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cospetto de'quali non solamente mia persona invilio, ma di minor pregio si fece ogni opera, sì già fatta, come quella che fosse a fare. La ragione per che ciò incontra ( nou pure in me, ma in tutti) brevemente ora qui piace toccare; e prima perchè la stima oltre la verità si sciampia, e poi perchè la presenza oltre la verità stringe. La fama buona principalmente generata dalla buona operazione nella mente dell'amico, da quella è prima partorita (chè la mente del nemico, avvegnachè riceva il seme, non concepe). Quella mente che prima la partorisce, sì per fare più ornato suo presente, sì per la carità dell' amico che lo riceve, non si tiene alli termini del vero, ma passa quelli; e quando per ornare ciò che dice li passa, contro a coscienza parla; quando inganno di carità li fa passare, non parla contro a essa. La seconda mente che ciò riceve, non solamente alla dilatazione della prima sta contenta, ma 'l suo riportamento, siccome suo effetto proccura d'adornare, e sì che per questo fare, e per lo 'nganno che riceve dalla carità in lei generata quella più ampia fa, che a lei non viene, o con concordia o con discordia di coscienza come la prima. E questo fa la terza ricevitrice, e la quarta; e così in infinito si dilata. E così volgendo le cagioni sopraddette nelle contrarie, si può vedere la ragione dell'infamia, che simigliantemente si fa graude. Per che Virgilio dice nel quarto della Encida « che la Fama vive per essere mobile, e acquista grandezza per andare. » Apertamente adunque veder può chi vuole che la immagine per sola fama generata sempre è più ampia, quale che essa sia, che non è la cosa immaginata nel vero stato.

GAPITOLO IV.

Mostrata la ragione innanzi, perchè la fama dilata lo bene e lo male oltre la vera quantità, resta in questo Capitolo a mostrare quelle ragioni che fanno vedere perchè la presenzia ristrigne per opposito: e mostrate quelle, si verrà lievemente al principale proposito; cioè della sopra notata scusa. Dico adunque che per tre cagioni la presenza fa la persona di meno valore ch'ella non è. L'una delle quali è puerizia, non dico d'etade, ma d'animo: la seconda è invidia; e queste sono nel giudicatore: la terza è la umana impuritade; e questa è nel giudicato. La prima si può brievemente così ragionare: La maggior parte degli uomini vivono secondo senso, e non secondo ragione, a guisa di pargoli; e questi cotali non conoscono le cose se non semplicemente di fuori, e la loro bontade, la quale a debito fine è ordinata, non veggiono, perocc'hanno chiusi gli occhi della ragione, li quali passano a vedere quello; onde tosto veggiono tutto ciò che possono, e giudicano secondo la loro veduta. E pcrocchè alcuna opinione fanno nell' altrui fama per udita, dalla quale nella presenza si discorda lo 'mperfetto giudicio, che non secondo ragione, ma secondo senso giudica solamente, quasi menzogna reputano ciò che prima udito hanno, e dispregiano la persona prima pregiata. Onde appo costoro, che sono come quasi tutti, la strigne l'una e l'altra qualità. Questi cotali tosto sono vaghi, e tosto sono sazii; spesso sono lieti, e spesso sono tristi di brievi dilettazioni e tristizie; e tosto amici, e tosto nemici; ogni cosa fanno come pargoli, sanza uso di ragione. La seconda si vede per queste ragioni, che la paritade ne' viziosi è cagione d'invidia, e invidia è cagione

presenza

ri

di mal giudicio; perocchè non lascia la ragione argomentare per la cosa invidiata, e la potenzia giudicativa è allora quello giudice che ode pure I' una parte. Onde, quando questi cotali veggiono la persona famosa, incontanente sono invidi, perocchè veggiono assai pari membra e pari potenza ; e temono per la eccellenzia di quello cotale meno essere pregiati: e questi non solamente passionati mal giudicano, ma, diffamando, agli altri fanno mal giudicare. Per che appo costoro la presenzia ristrigne lo bene e lo male in ciascuno appresentato; e dico lo male, perchè molti, dilettandosi delle male operazioni, hanno invidia alli mali operatori, La terza si è l' umana impuritade, la quale si prende dalla parte di colui che è giudicato, e non è sanza familiarità e conversazione alcuna. Ad evidenza di questa è da sapere che l'uomo è da più parti maculato; e, come dice Agostino, « nullo è sanza macula. » Quando è l'uomo maculato da alcuna passione, alla quale talvolta non può resistere ; quando è maculato d'alcuno sconcio membro; e quando è maculato d'alcuno colpo di fortuna; quando è maculato d'infamia di parenti, o d'alcuno suo prossimo: le quali cose la fama non porta seco, ma la presenza, e discuoprele per sua conversazione; e queste macule alcuna ombra gittano sopra la chiarezza della bontà, sicchè la fanuo parere meno chiara, e meno valente. E questo è quello per che ciascuno profeta è meno onorato nella sua patria; questo è quello per che l'uomo buono dee la sua presenzia dare a pochi, e la familiaritade dare a meno, acciocchè il nome suo sia ricevuto e non ispregiato. E questa terza cagione puote essere così nel male, come nel bene, se le cose della sua ragione si volgano ciascuna in suo contrario. Per che manifestamente si vede che per impuritade, sanza la quale non è alcuno, la presenzia ristrigne il bene e 'l male in

