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EMILIO PINCHIA

IL PARADISO

V

Il Paradiso.1

Il primo, notevole episodio nell'azione politica di Dante Alighieri è la battaglia di Campaldino, la quale egli venticinquenne combattè fra i feditori della prima schiera, avendo da principio TEMENZA MOLTA, come molto semplicemente confessa. Ed è prova della sincerità, propria del vero coraggio.

Si giunge a Campaldino, sull'alto Val d'Arno, da Pontassieve, entro la Giogaia ed il Falterona, ove Arno scaturisce scorrendo poi l'altipiano. Ivi è l'eremo di Camaldoli: in fondo l'abetaia di Pratomagno e, più oltre, il dosso della Verna, d'onde al canto delle lodole, visitati i compagni, si parti la beata anima di frate Francesco.

Queste sorprese ne riservano le montagne d'Italia.

Dai ghiacciai delle Cozie, ai vertici selvosi della Sila, dal Gran S. Bernardo a San Giovanni in Fiore, dall'Oropa al Gargano, da Bobbio a San Benedetto in Alpe: eremi, ospizi, santuarii, monasteri raccolgono i segreti delle solitudini e vi apprestano un altare.

Nell'aprico verde del Casentino sono Romena, Pratovecchio, Stia, Poppi; e, da Bibbiena, un torrente, l'Archiano, cerca foce in Arno. Là, nella battaglia, uno della famosa casata dei Montefeltro, Buonconte, disparve; nè si ritrovò la salma. Dante ne incontrò l'ombra in Purgatorio 2): « L'AR

CHIAN RUBESTO... DI SUA PREDA MI COPERSE E CINSE ».

« Mi volgon or, tra flutti e lidi, i venti ». È la sorte toccata al buon Palinuro, al pilota di Enea. Chi sa in quali gorghi ed a quali spiaggie! 3).

1) Par., 1, 1-12.

2) Purg., v, 91-129.

3) Aeneid., Lib. v.

Nunc me fluctus habet, versantque in litora venti ».

Poichè i pagani insepolti, non hanno requie di là, fin che un rito non ne onori i corpi. Alla faccia di Cristo si ha pace, pur che l'anima abbia ricevuto la grazia. E questo avvenne a Buonconte. Il diavolo s'avacciò, ma non la spuntò. Per dispetto buttò il corpo a fiume, dopo che l'angelo, più lesto, già ne aveva involata l'anima. Bastò una lagrimetta... Il nome di Maria...

Il pentimento, grande atto cristiano.

« QUIVI, LUME DEL CIEL NE FECE ACCORTI ».

Buonconte finirà in Paradiso. Intanto Dante vi ascende per la lieta virtù della Beatrice celeste.

Un maestoso, sterminato fiume di luce, sprizza razzi e faville; e nel turbine dei bagliori si accendono corolle di una mirabile primavera.

Gli incandescenti flutti si ampliano in un immenso cratere floribondo, vivido di topazi, smeraldi, rubini, che sul turchese dell'aere prendono figura di santi più splendidi del sole, gareggiando luci con luci fiammanti e vivaci, indi blande e diffuse in nitori di perla. Un aliare d'angioli in sussurro di api, sfioranti il miele della vita beata. Iridescenze e sonorità ravvolte in santo ardore; estatici volti assorti più e più in glorioso chiarore, mentre un abbagliante araldo, aperte e sfavillanti le eterne penne, intuona: AVE MARIA ed una serenità aureolata si spande intorno ad un pio vegliardo che volge gli occhi benignamente felici « QUALE A TENERO PADRE SI CONVIENE »; ed incomincia a pregare 1): « VERGINE MADRE... UMILE ED ALTA PIÙ CHE CREATURA... ».

Questo vecchio è S. Bernardo di Chiaravalle, che dal grande reverente affetto per la madre sua, fu rapito in eroico culto verso la Madre del Signore. Si racconta che, nel recitare l' Ave Maris stella», alle parole « monstra te esse matrem », gli venisse sulle labbra il sapore del mistico latte, onde poi la dolcezza e la soavità della sua eloquenza.

E S. Bernardo prosegue 2): « ANCOR TI PREGO REGINA... ».

1) Par., XXXIII, 1-21.

2) Par., XXXIII, 22-37.

Maria! Presso di lei scolora la donna del Cantico dei Cantici. Per laudarla non bastano le litanie adunate intorno alla rosa mistica... Lei carità, lei misericordia, scala alla santità ed alla gloria dei giusti... In questo sclamare, a S. Bernardo s'illuminava il volto e soggiunge: << LA REGINA DEL CIELO, OND'IO ARDO NE FARÀ OGNI GRAZIA, PERÒ CH'IO SONO IL SUO FEDELE... ».

Il nome di Maria!

Questa cantica del Paradiso, dilettosamente schiusa alle armonie di terra e di cielo: « COME L'AUGELLO, INTRA L'AMATE FRONDE, POSATO AL NIDO DEI SUOI DOLCI NATI... FISO GUARDANDO, PUR CHE L'ALBA NASCA... 1) »; questa cantica propaga nelle anime, con la grave modulazione di note gregoriane, le blandizie degli atti materni e ne prorompe il sentimento di quel secolo per la Vergine.

Nel progredire entro le inviolabili sfere, il poeta, ancor palpitante di impressioni terrene, trema di un brivido santo. Rivolta Beatrice ad Oriente, aerea figura in candidi nimbi, Dante l'affisa e la ode, trepida, esclamare: ecco il trionfo di Cristo! ».

Danzano a ronda le gaudiose schiere, raggiano straordinariamente i volti, ineffabilmente ridono gli occhi di Beatrice, una maestà indicibile l'avvolge 2).

Nel nome di Maria schiude Beatrice il sorriso eternale. La fanciulla fiorentina si innalza al più alto posto nel cuore delle genti, simbolo del più prezioso dono; da quel riso si rivela la Grazia.

Dante, al limpidissimo aspetto, si rimane in estasi e rimarrebbe, se Beatrice: « PERCHÈ LA FACCIA MIA SÌ T'INNAMORA,

CHE TU NON TI RIVOLGI AL BEL GIARDINO CHE SOTTO I RAGGI DI CRISTO S'INFIORA? ».

Egli allora si rivolge, ma l'abbacinata vista cederebbe se la bontà di Cristo non attenuasse la troppa luce; « attenuati sunt oculi suspicientes in excelsum »; però un'altra volta è

1) Par., XXIII, 1-9.
2) Par., XXIII, 25-112.

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