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CAPITOLO SESTO.

Prima radunanza de' Bianchi in Gargonza; poi in Arezzo. I Bianchi a Forlì con Scarpetta degli Ordelaffi. Impresa di Pulicciano. Missione del paciaro cardinal Niccolò da Prato. Tentativo de' Bianchi di ripatriare sotto Baschiera Tosinghi. Prime peregrinazioni di Dante. Va allo Studio a Bologna. Clemente V. Legazione del cardinal Napoleone degli Orsini. Guerra di Montaccianico. Congresso de' Bianchi in San Gaudenzio. Dante a Padova; in Lunigiana presso i marchesi Malaspina. Sua legazione al vescovo di Luni. Tórna Dante nel Casentino, e poi in Lunigiana. Frate Ilario. Dante a Parigi. Arrigo VII. Dante torna in Italia: sua lettera ai principi e popoli d'Italia. Inchina Arrigo, e torna nel Casentino. Scrive ai Fiorentini, e quindi ad Arrigo. Riforma di Baldo d' Aguglione. Storia d' Arrigo. Sua morte.

[1302-1313.]

Mentre Dante, veduta riuscire del tutto inefficace la sua ambasciata a papa Bonifazio, trattenevasi in Roma, incerto di che far si dovesse, ebbe notizia della rovina della sua patria, e poco appresso delle sue proprie disavventure. Dileguandosi allora dalla Curia pontificia, e maledicendone in cuor suo la doppiezza e la perfidia, corse alla volta della Toscana ; e, giunto in Siena, intese i particolari di tutti quei fatti lugubri. Vide allora ben egli, e videro tutti gli altri sbanditi, che non v'era alcun modo di ridurre i loro avversarii a sensi più miti: il perchè s'avvisarono d'accozzarsi insieme,

e la prima loro riunione fu a Gargonza, castello della famiglia Ubertini, che restava a mezza strada fra Siena ed Arezzo; e quivi stabilirono di collegarsi coi Ghibellini di Toscana e di Romagna, e di fermare la loro sede in Arezzo. Il passaggio di Dante dal partito dei Guelfi bianchi a quello de' Ghibellini non data che da questo tempo, cioè dal febbraio, o marzo del 1302; e chi ha detto diversamente non avea ben presenti questi fatti storici, e le lor cause e le lor conseguenze. In Arezzo adunque convennero, e quivi presero a radunare le forze loro, facendone capitano il conte Alessandro da Romena, e nominando dodici consiglieri, che gli dovessero stare a fianco; uno de' quali fu Dante. « In Siena (racconta il Bruni) intesa più chiaramente la sua calamità, » ́e non vedendo alcun riparo, deliberò accozzarsi con gli » altri usciti, ed il primo accozzamento fu in una congre>> gazione degli usciti, la quale si fe a Gargonza; dove trat>> tate molte cose, finalmente fermarono la sedia loro in >> Arezzo e quivi ferono campo grosso, e crearono loro ca>> pitano il conte Alessandro da Romena; e feron dodici con» siglieri, del numero de' quali fu Dante. »

Or qui presentasi una questione: Chi fu l' Alessandro da Romena capitano di questa lega de' fuorusciti? Fu forse quell' Alessandro, quell' anima trista, che maestro Adamo, falsificatore a sua istanza del fiorino d'oro, vorrebbe veder nell' Inferno (canto XXX, v. 77) a penare con sè? No, non fu lui. Egli fu un suo cugino; fu quegli che, morendo nel 1305, lasciò eredi d'ogni sua facoltà Guido ed Oberto conti da Romena, ai quali Dante mandò una lettera, condolendosi della morte del loro zio, che egli chiama coi titoli più onorevoli e più affettuosi, e dicendo che non gli è dato prender parte ai solenni funerali di lui, non per negligenza, nè ingratitudine, ma per l'improvvisa povertà che dall'esilio mi venne (sono sue parole): costei, siccome fiera persecutrice, privo d'armi e di cavalli m'ha cacciato omai nell' antro di sua prigionia, e avvegnachė io faccia ogni sforzo per rilevarmi, infino a qui ella prevale, e macchina l'empia di ritenermi tuttavia fra' suoi artigli.

In Arezzo pertanto (seguita a raccontare il Bruni) dimorarono i fuorusciti di speranza in speranza fino al 1304. Era in questo frattempo, cioè nell' 11 ottobre 1303, morto Bonifazio VIII, più per malattia morale che fisica: imperciocchè, guastatosi col re di Francia Filippo il BeHo, questi lo fe da Sciarra Colonna e da Guglielmo di Nogaret assalire in Anagni e prender prigione: ond' egli tanto s'accuorò, sia per lo sfregio alla pontifical dignità, sia per la nera ingratitudine, con che di tanti benefizii la real casa di Francia lo ricambiava, che pochi giorni appresso se ne morì: pontefice, a cui se, per l' infelicità de' tempi, è da rimproverarsi qualche atto biasimevole, non si disconviene peraltro il nome di grande, di che la storia l'ha onorato. Or dunque nella fine del mese d'ottobre eletto in suo luogo il vescovo d' Ostia, che prese il nome di Benedetto XI (uomo d' indole pacifica, ed ornato delle più belle virtù, siccome conviensi ad un vicario di Cristo in terra) amando egli che avesser fine le civili discordie, che laceravan l'Italia, e più specialmenie Firenze, pensò di mandare in questa città col titolo di suo legato e paciario il cardinale fra Niccolò della famiglia Albertini, o (com' altri dice) de' Martini da Prato, gran politico di quei tempi, savio e moderato (siccome lo qualificano gli storici) e nemico del furor delle parti. Egli giunse in Firenze nel 10 marzo 1304. Ma prima ch' io narri ciò che per lui fu, se non portato ad effetto, tentato, conviene ch'io faccia parola d'un altro fatto, intervenuto in questo frattempo, fatto al quale da alcuno vorrebbesi, che avesse preso parte il nostro Dante.

