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È innegabile che ogni volta che il pensiero nazionale si spense lo studio di Dante fu negletto; al contrario il ridestarsi della coscienza nazionale fu segnato dal ritorno al divino poeta. Quando un secolo e mezzo addietro la Commedia dell'Alighieri fu proscritta dalle scuole, come il poeta già dalla patria, quando i legislatori della nostra letteratura ripetevano che solo pochi versi potevano dirsi buoni, e Gaspare Gozzi con la Difesa di Dante ne risuscitava il culto, sorgendo contro le Lettere Virgiliane del Bettinelli, nelle quali questi aveva oltraggiata la dignità nazionale, sarebbesi mai potuto credere che il sacro Poema avrebbe avuto tanto onore in Europa non solo, ma anche nella lontana America?

Dante non è solo il poeta dell'Italia e dell'Europa, ma di tutto il mondo. Egli appartiene

a tutti i tempi e a tutti i luoghi. L'umanità, leggendo in quel volume, in cui è legato quanto per l'universo si squaderna, conosce sè stessa nei suoi dolori, nelle sue speranze, nei suoi godimenti; quindi la Divina Commedia è la storia dell'umanità nella storia dello spirito umano.

Dante nella Vita Nuova, descrivendo gli affetti che lo travagliarono e lo indiarono, narra del suo casto amore per Beatrice e della morte di lei; ma non era dell'animo suo parlare in modo comune della sua Donna, come avevano fatto i suoi predecessori. Egli promette a sè stesso di parlare di lei come non era stato ancora di altra donna parlato, conchiudendo l'operetta giovanile così: « Apparve a me una mirabile visione, nella quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infino a tanto ch'io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso si com'ella sa veramente. Sicchè se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, io spero dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. " In queste nobili parole, non è chi non vegga adombrata l'idea di quel Poema, che dovea tanto illustrare la patria di lui, la quale lo privò del bell'ovile, e dovea far risplendere il suo nome, che sta come torre ferme, sfidando le ingiurie dei secoli.

Dante, trascorrendo l'universo, interrogan

dolo con la meravigliosa potenza della sua mente, stampò orme non cancellabili sulla via del pensiero sociale; e l'arte di tutti i tempi, dice il Tari, non vanta un gigante più gigante dell'autore di un Poema, a cui si può dire con tutta verità che

"ha posto mano e cielo e terra

(Par. XXV, 2).

Egli, che fu il più grande uomo del Medio Evo, dominò con la mente il presente, il passato e l'avvenire, preannunziando il tempo l'età cioè di transizione fra il medio evo e il rinascimento, fondendo così in una stupenda armonia il mondo pagano ed il cristiano, la scienza antica e la nuova.

nuovo,

Come Omero volle, trecent'anni dopo la guerra troiana, raccogliere, per interesse nazionale, gli episodj di quelle lunghe guerre, raccontati dai cantori popolari, ed, intessendone la storia nei suoi poemi e insegnando morali e civili virtù alla Grecia corrotta, preparare il glorioso avvenire di quel popolo; così Dante, maestro primo e profeta della moderna civiltà, nella maggiore e divina opera sua, mirava ad un riordinamento civile della comune patria, crudamente lacerata da interne discordie, donde procedeva ogni male comune. Egli stesso con

fessa che viaggia per cercare la libertà dell'uomo virtuoso, che è la libertà del bene (1), facendo dire da Virgilio a Catone di sè:

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Dante sognò una monarchia universale: reintegrare l'Impero romano, dal cui risorgimento aspettava ogni bene, distruggere le fazioni, riordinare l'Italia, estendendone l'alto dominio a tutto il mondo civile.

Nella sua idea, imprecando contro Costantino che aveva trasportato la sede dell'Impero da Roma a Bisanzio, voleva che Cesare sedesse a Roma, quale moderatore supremo di tutti gli Stati cristiani. L'Imperatore ed il Papa erano i mistici Soli che dovevano illuminare all'umanità il cammino della vita temporale e della spirituale (v. Purg. XVI, 106 e segg.); e dalla confusione delle due autorità, imperiale e pontificia, Dante riconosceva tutti i mali della civil comunanza e della Chiesa.

(1) Libertà è il corso libero della volontà ad eseguire la Legge; il libero arbitrio è il libero giudizio della volontà; e il giudizio è libero, se egli pel primo move l'appeito, e nullamente sia dall'appetito prevenuto., Così Dante nel Convivio.

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