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» come dalla sua portata nel gonfalone della Scala e del » Lion d'oro si riconosce: e per aver dipoi fatto aggiunta » delle terre indivise fra la moglie ed il Banchi nel popolo di San Gervasio, confinanti allora (come ancora con"finano di presente, e situate ne' medesimi popoli di "San Marco Vecchio e di San Gervasio) col podere del signor marchese Corsi fuori della Porta a Pinti presso "la Querce, come nel gonfalone del Lion d'oro si osserva. "Dal Guasconi il detto podere di Dante passò agli eredi " di Jacopo Giugni con la sua villa, e nella portata di detti " eredi del 1457, 1469 e 1480 (nel gonfalone delle Ruote "Santa Croce), e dipoi da Giovambatista di Jacopo Giugni fu portata in conto di Niccolò di messer Albizzo Albergotti (gonfalon delle Ruote) per metà d'un podere » con casa da signore e da lavoratore, luogo detto Camerata, posto nel popolo di San Marco Vecchio, e parte » nel popolo di San Gervasio (per causa delle terre per » indiviso tra la moglie mona Maddalena Bardi ed il Banchi, aggiunte dal Guasconi suo marito a detto podere), cui a 1, 2' e 3o via, a 4 Bardo di Bartolo Corsi, a 5 Mugnone, con decima di scudi 3. 12. 8. La qual metà passata nell' Albergotti alla decima del 1498, restò dipoi confiscata e cancellata per partito degli uffiziali di decima del 21 ottobre 1530, e si dice data allo spe" dale degl' Innocenti, con più un pezzo d'albereta sul Mu"gnone in rifacimento di danni sofferti per l'assedio del 1529

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con condizione che ad utile pubblico vi si fabbricassero » le mulina nelle case di qua dalla villa. L'altra metà poi » del podere di Dante fu venduta dal suddetto Giugni a » Donato di Bonifazio Fazzi (gonfalone del Lion d'oro); e Francesco suo fratello lo rivendè poi per fiorini 560 " d'oro allo spedale medesimo il 24 ottobre 1542 per rogito di ser Zaccaria Minori, come per arroto 1542 di » num. 118 Leon d'oro. "

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Relativamente a questo possesso di Dante aggiungerò che in una postilla dell' annale V della Società Colombaria trovasi scritto: « Poco innanzi il 1739 il duca Sal» viati acquistò una villa in Camerata, che dicevasi esser quella di Dante, perchè fu comprata dapprima da un Por» tinari. Quando il Salviati la comprò, apparteneva agli eredi " di Domenico Corsi. "

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La casa poi che fu di Dante in Firenze nel popolo di San Martino del Vescovo, riferisce il Pelli (pag. 20) che da messer Pietro giudice, e figlio di Dante medesimo, fu lasciata per testamento alla Compagnia della santissima Ver

gine d' Or' San Michele di Firenze, nel dì 21 febbraio 1344 (o 1364?), per rogito di ser Banchino Specchigiani; e da essa Compagnia restò dopo venduta a Matteo di Jacopo Arrighi nel 13 novembre 1365 per rogito dî ser Domenico d'Allegro, come dagli spogli di detta Compagnia a 31. Anco il Maffei (negli Scrittori Veronesi) sull' autorità d' un necrologio delle monache di San Michele in Campagna di Verona riporta: 1364. Dominus Petrus judex, filius quondam "Dantis de Alegheriis, condidit testamentum Veronæ præ"sentibus inter alios domino Francisco judice, filio domini "Rolandinis de Mafeis de Sancto, Benedicto: heredem fe"cit Dantem (II) filium suum: legavit Societati Sanctæ Ma» riæ de Orto populi S. Michelis domum suam, positam in populo S. Martini Episcopi de Florentia. » (Libro di testamenti dell' archivio di quei Capitani.)