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<< I Ghibellini e i Bianchi (racconta Dino Compagni) >> ch'erano rifuggiti a Siena, non si fidavano starvi per una >> profezia che diceva, La Lupa puttaneggia..... onde n'anda» rono ad Arezzo, dov' era podestà Uguccione della Fag»giuola, antico ghibellino..... E buona parte se'n' andarono » a Furlì, dov' era vicario per la Chiesa Scarpetta degli Or» delaffi. » In Arezzo pertanto contrasse Dante con Uguccione quell' amicizia, che non fu mai tra loro interrotta, e della quale il Poeta gli diede splendida testimonianza dedi

candogli nel 1309 la prima Cantica del suo Poema, e della quale il guerriero diede al Poeta affettuosa riprova, accogliendolo dapprima ne' suoi castelli del Montefeltro, poscia in Lucca quand' ei nel 1314 se ne rese signore, e finalmente facendo sì, ch' ei fosse ospitato alla corte di Cane Scaligero.

Abbiamo già veduto che Arezzo era di parte ghibellina; ma come in Firenze i Guelfi s'eran divisi in Neri (Guelfi puri) e in Bianchi (Guelfi moderati), così in Arezzo i Ghibellini eransi divisi in Secchi (Ghibellini puri) e in Verdi (Ghibellini moderati) e al tempo di che parliamo, il partito che in Arezzo prevaleva, e a cui stava a capo il potestà Uguccione, era quello de' Verdi. Quindi si spiega quello, che per vari storici è raccontato, cioè che il papa si fosse rappacificato con Uguccione, e gli avesse promesso un cappello cardinalizio per suo figlio; dal che venne che il capo de' Ghibellini verdi non si mostrasse agli esuli quivi convenuti troppo favorevole.

Ora i rifuggiti, trovando in Uguccione freddezza, si rivolsero a Scarpetta degli Ordelaffi in Forlì; il quale, fatto lega con Imola, Faenza e Bologna, còn Federigo da Montefeltro, con Bernardino da Polenta (fratello della Francesca, e compagno d'arme di Dante alla battaglia di Campaldino), ed altresì (secondo il Troya e il Balbo) ma copertamente, con Uguccione; mise insieme quattromila fanti e settecento cavalli. Vuolsi pertanto che Dante venisse anch' egli a Forlì, e fosse dall' Ordelaffi inviato a Verona a Bartolommeo della Scala per richiederlo d'aiuto; e che, ottenutolo, si tornasse insiem con esso a Forli per prender parte allé fazioni, che s' apprestavano. Ho detto vuolsi, perchè di questo fatto non abbiamo documenti certi e autorevoli; nè l'argomento, che alcuni vorrebber desumere dalle parole di Dante nel canto XVII, v. 70 e seg. del Paradiso, parmi molto convincente. Da Cacciaguida si fa dire il Poeta:

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Lo primo tuo rifugio e 'l primo ostello
Sarà la cortesia del gran Lombardo,
Che sulla scala porta il santo uccello;

Che avrà in te sì benigno riguardo,

Che del fare e del chieder, tra voi due,

Fia primo quel, che tra gli altri è il più tardo. Colui vedrai, colui, ec.

Primieramente, se qui Dante ha inteso parlare di Bartolommeo (il che non credo affatto), non vedo come per averne ottenuto una piccola mano di soldati dovesse fargli questo elogio magnifico: secondariamente, se si supponesse (come fu supposto da alcuno) che Dante, dopo essersi trattenuto pochi mesi in Arezzo, si portasse tosto alla corte dello Scaligero, e vi fosse ospitato onorevolmente, e perciò più di leggieri ne potesse ottenere l'aiuto in discorso; si supporrebbe un fatto del tutto arbitrario, poichè tutti i documenti provano, e molti storici affermano, che i primi tre anni del suo esilio (il 1302, 1303 e 1304) fossero da Dante passati in Toscana, o ne' luoghi finitimi. Ma lasciando questa questione, sulla quale dovrò tornare in appresso, dirò colle parole di Dino Compagni a che riuscisse lo sforzo de' Bianchi e Ghibellini sotto la condotta dell' Ordelaffi.

<< La terza disavventura ch' ebbono i Bianchi e' Ghibel>> lini, la quale gli accomunò, e i due nomi si ridussono in » uno, fu per questa cagione: che essendo Folcieri da Cal» voli podestà di Firenze, i Bianchi chiamarono Scarpetta >> degli Ordelaffi loro capitano, uomo giovane e temperato, >> ma nimico di Folcieri. E sotto lui raunarono loro sforzo, » e vennono a Pulicciano (ciò fu nella primavera del 1303),... >> credendo prenderlo, e quindi venire alla città.... I Neri » v' andarono con gran riguardo; i quali vedendo che i ni>> mici non assalivano il podestà, che era con pochi, taglia>> rono i ponti e afforzaronsi, e presero cuore ingrossandosi. » A' Bianchi parea essere presi, e però si levorono male in >> ordine; e chi non fu pronto a scampare, rimase; però che » i villani de' conti d' attorno furono subito a' passi, e pre>> sonne e uccisonne molti. Scarpetta con più altri de' mag» giori rifuggirono in Monte Accianico. E fu l'esercito

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