ciascuno più che 'l vero non vuole. Onde, conciossiacosachè, come detto è di sopra, io mi sia quasi a tutti gl'Italici appresentato, per che fatto mi sono più vile forse che 'l vero non vuole, non solamente a quelli alli quali mia fama era già corsa, ma eziandio agli altri, onde le mie cose sanza dubbio meco sono alleviate, convienmi che con più alto stilo dea nella presente opera un poco di gravezza, per la quale paia di maggiore autorità; e questa scusa basti alla fortezza del mio Comento.

GAPITOLO V.

Poichè purgato è questo pane dalle macole acciden. tali, rimane scusare lui d'una sustanziale, cioè dall'essere volgare, e non latino; che per similitudine dire si può di biado, e non di formento. E da ciò brievemente lo scusano tre ragioni che mosser me ad eleggere innanzi questo, che l'altro. L'una si muove da cautela di disconvenevole ordinazione; l'altra da prontezza di liberalità; la terza dal naturale amore a propia loquela. E queste cose e sue ragioni, a soddisfacimento di ciò che riprendere si potesse per la notata ragione, intendo per ordine ragionare in questa forma. Quella cosa che più adorna e commenda le umane operazioni, e che più dirittamente a buon fine le mena, si è l'abito di quelle disposizioni che sono ordinate allo inteso fine; siccom'è ordinata al fine della cavalleria franchezza d'animo, e fortezza di corpo. E così colui ch'è ordinato all'altrui servigio dee avere quelle disposizioni che sono a quel fine ordinate; siccome suggezione e conoscenza e obbedienza, sanza le quali è ciascuno disordinato a ben servire. Perchè s'elli non è suggetto, in ciascuna condizione sempre con fatica e con gravezza procede nel suo servigio, e rade volte quello continova; e s'elli

non è obbediente, non serve mai se non a suo senno e a suo volere: ch'è più servigio d'amico, che di servo. Dunque a fuggire questa disordinazione conviene questo Comento, ch'è fatto invece di servo alle infrascritte Canzoni, essere suggetto a quelle in ciascuna sua ordinazione; e dee essere conoscente del bisogno del suo signore, e a lui obbediente: le quali disposizioni tutte gli mancherebbono se latino e non volgare fosse stato, poichè le Canzoni sono volgari. Chè primamente non era suggetto, ma sovrano e per

nobiltà e per virtù e per bellezza: per nobiltà, per

chè il Latino è perpetuo e non corruttibile, e il Volgare è non istabile e corruttibile. Onde vedemo nelle scritture antiche delle commedie e tragedie latine che non si possono trasmutare, quello medesimo che oggi avemo; che non avviene del Volgare, lo quale a piacimento artificiato si trasmuta. Onde vedemo nelle città d'Italia, se bene volemo agguardare a cinquanta anni, molti vocaboli essere spenti e nati e variati; onde, se 'l picciolo tempo così trasmuta, molto più trasmuta lo maggiore. Sicch'io dico che, se coloro che partiro da questa vita già sono mille anui tornassero alle loro cittadi, crederebbero la loro cittade essere occupata da gente strana per la lingua da loro discordante. Di questo si parlerà altrove più compiutamente in un libro ch'io intendo di fare, Dio concedente, di volgare eloquenzia. Ancora non era suggetto, ma sovrano per virtù. Ciascuna cosa è virtuosa in sua natura, che fa quello a che ella è ordinata; e quanto meglio lo fa tanto è più virtuosa ; onde dicemo uomo virtuoso, che vive in vita contemplativa o attiva, alle quali è ordinato naturalmente: dicemo del cavallo virtuoso, che corre forte e molto, alla qual cosa è ordinato: dicemo una spada virtuosa, che ben taglia le dure cose a che essa è ordinata. Così lo sermone, il quale è ordinato a manifestare lo concetto umano, è

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