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22 A quelle parole di Dante, che riporta Leonardo Bruni, e che, dicono nella battaglia di Campaldino mi trovai non fanciullo nell' armi, molto opportunamente osserva il Balbo, che, se l' epistola, la quale dovea certamente esser latina, è qui ben tradotta, chiaro apparisce che questo non fu il primo fatto d'arme, in che Dante si trovasse. Dunque il primo dovea esser quello dell'anno innanzi.

23 Fu in questa occasione, che accadde il combattimento della Pieve al Toppo, accennato da Dante nel canto XIII, v. 120 dell' Inferno, dicendo che vi perse la vita il sanese Lano; ed ecco come. Nell' allontanarsi da Arezzo i Fiorentini fecero intendere ai Sanesi che, per isfuggire ogni pericolo, sarebbe stato bene che ne venissero con loro fino a Montevarchi, potendo quindi per la via di Montegrossoli tornare a Siena. Ma essi baldanzosi, e avendo in animo di dare il guasto al castello di Lucignano, vollero tener la via diritta, pagando ben tosto la pena della loro temerità, poichè colti all'improvviso dagli Aretini, che s' erano appostati in Valdichiana presso la Pieve al Toppo, restarono pienamente sconfitti.

24 Comandante di questa prima schiera dice Dino Compagni essere stato messer barone de' Mangiadori da San Miniato, il quale secondo la cronaca sanese pubblicata dal Muratori (Rer. Ital. Script., vol. XV, pag. 40) era in quell'anno capitano di Siena. Comunque sia, Vieri de' Cerchi era anch'esso uno de' capitani. "Essendo messer Vieri " de' Cerchi de' capitani (dice il Villani, lib. VII, cap. 131) ” e malato di sua gamba, non lasciò perciò di voler essere " de' feditori; e convenendogli eleggere per lo suo sesto, » nullo volle di ciò gravare più che si volesse di volontà, "ma elesse sè e 'l figliuolo e' nipoti: la qual cosa gli fu " messa in grande pregio; e per suo buono esemplo molti " altri nobili cittadini si misono tra' feditori. "

25 L'elmo e la spada di questo vescovo furono, quasi spoglie opime, appese nel nostro battistero di San Giovanni, e vi restarono fino a che non furon tolte per ordine del granduca Cosimo III.

26 Nel Purgatorio, canto V, v. 88 e seg. finge Dante incontrare l'anima di questo guerriero:

Io fui di Montefeltro, i' son Buonconte.

Ed io a lui: Qual forza, o qual ventura
Ti traviò sì fuor di Campaldino,

Che non si seppe mai tua sepoltura?·
Oh, rispos' egli, appiè del Casentino.

Traversa un'acqua, c' ha nome l' Archiano,
Che sopra l'ermo nasce in Appennino.
Là, 've il vocabol suo diventa vano,
Arriva' io forato nella gola,

Fuggendo a piede, e sanguinando il piano.
Quivi perdei la vista, e la parola

Nel nome di Maria finì: e quivi

Caddi, e rimase la mia carne sola.

E quindi racconta come il suo corpo trascinato in Arno dalle acque dell' Archiana, rimanesse quivi fra la rena e la ghiaia sepolto.

27 La sepoltura di questo cavaliere vedesi insino a' nostri giorni nel chiostro della Nunziata, nella parete che guarda a ponente, ov' egli è rappresentato a cavallo colla spada nuda in mano, in atto di correre contro i nemici.

28 Giovanni Villani, lib. VIII, cap. 137; Ammirato, lib. III. Il castello poi di Caprona era posto sulla destra dell' Arno là, dove sbocca il torrente Zambra, a cinque miglia, a levante da Pisa.

29 Era nata Beatrice nell' aprile del 1266 e morì nel 9 giugno del 1290: dunque ella aveva ventiquattr' anni e due mesi. Dice il Boccaccio che Beatrice morì nella fine del suo anno ventiquattresimo; ma di sì lieve inesattezza non vorrà nessun discreto fare a lui rimprovero. Il giorno preciso della morte di lei è indicato da Dante stesso con le seguenti parole, che leggonsi al § XXX della sua Vita Nuova; ove secondo le fantasie astrologiche di quel tempo, vuol vedere e trovare nel numero 9, tutti gl' indizii de' fatti, che avean relazione a Beatrice, e al suo innamoramento per essa. Io dico che, secondo l'usanza d' Italia, l' anima sua " nobilissima si partì nella prima ora del nono giorno del mese (dunque nel dì 9); e secondo l' usanza di Siria, ella " si partì nel nono mese dell' anno: il primo mese è ivi » Tismin, il quale è a noi ottobre (dunque se il primo è ottobre, il nono sarà giugno). E secondo l'usanza nostra, » ella si partì in quello anno della nostra indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero (il numero

