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ma volevan anco infamarlo. Voleano infamare un ottimo cittadino, un integerrimo magistrato, un Dante Alighieri, splendore di Firenze e d'Italia, esimio benefattore dell' umanità! Ma ben falli loro la prova; chè non fuvvi allora alcuno, nè vi sarà mai, che a quelle stolide accuse possa prestare la benchè minima credenza. La vera causa del suo esilio fu l'avere attraversato i rei disegni de' Neri, e l'essersi opposto alla venuta del principe francese, ch' ei ben prevedeva dover riuscire alla distruzione della città. Questa causa traspare chiaramente dalle parole stesse della sentenza, ov'è detto essersi egli adoperato contra summum pontificem et dominum Karolum pro resistentia sui adventus, e d'aver tentato che Pistoia si dividesse ab unione et voluntate civitatis Florentiæ, et subiectione sanctæ romanæ Ecclesiæ, vel domini Karoli in Tuscia paciarii. E questa causa fu attestata dal notaro della Signoria, il quale in margine dello stanziamento fatto dappoi, cioè nel 26 marzo 1302, per dare a Carlo la sommà richiesta, notò essere stato Dante esiliato per aver fatto opposizione ne regi (Siciliæ) Karolo daretur subsidium postulatum. Il barattiere, il trafficante degli officii, il ladro della pecunia pubblica non fu l' Alighieri, ma quel principe francese, il re Senzaterra, e poi tutto il partito de' Neri.

Di questi ecco quello che racconta Dino Compagni, testimone oculare, e storico fedele : « Grandissimi mali fecio>> no..... molta gente sforzarono e rubarono ;..... rubati i pu» pilli; uomini impotenti spogliati de' loro beni, e' caccia>> vanli della loro città: e molti ordini feciono, quelli che >> voleano, e quanto e come. Molti furono accusati, e conve>> nia loro confessare aveano fatto congiura, che non l'aveano >> fatta, ed erano condannati in fiorini mille per uno. E chi >> non si difendea era accusato, e per contumace condannato » nell' avere e nella persona..... e di questi fu Dante Alighieri, » ch'era ambasciatore a Roma; (il quale per conseguenza non potè obbedire alla citazione fattagli per numptium Communis Florentie, ut certo termino jam elapso coram nobis

et nostra curia comparere deberet ac venire..... ad se defendendum et excusandum ab inquisitione premissa). — E chi >> ubbidiva, pagava; e dipoi accusati di nuove colpe erano » cacciati di Firenze sanza nulla pietà;..... patto, pietà, nè » mercè in niuno mai si trovò. »

Di Carlo, a cui il papa, mandandolo a Firenze, avea detto che il mandava alla fonte dell' oro; e a cui furono dapprima dati settantamila fiorini pel soldo suo e de' suoi cavalieri, e poi altri diciassettemila perchè affrettasse la sua venuta, ecco quello che dice lo storico medesimo: «Messer Carlo di Va>> lois, signore di grande e disordinata spesa, convenne pale>> sare la sua rea intenzione. E' cominciò a volere trarre da>> nari da' cittadini: fece richiedere i priori vecchi (quelli » cioè che i Neri avean costretto a lasciare l'officio)..... e » volea da loro trarre danari, apponendo `gli aveano vietato » il passo...... e così gli perseguitava per trarne danari..... >> Uno ricco popolano e di gran bontà, chiamato per nome » Rinuccio di Senno Rinucci, il quale avea molto onorato >> messer Carlo a uno suo bel luogo (di campagna) quando >> andava a uccellare..... fece pigliare, e posegli di taglia fio>> rini quattromila, o lo manderebbe preso (prigione) in Pu» glia: pure per preghiere di suoi amici lo lasciò per fiorini » ottocento; e per simil modo ritrasse molti danari..... Il » simile avvenne a più richiesti che partiti erano gli con>> dannava nell' avere e nella persona, e i beni confiscava in >> comune; per modo che il Comune ebbe fiorini ventiquat» tromila, ed egli finì tutto ciò, che gli avea applicato sotto >> il titolo di paciaro. »

Col titolo di paciaro estorceva, col titolo di paciaro confiscava ed applicava al Comune, e col titolo di paciaro si mangiava tutto quello, che al Comune era stato applicato. Veggano i popoli a che conducano le discordie intestine, e qual pace e qual prosperità apporti lo straniero. Dopo aver dimorato in Firenze cinque interi mesi, cioè dal primo o 4 novembre 1301 al 4 aprile 1302, partì Carlo dalla desolata città per alla volta della Sicilia.

Tornando ora alla sentenza contro Dante, dirò che Cante de' Gabbrielli, o per meglio dire il partito de' Neri, non si contentò di condannarlo a un esilio perpetuo e alla confisca di tutti i beni; ma quaranta giorni dopo (cioè nel 10 marzo) prendendo motivo dal non aver egli dapprima obbedito alla citazione, e poi dal non aver pagato la multa, donde argomentavasi per reo confesso di ciò che gli era stato imputato, lo condannava, qualora nelle forze della repubblica pervenisse, ad esser bruciato vivo. 23

ILLUSTRAZIONI E DOCUMENTI

AL CAPITOLO QUINTO.

1 Che Gemma Donati fosse figliuola d'un Manetto, e nipote d'un Donato, apparisce da due istrumenti; il primo del 1297, l'altro del 1332. Così dice il Pelli, promettendo di riportare in appresso i detti documenti; ma il fatto si è che poi non ne riporta che un solo, cioè quello del 1332 (v. la nota 8 al cap. III), l' altro l'abbiamo riportato noi (v. ivi, nota medesima), ma in questo non si fa parola di Gemma.

