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L'azione politica romana spaziava sull'Oriente. Roma fu l'Urbe; e diveniva il convegno delle filosofie, delle religioni, delle storie, onde è germinata l'umanità; gli arcani delle generazioni; fermentavano congetture ed ideologie intorno agli enigmi del mondo; sciamavano presentimenti ed aspettazioni di un rinnovamento; speranze in una felicità di pace e di giustizia, che potevano volgersi così al fatto politico della instaurazione augustea, come al fatto spirituale di una purificazione del divino nel sentimento degli uomini: scintille sprizzanti dalla oscurità di una diffusa leggenda messianica, tumultuante nelle coscienze delle molteplici razze; unanime grido, anelito ad una patria ignota, ma certa, alle prospettive della promessa di nuovo cielo e di nuova terra, onde erano stupefatte e si facevano ansiose quelle stirpi, fra le quali venivano improvvisamente a contatto le disperse incomprese esoteriche affinità di consenso intorno alla divina idea del mondo. Unisono di anime che in ogni plaga, sotto i diversi cieli, si angosciano di comuni problemi, interrogando la vita, scrutando la morte, contemplando gli astri e le zolle, le nubi e gli abissi, le serenità e le tempeste, chiedendo a palpiti, entusiasmi, delirii, ardori, veglie, al dolore, al piacere, lo sfuggente perchè, cui dava allora risposta il vaticinio di magi, di sibille, di profeti, venerandovi i cristiani la rivelazione. « Teste David, cum Sybilla ».

E pertanto, Virgilio, il quale dipinse poi nell' Eneide i Campi Elisi, per modo che altri dicesse mancarvi soltanto il Pater noster, aggiunse la riputazione di veggente alla celebrità del poeta.

I romani ammiravano l'epico cantore dei patrii fasti, il poeta dei tempi nuovi e del cosmopolitismo imperiale, che il Medioevo raccolse, riconoscendo dal meraviglioso artefice, profeta di Cristo, la trionfante latinità e la predestinazione cattolica di Roma.

Dante affida a lui di interpretare la ragione umana negli aspetti mansueti e simpatici della rassegnazione, della conciliazione e della tolleranza; intendendone certamente quegli

che, frapposto a due secoli, a due momenti decisivi della storia, al punto di una fenomenale evoluzione del pensiero, rappresenta l'unità ideale, che i meri intelletti perseguono, opponendo alle caduche intellettualità delle città della terra, le rifiorenti visioni della città di Dio.

Eccelso custode di una grande tradizione, indovino di suprema fede, Virgilio, presentato da Dante, esprime la signorile genialità dell'ispirazione italiana.

Poeta nazionale adunque; e poeta popolare.

Sia onorato quel popolo che è capace di non esser volgare e sente al di sopra dei pur troppo fatali errori, le ragioni della nobiltà e del carattere.

Ci si aggira nelle tormente morali o politiche: peccatori o santi, matti o savii, conservatori o sovversivi. La coscienza detta; l'evento decide; ma la volgarità, per se stessa, pregiudica l'evento e lo preannunzia miserabile e vile. In volgari tempi non trovano posto i rari eletti, per i quali i tempi muovono a dignità; non volgare di certo quel tramonto della più famosa repubblica, l'aurora di una eccelsa spiritualità che si accingeva a fecondare i suoi miracoli col martirio; e Virgilio, prevenendo il carme secolare, avvince superstizioni, tradizioni, credenze, riti, alla grandiosità della favola che schiude eroicamente le porte di una storia che poggia il capo al Palatino augusto e i forti omeri stende all'Appia via 1).

Ed anche più: trascina nel fascino di un folto passato: verso le origini; al segreto dei padri vetustissimi, là, dove veglia de le rasenie contrade in mezzo ai boschi il sonno sepolcral, mentre tormenta languido scirocco gli assetati caprifichi che ondeggiano verdi tra cielo e mar, sui gran massi cui vigile il mercator tirreno saliva le fenicie rosse vele, nel seno azzurro ad aspettar 2).

I mitici innominati, sepolti da incalcolabili millenii sulle spiaggie scalpicciate dalle migrazioni e fantasticamente esu

1) CARDUCCI: Alle terme di Caracalla.

2) CARDUCCI : Avanti.

mati da sconnessi ricordi delle diuturne fortune: la guerra iliaca, il ratto di Elena che simboleggiano il primitivo sincero slancio della poesia, perenne nel cuore degli uomini. Quell'assedio di Troia, che per noi riempie un'epoca, non ne è forse se non un episodio. E prende sostanza dalla casata alla quale un languido oblio di Venere concedette quella figliuolanza di Dardano che rappresenta la prole Saturnia: virgulti pelasgici germoglianti dal Tirreno all'Ellesponto, in pia custodia di autoctoni penati.

Il primo Olimpo, chi sa? Immaginiamolo nell'aerea maestà dei Monti Albani, jeratica corona sul piano del Lazio, d'onde spirarono, ampliandosi nel genio ellenico, i canti omerici: frammenti di gigantesche, svanite epopee.

Il mondo latino realizzava in Virgilio la poesia della storia, congiungendosi alla antichissima vita mediterranea; e Roma appariva l'epilogo di una già famosa vicenda che vittoriosamente aveva ripreso il suo corso, al momento che, o biondo Tevere, « la fatal prora d'Enea, per tanto mar la foce tua cercò; e l'aureo scudo della madre dea in su l'attonit'onda al sol raggiò 1)». Mentre i versi dell'Eneide, stuzzicanti l'atavico orgoglio, si cantavano sui teatri, nei consolari aulici convegni, e si perpetuavano, graffiti, sui muri dell'elegante ed oziosa Pompei, la sentimentalità popolare si commoveva, accarezzata dalla serena melodia delle Egloghe e delle Georgiche; ivi il mite poeta espande l'incanto di bontà. Quei poemetti si divolgavano in giorni torbidi, di malsopite guerre civili, di costume politico ingeneroso, violento e prezzolato, di ricchezze insultanti, di miserie umilianti. Tempi di pescicani.

