinava; ma da San Marco Vecchio a San Gervasio ha la distanza di circa un miglio: dunque il podere era esteso. Conteneva un palagio, o villa signorile, con orto murato intorno, case e abitazioni da lavoratori: dunque era una possessione considerevole. Fu venduto a brani, e dapprima ne fu venduta una terza parte: dunque il possesso era vasto, poichè un podere ordinario non potrebbe mettersi in parti, non dando allora il mezzo di vivere ad una famiglia colonica. Ma si obietterà: Come poteva esser tutto un possesso, quando partendo dalla Querce sonvi due strade che lo dividono, l'una da levante a ponente, l' altra da mezzogiorno a settentrione, e di esse non si fa parola negli antichi contratti? Rispondo che coteste strade in antico non esistevano: infatti quella da levante a ponente, che riesce sul Mugnone, fu aperta non fan dieci anni; quella da mezzogiorno a settentrione, la quale conduce a San Domenico, conservò per lungo tempo il nome di strada nuova (cioè nuovamente costrutta); mentre la vecchia è quella che esiste tuttora, e che costeggia il Mugnone fino alla villa Palmieri.

Rispetto al possesso (secondo il Bruni) posto in Piacentina o Piaggentina, ch'è un luogo poco distante dalla porta alla Croce e prima di giungere a Varlungo, non si è trovato finora alcun documento. Ma poichè questo luogo Piaggentina estendevasi (secondo alcuni) fino alle odierne mura di Firenze, e precisamente fino al torrione con porta rimurata, che resta in fondo di via Ghibellina; così potrebbe credersi che la possessione della Piaggentina non altro fosse, che il pezzo di terra e il casolare, che gli Alighieri avevano nel popolo di Sant' Ambrogio.

CAPITOLO QUARTO.

Nascita, puerizia e gioventù di Dante. Suoi studii. Brunetto Latini suo maestro. Suo innamoramento per Beatrice. Contrae amicizia con Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Lapo Gianni. Guelfi e Ghibellini. Battaglia di Campaldino e assedio di Caprona, a cui egli prese parte. Morte di Beatrice.

[1265-1290.]

Da Aldighiero degli Aldighieri, di professione (siccome dicommo) giureconsulto, e da donna Bella, la quale non sappiamo a qual famiglia appartenesse, nacque Dante in Firenze verso la metà di maggio 1265.' Poichè i Guelfi dopo la sconfitta di Montaperti non furono riammessi in patria che nel 1266 o 1267, è da dirsi che il padre di Dante o non fu tra gli esiliati, o fu riammesso prima degli altri, od anco può supporsi che donna Bella, divenuta gravida, venisse in Firenze a dare alla luce la sua prole. Errò dunque Leonardo Bruni, quando nella Vila di Dante disse che egli nacque poco dopo la tornata dei Guelfi in Firenze, stati in esilio per la sconfitta di Montaperti. Al battesimo che ricevè nel nostro antico tempio di San Giovanni, gli fu posto il nome di Durante, ma per l'uso che aveva il popolo fiorentino d' accorciare e sincopare quasichè tutti i nomi proprii, fu sempre da ognuno chiamato Dante; ed egli pure amò chiamarsi così, siccome vedesi nelle poche lettere che di lui ci rimangono, e siccome ce ne assicura egli stesso nel canto XXX, v. 55 del Purg., facendosi dir da Beatrice: Dante, perchè Virgilio se ne vada,

Non pianger anco;

al che tosto soggiunge (v. 62):

mi volsi al suon del nome mio,

Che di necessità qui si registra.

Nè sull'esser egli nato in Firenze può minimamente muoversi dubbio, inquantochè i suoi biografi sono in ciò tutti concordi, ed egli stesso in sei sopra undici delle sue epistole che ci rimangono chiamasi fiorentino; ed anco nel suo Poema (Parad. canto XXV, v. 7) manifestando la speranza di potere un giorno ricever la corona d'alloro in Firenze, dice essere stato battezzato nella chiesa di San Giovanni :

Nel bello ovile, ov' io dormi' agnello

Ritornerò poeta, ed in sul fonte

Del mio battesmo prenderò 'l cappello.

E più esplicitamente ancora nel XXIII, v. 94 dell' Inferno: . . Io fui nato e cresciuto

Sovra il bel fiume d' Arno alla gran villa.

Nel giorno in che Dante venne alla luce, il Sole trovavasi nella costellazione de' Gemelli. Lo dice egli stesso nel canto XXII, v. 110 del Paradiso :

io vidi il segno,

Che segue 'l Tauro, e fui dentro da esso.

O glorïose stelle, o lume pregno

Di gran virtù, dal quale io riconosco
Tutto, qual che si sia, lo mio ingegno;
Con voi nasceva e s'ascondeva vosco

Quegli, ch'è padre d'ogni mortal luce,
Quand' io senti' dapprima l'aer tosco.