2 Da alcuni frammenti d'un codice cartaceo, che tuttora si conservano nell' archivio centrale di Stato (frammenti di minute di consulte) si vede che Dante discusse nel 5 giugno del 1296 nel Consiglio del capitano (in Consilio Centum virorum) sopra alcune proposte, leggendovisi: Dante Alagherii consuluit secundum propositiones prædictas. La data, per esser le carte andate a male, non vi si legge chiaramente, ma il Segretario dell' archivio, mio buon amico e collega, mi scrive (28 settembre 1860): « Tenga " per fermo, che la data della consulta di Dante, che esa> minammo insieme ieri mattina è del 5 giugno 1296. » Dunque mi sono apposto al vero, dicendo che Dante si fu ascritto alle arti non nel 1297, come dice il Pelli, ma sì nel 1295.

Nel 1301 discusse due volte nel Consiglio delle Capitudini, ed una volta nel Consiglio de' cento. Queste discussioni, che pur io ho vedute nel libro di consulte dal 1300

al 1303, che si conserva nell' archivio centrale di Stato, furono già pubblicate nell' Archivio Storico; ed avendole trovate pienamente conformi all'originale, le riporto qui tali quali furono dapprima stampate:

Die xiiij mensis aprilis 1301.

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In Consilio Capitudinum xij Majorum Artium et » aliorum Sapientum, proposuit dominus Capitaneus, præ"sentibus Prioribus et Vexillifero, quomodo electio futuro» rum Priorum fieri debeat pro Communi. Præsentibus testi"bus etc.

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» Ser Bindus ser Guicciardi notarius consuluit, quod Capitudines et Sapientes cujuslibet Sextus, simul congregati, nominent quatuor in quolibet Sextu; et postea fiat scruptinium secundum morem solitum.

» Guido Ubaldini de Signa consuluit, quod Capitudi"nes cujuslibet Artis nominent duo in quolibet Sextu. "Dante Alagherii consuluit secundum dictum primi Sa>> pientis.

» Facto partito ad sedendum et levandum, placuit quasi " omnibus secundum dictum primi Sapientis.

« Eadem die xiiij aprilis.

"

"In Concilio Capitudinum xijcim Majorum Artium et » duorum Sapientum pro Sextu, proposuit dominus Capita» neus, quomodo eligantur sex boni viri in Sextu Burgi, qui vadant ad scruptinium pro electione Vexilliferi.

"

"Dante Alagherii consuluit, quod Capitudines et.Sapientes cujuslibet Sextus nominent unum in dicto Sextu. » Facto partito ad sedendum et levandum,, placuit omni» bus secundum dictum dicti Sapientis.

"

"Die xiij mensis septembris 1301.

"In Consiliis Centum, generali et speciali, domini Capitanei, et in Consilio generali Communis et Capitudinum » xxj Ártium et aliorum bonorum virorum, congregatis in pallatio domini Potestatis, coram Potestate et Capitaneo, » Prioribus et Vexillifero; proposuit dominus Potestas, quid "sit providendum et faciendum super conservatione Ordi>namentorum Justitiæ et Statutorum Populi.

"

"Dante Alagherii consuluit.....

"Dominus Guidoctus Corbiczi consuluit, quod predicta » omnia remaneant in Potestate, Capitaneo, Prioribus et Vexillifero, cum illo Consilio, quod habere voluerint. »

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In un libro di minute di Consulte dal 1300 al 1303, si trova che Dante ha discusso altre due volte:

« Die xviiij mensis junii (1301).

" In Consilio Centum virorum, generali et speciali, et " Capitudinum xij majorum Artium, proposuit dominus Capitaneus infrascripta, presentibus Prioribus et Vexillifero.

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Primo, de servitio domino Papæ faciendo de centum "militibus, secundum formam literarum domini Mathei Car» dinalis.

Item super commissione facta in dominos Priores et "Vexilliferum per Commune de Colle acceptanda.

"Ser Rogerius Ughonis Albitzi notarius consuluit, quod » dictum servitium fiat domino Papæ secundum formam propositam. Item, quod dicta commissio facta per Com"mune de Colle in dominos Priores et Vexilliferum acce"ptetur per eos.

"

» Dante Alagherii consuluit, quod de servitio faciendo » domino Papæ nihil fiat. In alia propositione consuluit se"cundum dicti primi Sapientis.

» Dominus Guidoctus de Canigianis Judex consuluit se» cundum dictum primi Sapientis.

» Dominus Albizus Corbinelli Judex consuluit, quod de "servitio faciendo domino Papæ suspendatur ad presens.

"Presentibus domino Gentile domini Gualteronis de Fir"mo, Judice et collaterali assessori predicti domini Capitanei, et Albitzo Redde precone domini Capitanei et populi " florentini et aliis.

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"Facto partito ad sedendum et levandum placuit omni» bus secundum dictum primi Sapientis super facto de Colle. "Dicta die acceptata fuit dicta commissio per offi

" cium."

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"Eadem die.

" In Consilio Centum virorum proposuit dominus Capita» neus infrascripta, presentibus Prioribus et Vexillifero. Primo, de servitio faciendo domino Papæ de centum » militibus pro illo tempore, quo videbitur Prioribus et Ve" xillifero presentibus, et quod in dicto servitio morari "debeat dominus Neri de Giandonati capitaneus dictorum

"

militum, et etiam ser Gorello de Broncis pro notario dicti "capitanei ad solitam rationem, salvo quod tempus dicti » servitii non excedat kalendas septembris, dummodo dicta » pecunia solvatur illi personæ, seu personis, quibus videbi» tur Prioribus et Vexillifero.

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