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care la Chiesa, produsse la rovina di lei. Spuntano poi sul timone del carro tre teste bicornute, simbolo dei tre peccati capitali superbia, invidia ed ira, i quali offendono Dio ed il prossimo, mentre altre quattro teste monocornute, simboli degli altri quattro peccati capitali, si appuntano ai quattro angoli del carro. Vi si asside una meretrice, simboleggiante la Curia romana degenerata e corrotta durante i pontificati di Bonifacio VIII e di Clemente V. Essa prende ad amoreggiare con un gigante, che le sta accanto ai piedi perchè nessuno la rapisca. Non appena la meretrice rivolge a Dante l'occhio cupido e vagante per esprimere la volontà di liberarsi dal gigante, questi, in cui è raffigurato il re di Francia Filippo il Bello, la flagella aspramente, e, pieno di sospetti, scioglie il mostro dall'albero e la trascina per la selva. In questi atti (osserva il Casini) sono adombrati i tentativi di Bonifacio VIII di scuotere la preponderanza della casa di Francia, le violenze che egli ebbe a subire per opera di Filippo il Bello, e finalmente la traslazione della sede pontificia da Roma ad Avignone nella elezione di Clemente V (Cfr. Inf. c. XIX, 82, 85 e Purg. c. XX, 87).

Dopo di ciò le sette virtù, distribuite in due cori, cantano un salmo che piange gl'infortunj di Israele, e Beatrice, divampando di zelo, predice a Dante la prossima venuta di un Duce

liberatore, dai più dei commentatori identificato col Veltro (Inferno, c. I, 101), mandato da Dio sulla terra a far libere la Chiesa e l'Italia dall' oppressione dei malvagi, ed impone al Poeta di scrivere quello che ha veduto: poi lo fa immergere da Matelda nell'acqua dell'Eunoè, che vale buona memoria, cioè che ravviva la memoria del bene.

Dante dalla santissima onda è fatto puro da ogni macchia di peccato, come albero rabbellito in primavera da nuovi rami e nuove frondi, ed è degno di seguire Beatrice nel cielo.

IL PARADISO

No minore grandezza ha Dante dispiegata nella distribuzione dei premj entro la terza cantica, in cui abbondano le discussioni teologiche, che si svolgono ampiamente, secondo la filosofia di quel tempo. « Il Paradiso di Dante, scrive il De Biase, quantunque irto di scogli e pieno d'insormontabili difficoltà, per le quistioni teologiche, che vi sono a larghissima mano profuse, non cessa tuttavolta di essere l'inarrivabile capolavoro della poetica di tutti i tempi ed il più alto e meraviglioso concepimento del genio."

Il Paradiso, conformemente al sistema Tolemaico (1), consta di nove cieli, e ciascuno dei

(1) Claudio Tolomeo visse in Egitto nel 139 dell' Era volgare, e fu autore del sistema astronomico che porta il suo nome. Niccolò Copernico nato a Thora il 1474 e morto a Franenburgo il 1543, fu il fondatore dell'astronomia moderna, secondo la quale il sole è centro intorno a cui si aggirano i pianeti.

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primi sette cieli ha relazione con alcuna delle sette scienze del Trivio e del Quadrivio di sotto al cielo della Luna sono i quattro elementi nell'ordine assegnato dagli antichi: fuoco, aria, acqua, terra. Nel centro sta la Terra immobile ed intorno ad essa, di mano in mano più veloci, girano i cieli della Luna (Grammatica), di Mercurio (Dialettica), di Venere (Rettorica), del Sole (Aritmetica), di Marte (Musica), di Giove (Geometria), di Saturno (Astrologia (1)), l'ottava sfera o delle Stelle fisse (Fisica e Metafisica), la nona sfera o Primo Mobile (Etica). Il cielo quindi meno veloce è quello della Luna, ed il più veloce è il Cielo Cristallino o Primo Mobile, perchè di mano in mano che il diametro cresce, cresce naturalmente la velocità. Dopo il cielo Cristallino viene il Cielo Quieto o Empireo (Teologia), soggiorno o trono immobile di Dio e delle anime beate, il quale comprende dentro di sè tutti gli altri. A ciascuno dei nove cieli presiede una Intelligenza beata, che manifesta le sue virtù nel pianeta, che mette in movimento, e ciascuno spirito appare in quel cielo, del quale sentì l'influsso, mentre vivea sulla terra, ed è contento di quel bene che ha, perchè così fu ed è ordirato da Dio. Gli spiriti del cielo della Luna

(1) Nel medio evo l'astrologia si considerava scienza, come oggi l'astronomia.

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appariscono in ombre pallide e sfumate, gli altri in forma di luci, il cui splendore, avvivandosi, diviene parola. Il Penco scrive: « La credenza sugl' influssi celesti fa oggi sorridere » tutti; appena il popolino più credulo vi presta una fede relativa. Non così ai tempi di " Dante. Allora non solo il popolo ritenea per » vera una simile dottrina; ma teologi e dotti "la zelavano, onde si offriva al Poeta quale » bella sorgente di poetiche concezioni. Nè la disprezzò egli; ma, appuntando il suo ragio"namento su quanto apprese da' libri dei teologi, elevò simile teoria alla sublime idea di ” una Provvidenza che piove i suoi benigni e " svariati influssi sugli uomini, mediante il moto " delle sfere celesti, dagli Angeli, ministri di " Dio, diretto. Questi influssi però non violano punto la volontà umana, essendo limitati ad » iniziare gli umani movimenti, la cui direzione è devoluta alla ragione. "

Secondo alcuni interpreti, Dante sarebbe salito immediatamente verso il cielo, nell' ora del mezzogiorno «ora perfetta, luminosa, in " cui il sole occupa il posto più sublime, come " quel luogo celestiale »; invece, secondo altri, sarebbe rimasto nel paradiso terrestre tutto il pomeriggio e la notte dopo l'immersione in Eunoè, ed il momento dell'ascensione sarebbe stato. l'alba del giorno seguente.

Beatrice, guardando nel sole, e Dante in Bea

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