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perfetto, secondo Dante nel Convito, Tratt. II, cap. 15, " è il numero 10) nove volte era compiuto in quel centi"naio (in quel secolo), nel quale in questo mondo ella fu posta (dunque se il 10 erasi compiuto 9 volte, avre"mo 90). Ed ella fu de' cristiani del terzodecimo centinaio (cioè, del secolo XIII). "Dante stesso pertanto vuol dire, che Beatrice morì il nono giorno del mese di giugno del 1290.

CAPITOLO QUINTO.

Dante prende moglie. Studia lè scienze sacre. Si ascrive all' arte de' medici e speziali. Dell' industria e del commercio de' Fiorentini. Forma del governo di Firenze. Consegue Dante i pubblici officii. Va ambasciatore a San Gimignano. Ottiene il priorato. Giano Della Bella. I Neri e i Bianchi. I Donati e i Cerchi. Legazione di Fra Matteó d'Acquasparta. Carlo di Valois. Dante va ambasciatore a Bonifazio VIII. Influenza de' papi ne' governi d'Italia. Esilio di Dante.

[1290-1302.]

Quanto fosse sensibile a Dante la perdita dell' amata Beatrice, non potrebbe a parole significarsi. « In tanto dolore » (dice il Boccaccio), in tanta afflizione, in tante lagrime » rimase, che molti de' suoi congiunti, parenti ed amici niuna >> fine a quelle credettero, altro che solamente la morte; e » quella estimarono dover essere in breve, vedendo lui a »> niuno conforto, a niuna consolazione pôrtagli dare orec» chie. Li giorni alle notti erano eguali, e le notti a' giorni ; » delle quali niuna si trapassava senza guai, senza sospiri, >> e senza copiosa quantità di lagrime, e parevano li suoi » occhi due abbondantissime fontane d'acqua surgente, in» tantochè e' più si maravigliavano donde tanto umore egli » avesse, che al suo pianto bastasse. »

Nelle subite e forti passioni le potenze dell' anima si rimangono quasi legate, sì che non è dato all' uomo, fin che rimane in tale stato, di potere operare. Poeta innamorato,

andava Dante celebrando ne' suoi versi le bellezze e le virtù della sua donna; amante sventurato, non potè per alcun tempo parlare della sua dipartita. «Ma poichè gli occhi miei, » (dice egli stesso nella Vita Nuova § XXXII) ebbero per >> alquanto tempo lagrimato, e tanto affaticati erano, ch' io >> non potea disfogare la mia tristizia, pensai di voler disfo>> garla con alquante parole dolorose: e però proposi di fare » una canzone, nella quale piangendo ragionassi di lei, per » cui tanto dolore erasi fatto distruggitore dell' anima mia ; » e cominciai allora :

"Gli occhi dolenti per pietà del core

» Hanno di lagrimar sofferta pena

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Sì, che per vinti son rimasi omai.
"Ora s'io voglio sfogar lo dolore,

» Che appoco appoco alla morte mi mená,
» Convenemi parlar traendo guai: ec. "

E nonostantechè con questo e con altri poetici componimenti cercasse disfogare l'interna doglia; nonostantechě si ponesse a scrivere il libretto della Vita Nuova, ch'è una storia passionata del suo amore per Beatrice dalla prima origine fino a un anno dopo la morte di lei; pure le lagrime non ristavano: ond' egli pensò di trovare a ciò altro modo, e questo fu lo studio. «Come per me fu perduto (dic' egli » nel Convito, tratt. II, cap. 13) il primo diletto della mia » anima (cioè Beatrice), io rimasi di tanta tristizia punto, >> che alcuno conforto non mi valea. Tuttavia dopo alquanto » tempo, la mia mente che s' argomentava di sanare, prov» vide...... ritornare al modo, che alcuno sconsolato avea » tenuto a consolarsi. E misimi a leggere quello non cono>> sciuto da molti libro di Boezio, nel quale captivo e discac>> ciato consolato s' avea. E udendo ancora che Tullio scritto >> avea un altro libro, nel quale, trattando dell' amistà, avea >> toccate parole della consolazione di Lelio,.....misimi a leg» gere quello. »

La consolazione peraltro ch' egli andava cercando, non

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