Dal che si ha non solamente, che la sua nascita avvenne (siccom' ho detto) verso la metà di maggio, poichè nel 1265 non essendo avvenuta nel calendario la correzione, che poi fu detta gregoriana, il Sole entrò ne' Gemelli (secondo che dimostrano le tavole astronomiche) nel dì 14 maggio; ma si ha

pure che egli riteneva, e il ritennero del pari i suoi contemporanei, esser lui nato sotto un favorevole influsso de' cieli. L'astrologia giudiziaria, scienza superstiziosa e vana, era in gran voga a quei tempi, e secondo i predicati di essa ritenevasi, che l'influsso del segno de' Gemelli predisponesse alla letteratura e alla scienza. Brunetto Latini, incontrato da Dante nell' Inferno, fra le varie parole che gli rivolge, usa anco queste (canto XV, v. 25 e seg.):

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Se tu segui tua stella,

Non puoi fallire a glorïoso porto,
Se ben m'accorsi nella vita bella.
E s'io non fossi sì per tempo morto,
Veggendo il cielo a te così benigno,
Dato t'avrei all' opera conforto.

È pertanto da credersi quello che si racconta, cioè che Brunetto, osservando lo stato del cielo al momento della nascita di Dante, ne facesse l' oroscopo, e prenunziasse com' egli sarebbe stato uomo di grand' ingegno e dottrina, ed avrebbe conseguito fama immortale. E veramente in questo caso l'evento corrispose appieno alla predizione, quantunque fondata sopra indizii di nessun valore. Anche le visioni (se fede potessero meritar i racconti di questa specie) concorsero ad annunziare qual doveva riuscir il fanciullo, che donna Bella portava nel seno. Narra il Boccaccio un sogno avuto dalla madre di Dante, non guari lontana al tempo del partorire : << Parea alla gentile donna nel suo sogno essere sotto un al» tissimo alloro, posto sopra un verde prato, allato ad una >> chiarissima fonte, e quivi si sentia partorire uno figliuolo; >> il quale in brevissimo tempo nutricandosi solo delle orbac» che, le quali dello alloro cadevano, e delle onde della >> chiara fonte, le pareva che divenisse un pastore, e s'inge>> gnasse a suo potere d' avere delle frondi dello alloro, il cui » frutto lo aveva nudrito: e a ciò sforzandosi, le parea ve»derlo cadere, e nel rilevarsi non più uomo, ma pavone il » vedea divenuto. >>

Poco sappiamo della puerizia di Dante; ma quantunque ci perdesse il genitore nel 1274 o 1275, cioè quando aveva 9 o 10 anni d'età, nientedimeno per cura della madre sua, ed cziandio è da credersi per quella de' parenti e de' tutori, fu fatto diligentemente educare ed istruire in ogni liberal disciplina. «Nella puerizia sua (dice il Bruni) nutrito liberalmen»te, e dato a' precettori delle lettere, subito apparve in lui >> ingegno grandissimo, e attissimo a cose eccellenti..... Con» fortato da' propinqui, e da Brunetto Latini, valentissimo >> uomo secondo quel tempo, non solamente a litteratura, ma » agli altri studii, liberali si diede, niente lasciando indietro » che appartenga a far l' uomo eccellente. Nè per tutto questo >> si racchiuse in ozio, nè privossi del secolo, ma vivendo e >> conversando cogli altri giovani di sua età, costumato ed ac>> corto e valoroso, ad ogni esercizio giovanile si trovava. » Ed il Boccaccio, distendendosi alquanto di più, si esprime nella guisa seguente: « Lasciando stare della sua infanzia, » nella quale assai segni apparirono della futura gloria del » suo ingegno, dico che dal principio della sua puerizia, » avendo già li primi elementi delle lettere appresi, non se>> condo i costumi de' nobili odierni si diede alle fanciulle>> sche lascivie ed agli ozii, nel grembo della madre impi» grendo, ma nella propria patria la sua puerizia con istudio >> continovo diede alle liberali arti, e in quelle mirabilmente >> divenne esperto. E crescendo insieme cogli anni l'animo >> e l'ingegno, non a' lucrativi studii, a' quali generalmente » corre oggi ciascuno, si dispose, ma ad una laudevole va» ghezza di perpetua fama e sprezzando le transitorie ric» chezze, liberamente si diede a volere aver piena notizia » delle fizioni poetiche e dello artifizioso dimostramento di » quelle. Nel quale esercizio familiarissimo divenne di Virgi» lio, di Orazio, di Ovidio, di Stazio e di ciascun altro poeta >> famoso; e non solamente avendo caro il conoscerli, ma an>> cora altamente cantando s' ingegnò d' imitarli, come le sue » opere dimostrano. E avvedendosi le poetiche opere non » esser vane o semplici favole o maraviglie (come molti stolti

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