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Leonardo Bruni, dopo aver detto che gli Alighieri abitarono in sulla piazza dietro a San Martino del Vescovo, dirimpetto alla via che andava alle case Sacchetti, e che dall' altra parte si stendevano verso le case de' Donati e de' Giuochi, aggiunge: « Dante, innanzi la cacciata sua di » Firenze, contuttochè di grandissima ricchezza non fosse, » nientedimeno non fu povero, ma ebbe patrimonio me» diocre e sufficiente al vivere onoratamente. Case in Fi"renze ebbe assai decenti, congiunte con le case di Geri » di messer Bello suo consorto; possessioni in Camerata, » nella Piaggentina e in Piano di Ripoli; suppellettile abbon"dante e preziosa. E finalmente dice: « E gli mostrai (a Leonardo Alighieri, nipote, di Piero, venuto in Firenze poco dopo il 1400) le case di Dante e de' suoi antichi. »

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Che cosa pertanto deducesi da questi autentici documenti e da queste autorevoli testimonianze qui sopra riportate? Si deduce che non una sola, ma parecchie erano le case degli Alighieri, poichě dalla piazzetta di San Martino si estendevano fino alla piazzetta de' Giuochi; ed infatti da alcuni fu detto che sulla piazza de' Giuochi rispondeva la Torre così detta di Dante (la quale potrebb' esser probabilmente quella casa alta, che oggi appartiene ai signori Campani). «La casa di Dante (dice il Bandini, Lettere "fiesolane, pag. 24) è quella posta sulla piazzetta di "Santa Margherita (o de' Giuochi), detta in oggi (nel 1775) "la Torre di Dante, e posseduta da' Padri domenicani " di Santa Maria Novella. » Il Lastri purè (Osservator fiorentino, vol. VI, pag. 122): « Si chiama tuttora la Torre di Dante una casa posta sulla piazza di Santa Margherita, già posseduta da' Padri domenicani di San Marco,

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" a confine (da tergo) colla piazza de' Donati. E da alcuni altresì fu detto che una casa degli Alighieri rimaneva nella parrocchia di Santa Margherita, siccome infatti vidi io stesso in certi spogli, dei quali ho sventuratamente perduta la copia che in parte ne feci. E veramente come potrebbe sostenersi che agli Alighieri nobili e discretamente ricchi, possessori di abitazioni assai decenti, e provvisti di suppellettile abbondante e preziosa, siccome dice il Bruni; agli Alighieri, che (come dice il Boccaccio) aveano un'assai lieta fortuna, quantunque temperi l' espressione aggiungendo, lieta secondo la qualità del mondo che allora correva ; come potrebbe sostenersi che agli Alighieri non appartenesse altro che quella meschina casupola, sul cui usciolo, proprio più di segrete che di palagio, fu posta l'iscrizione: In questa casa degli Alighieri nacque il divino Poeta? Ma Francesco Alighieri ebbe in pagamento una casa, che fu di Dante; Pietro Alighieri lasciò alla Compagnia d'Or' San Michele una casa, che fu di Dante; e i Padri domenicani possedeano sulla piazzetta de' Giuochi una casa, che fu di Dante. Or tutte queste case formavano una casa sola? E le case Alighieri non aveano un orto, del quale un fico dava noia al parroco di San Martino? E non si estendevano dalla piazzetta di San Martino a quella di Santa Margherita ? Dunque non solo piegavano a sinistra fino alla piazzetta de' Giuochi, ma si prolungavano anco a destra fin presso a quella piazzetta, che dicesi oggi de' Tavolini.

Avevano una possessione (dice il Bruni) in Pian di Ripoli, e quantunque di questa non s'abbia diretti riscontri, pure uno indiretto se n' ha nel contratto del 1332, ov'è detto Franciscus quondam Alegherii..... qui hodie moratur in populo plebis de Ripolis, essendo da credersi che egli abitasse in casa di sua pertinenza.

Avevano un pezzo di terra în Firenze nel popolo di Sant' Ambrogio, a cui era annesso o prossimo un casolare. Avevano un podere nel popolo di San Miniato a Pagnolla o Pagnolle, e più pezzi di terre posti intorno a detto podere.