La pace romana, la pace augustea, si aspettava faticosamente, in grandi confusioni di prepotenze; e l'ordine morale brancolava. Onde un'irritazione sorda, impazienze mal frenate, una convivenza astiosa.

Quest'uomo, figlio di un orciaiuolo, cresciuto fra le sognanti campagne della valle padana, dove riceveva dalla na

1) CARDUCCI: Agli amici della Valle Tiberina.

tura l'iniziazione alla poesia, ne riportava i suoi colloquii coi verdi sterminati piani, colle nuvole vagabonde, colle acque iridescenti ove lievemente tremano ombre flessuose e passano brividi di foglie. E faceva intendere soavi parole di giustizia, di confidenza tranquilla. Quelle dilettazioni pastorali, di alquanta preziosità letteraria, ma sincere di sentimento, preparavano le dolcezze evangeliche del lago di Tiberiade.

Si imparava a vivere nella verità della propria anima, alimentandola di interna vita, ricreandola nell'amore delle piante: «tenerisque meos incidere amores arboribus », degli aperti campi, che il lavoro feconda e benedice; ad intrattenere un ideale superiore alla realtà, misurando questa con prudenza per poterne scartare quanto nuoce all'ideale.

Le armonie morali si trasformavano per il poeta mantovano, un po' egoisticamente, in pure forme di arte, inoffensive e gioconde.

Un'aureola di bontà e di saviezza, intorno a quella fronte spianata dalle meditazioni, risplende così, in cospetto di Beatrice fino al più perfetto chiarore della ragione in presenza della fede: QUANTO RAGION QUI VEDE, DIR TI POSS'IO; PIÙ IN LÀ T'ASPETTA A BEATRICE, CH'È OPRA DI FEDE ».

Ma l'oltretomba ha conferito a Virgilio una indefinita compiacenza, una serenità di visione, nella quale si avvalora la verità che egli ha imperfettamente conosciuto sopra la terra.

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Messaggero di Beatrice, eccolo, con Dante, il buon padre ». Paziente nel passo della città di Dite, parlamentando coi diavoli; benigno nello spiegare, indulgente nel riprendere: << PERCHÈ TANTO DELIRA L'INGEGNO TUO DA QUEL CHE SUOLE?». Sollecito nel prevenire. Vedendo il Minotauro che saltella qua e là: « CORRI AL VARCO, MENTRE CH'E' INFURIA »; oppure, accostandosi a dei fiorentini: < OR ASPETTA: A COSTOR SI VUOL ESSER CORTESE »; e, quando occorre, ad un malo passo, lo piglia di peso, se lo reca in collo. Con garbo ammonisce: « CHE TI FA QUI CHE QUIVI SI PISPIOLIA? VIEN DIETRO A ME E LASCIA DIR LA GENTE ». Gravi riflessioni sull'amore, sulla fortuna, sulla virtù della preghiera.

« O DIGNITOSA COSCIENZA E NETTA », già tanto prossima al Dottore angelico! Ei suoi silenzii!

Gli espressivi silenzi, quando tra due intelletti che tutto comprendono passa un angelo e parlano le occhiate profonde!

Nella desolata tenebrosa ruina, fra le rosee rugiade del monte di riconciliazione: silenzii che dicono la giustizia e la pietà, le vertigini dell'eterno. Però, se viene incontro la figlia di Tiresia, Manto l'indovina, fondatrice della sua città, il cuore di Virgilio tocco dalle memorie, molto bonamente: « UN POCO MI PIACE CHE M'ASCOLTE », dice 1).

E qui ci si intenerisce anche noi, in cospetto di questa cara e memore plaga della patria! Da secoli contesa; ed or ora, durando quattro anni, mèta delle nostre ansie, teatro di battaglie, di rovescii e di vittorie, tomba di tanti!

Colà, per cinque riprese in settant'anni, accorsero gli entusiasmi e gli ardimenti, le volontà, i sacrificii; colà siamo vissuti. E vi ci sublimammo nel voto più ardente.

Il nostro pensiero nazionale, ritemprandosi in quei ricordi, si concentra in manifestazioni di arte, coscienza di egemonia spirituale, resistenza di aspirazioni intellettuali.

Miriamo con intenerita simpatia sulle storiche sponde del Mincio, dove fu tanto lampo di manipoli, tanta onda di cavalli, lungo le quali è nato anche Sordello e splendettero grazie d'arte in corte ai Gonzaga, la figura pastorale di Virgilio, nelle vaporanti praterie dove si intreccia l'idillio, al rezzo degli alberi alti, che stampano i loro frastagli su gli spazi convoglianti raggi e candori, i vivaci soffii e le luci cangianti dell'alpe schierata lontana. Un colore di cielo scende sulle acque, degrada sui fluttuanti dumi e dilegua in argenti ed ametiste, dolcemente, dall'effuso aere, sul volto benigno del poeta.

Intendiamo bene che il Medioevo narrasse di S. Paolo in lacrime presso la tomba di lui, sclamando: o massimo dei poeti, che avrei fatto di te conoscendoti!».

E, fino a tutto il 1400, se ne cantò nelle chiese di Mantova alla messa di S. Paolo. Intendiamo che in alcune cat

1) Inf., xx, 55-93.

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