Avevano un altro podere (e quest' era il loro possesso più considerevole) in Camerata. Sul quale essendosi fatti più discorsi e più controversie, si rende necessario ch' io mi distenda alcun poco. Camerata è un luogo prossimo a Firenze, neppure un miglio distante dalla porta a Pinti per andare direttamente a Fiesole. Havvi pertanto chi vuole che questo podere sia quello detto delle Cure, chi quello detto il Villino cinese, appartenuto già ad un Pinzauti, chi quello che possiede oggi il signor Giuntini (ed in questo vuolsi che

tuttora sussistano gli avanzi del palagio di Dante); e tutti s' ingegnano provarlo con congetture assai probabili e con documenti. Ora io dico che il podere di Dante non era altro che il complesso di questi tre poderi. L'equivoco e la questione nacque dall' aver dato alla voce podere il significato che ha oggi, cioè d' un' estensione di terreno lavorabile da una piccola famiglia colonica, mentre in antico aveva quello di vasta possessione: chè altrimenti dicevasi campo o pezzo di terra. Nel Du-Cange: an. 1195. Philippus..... dominus totius poderis comitissæ Matildis: an. 1292. Per Commune Parma fuit eis largita quarta pars poderis domini Jacobi Tavernarii. Il podere di Dante era posto nel popolo di San Marco Vecchio, ed in quello di San Gervasio, od almeno con quello di San Gervasio confinava; ma da San Marco Vecchio a San Gervasio ha la distanza di circa un miglio: dunque il podere era esteso. Conteneva un palagio, o villa signorile, con orto murato intorno, case e abitazioni da lavoratori: dunque era una possessione considerevole. Fu venduto a brani, e dapprima ne fu venduta una terza parte: dunque il possesso era vasto, poichè un podere ordinario non potrebbe mettersi in parti, non dando allora il mezzo di vivere ad una famiglia colonica. Ma si obietterà: Come poteva esser tutto un possesso, quando partendo dalla Querce sonvi due strade che lo dividono, l'una da levante a ponente, l'altra da mezzogiorno a settentrione, e di esse non si fa parola negli antichi contratti? Rispondo che coteste strade in antico non esistevano: infatti quella da levante a ponente, che riesce sul Mugnone, fu aperta non fan dieci anni; quella da mezzogiorno a settentrione, la quale conduce a San Domenico, conservò per lungo tempo il nome di strada nuova (cioè nuovamente costrutta); mentre la vecchia è quella che esiste tuttora, e che costeggia il Mugnone fino alla villa Palmieri.

Rispetto al possesso (secondo il Bruni) posto in Piacentina o Piaggentina, ch' è un luogo poco distante dalla porta alla Croce e prima di giungere a Varlungo, non si è trovato finora alcun documento. Ma poichè questo luogo Piaggentina estendevasi (secondo alcuni) fino alle odierne mura di Firenze, e precisamente fino al torrione con porta rimurata, che resta in fondo di via Ghibellina; così potrebbe credersi che la possessione della Piaggentina non altro fosse, che il pezzo di terra e il casolare, che gli Alighieri avevano nel popolo di Sant' Ambrogio.

CAPITOLO QUARTO.

Nascita, puerizia e gioventù di Dante. Suoi studii. Brunetto Latini suo maestro. Suo innamoramento per Beatrice. Contrae amicizia con Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Lapo Gianni. Guelfi e Ghibellini. Battaglia di Campaldino e assedio di Caprona, a cui egli prese parte. Morte di Beatrice.

[1265-1290.]

Da Aldighiero degli Aldighieri, di professione (siccome dicemmo) giureconsulto, e da donna Bella, la quale non sappiamo a qual famiglia appartenesse, nacque Dante in Firenze verso la metà di maggio 1265.1 Poichè i Guelfi dopo la sconfitta di Montaperti non furono riammessi in patria che nel 1266 o 1267, è da dirsi che il padre di Dante o non fu tra gli esiliati, o fu riammesso prima degli altri, od anco può supporsi che donna Bella, divenuta gravida, venisse in Firenze a dare alla luce la sua prole. Errò dunque Leonardo Bruni, quando nella Vita di Dante disse che egli nacque poco dopo la tornata dei Guelfi in Firenze, stati in esilio per la sconfitta di Montaperti. Al battesimo che ricevè nel nostro antico tempio di San Giovanni, gli fu posto il nome di Durante, ma per l'uso che aveva il popolo fiorentino d'accorciare e sincopare quasichè tutti i nomi proprii, fu sempre da ognuno chiamato Dante; ed egli pure amò chiamarsi così, siccome vedesi nelle poche lettere che di lui ci rimangono, e siccome ce ne assicura egli stesso nel canto XXX, v. 55 del Purg., facendosi dir da Beatrice: Dante, perchè Virgilio se ne vada,

Non pianger anco;

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